Il progetto ASAGIP: tutto quello che volevate sapere sul giambo

condividi
condividi

Enrico Emanuele Prodi, a Ca' Foscari dal 2016 con una borsa Marie Curie, ha quasi concluso il suo studio sulla storia, le caratteristiche, la trasmissione, e l’uso della poesia giambica arcaica, in particolare di Archiloco e Ipponatte

Il progetto ASAGIP (Ancient Scholarship on Archaic Greek Iambic Poetry – MSCA-IF-EF-2015) di Enrico Emanuele Prodi, a Ca’ Foscari dal 2016 con una borsa Horizon 2020 biennale, si propone di raccogliere e analizzare tutto il materiale interpretativo sparso tra le varie biblioteche e archivi, per lo più europee, per capire e cogliere lo sviluppo delle tendenze di interpretazione, degli interessi tematici e degli strumenti critici utilizzati nello studio sui giambi. Viaggiando tra Oxford, Londra, Berlino, Firenze, Strasburgo, Colonia, Prodi ha esaminato numerosi frammenti di papiri originali di Archiloco e Ipponatte e dei loro commentatori, e citazioni di interpretazioni per lo più anonime in altri testi.

Il giambo era uno dei principali generi poetici del mondo greco arcaico, basato su un piede di ritmo ascendente formato da una sillaba breve e una lunga (◡−). Per quanto siano giunti a noi solo frammenti di componimenti, è possibile ricostruire la varietà metrica di questo genere, dalle poesie molto brevi a qualche centinaio di versi, composti dal periodo arcaico (tra i giambografi più noti Archiloco, VII sec. a.C., e Ipponatte, VI sec. a.C.) fino a molti secoli successivi. Più che per metrica, o epoca, questi componimenti antichi si accomunano per l’elemento narrativo e la destinazione: il giambo era per antonomasia il genere poetico dell’invettiva e della satira personale, ma poteva trattare una grande varietà di temi, dalle riflessioni sulla vita, alla guerra fino alle storie più scabrose. Fu però l’elemento aggressivo a prevalere nella concettualizzazione antica del genere giambico.

“L’aggressività e la maldicenza che caratterizzano molta parte della produzione giambica di Archiloco e Ipponatte possono facilmente essere messe in relazione con la contemporaneità, soprattutto in un periodo in cui la società è scissa in gruppi fortemente contrapposti” evidenzia Enrico Emanuele Prodi, ricercatore Marie Skłodowska-Curie a Ca’ Foscari sull’interpretazione antica dei giambi arcaici, da Aristotele nel IV secolo a.C. a Giovanni Tzetzes nella Bisanzio del XII d.C. "Nell’esprimere in toni spesso molto acerbi la propria ostilità all’altro si cementa la propria appartenenza al gruppo opposto, che manifesta così la propria unità: l’audience principale non è solo l’altro, ma anche e soprattutto chi sta dalla propria parte."

Eccone un esempio

". . .  alla deriva sulle onde.
E a Salmidesso, nudo, i Traci altochiomati
gli diano il benvenuto
di buon cuore – lì si riempirà di sciagure
mangiando il pane degli schiavi –
stecchito dal gelo. Quando esce dalla schiuma
vomiti alghe a volontà,
battendo i denti, bocconi come un cane,
spossato,
sul bordo del bagnasciuga . . . le onde.
È questo che vorrei vedere
per lui che mi ha fatto torto e ha pestato i suoi giuramenti sotto i piedi,
lui che era uno dei mei."

(Attribuito a Ipponatte, frammento 115 West = 194 Degani, collezione papirologica della Biblioteca Nazionale e Universitaria di Strasburgo)

Se l’analisi di frammenti poetici può informarci sulle controversie di un’epoca, lo studio della loro interpretazione ci rende un documento storico anche della sensibilità e dei contesti di chi commenta, con interessanti risvolti storici e sociali attraverso i secoli. Già Aristotele e alcuni tra i massimi studiosi della Biblioteca di Alessandria dimostrarono, con i loro commenti, l’importanza del giambo nel sistema letterario greco; ma a parte questi e pochi altri casi di nota paternità, i commenti a noi giunti sono per lo più anonimi e, ad oggi, studiati solo in minima parte.

Il primo risultato della ricerca è stato pubblicato nel 2017 e dimostra come l’attenzione ai dettagli anche materiali del testo possa avere risvolti importanti per la sua interpretazione. "Tra i miei maggiori interessi vi sono la papirologia e la storia del libro nell’antichità, insieme a una fascinazione per i frammenti, piccoli ma bellissimi resti che nascondono grandi misteri" spiega Prodi. "I papiri offrono informazioni preziose sull’assetto del testo - assetto che era il risultato di una complessa attività di studio, curatela, edizione - e sul modo in cui esso veniva trasmesso e fruito. Un papiro di Ipponatte, noto agli studiosi come P.Oxy. 2174, include un frammento di un titolo in cui si legge solo "ΟΔΥ...", chiaro riferimento a Odisseo (Ulisse) o all’Odissea che ha contribuito a creare svariate teorie sull’interpretazione del testo. Però, esaminandolo con cura, ci si rende conto che è in una grafia diversa dagli altri, e che quindi non ha nulla a che vedere né col papiro né con Ipponatte! Si tratta probabilmente di un frammento di un papiro dell’Odissea finito mescolato insieme ai nostri prima della pubblicazione."

Enrico Emanuele Prodi

Il progetto di ricerca, seguito dal Prof. Ettore Cingano presso il Dipartimento di Studi Umanistici, si chiuderà a settembre 2018 con un convegno su una figura importante e solo recentemente rivalutata: Giovanni Tzetzes, filologo e poeta del XII secolo. Un nome che torreggia nel panorama intellettuale della Costantinopoli del tempo: commentò poeti quali Omero, Esiodo, Aristofane, e l’astruso Licofrone, scrisse di metrica, di letteratura, di tecnica dell’interpretazione e di storia degli studi, e soprattutto è l’ultimo scrittore a noi noto a leggere Ipponatte di prima mano, prima che il testo del poeta andasse definitivamente perduto, forse tra le devastazioni della Quarta Crociata. "Per molti studiosi oggi, però, Tzetzes è quasi una macchietta. Nei suoi scritti emergono con forza il suo caratteraccio e la sua abnorme opinione di sé, nonché una serie di dettagli personali vagamente ridicoli" precisa Prodi. Edizioni e articoli degli ultimi decenni denotano tuttavia una rinata attenzione verso questo erudito studioso: la congiuntura ideale per un convegno in cui filologi classici e bizantinisti uniscano le forze per comprendere meglio Tzetzes e la sua opera nel contesto del suo tempo. Al convegno parteciperanno ventiquattro relatori, di cui tre cafoscarini, rappresentando nel complesso diciannove atenei in tredici Paesi, dalla Danimarca alla Spagna, dagli Stati Uniti alla Russia.

Link al convegno sulla figura di Tzetzes 6-8 settembre 2018

 

Helene Duci