Poche donne nei dipartimenti tecnologici: un progetto per bilanciare le ‘quote’

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Nei dipartimenti universitari europei in cui si insegnano ingegneria e tecnologia è donna solo un docente su dieci. Nel 2013 la Commissione Europea ha calcolato che 29 europee su mille hanno una laurea in informatica e solo quattro di loro lavorano nel settore dell’Information and Communication Technology (ICT). Di contro, un coinvolgimento maggiore delle donne nella tecnologia potrebbe addirittura far crescere il prodotto interno lordo continentale di 9 miliardi di euro all’anno.

Ca’ Foscari è direttamente impegnata per la riduzione di questo divario di genere grazie al progetto europeo Horizon 2020 EQUAL-IST, che vede in campo nove università coordinate da Vilabs, un’azienda di Salonicco specializzata nel supporto a processi di innovazione.

Per equilibrare la presenza di uomini e donne nelle istituzioni di ricerca nel campo ICT e della ricerca scientifico-tecnologica, secondo molti studi disponibili sul tema, sono necessari cambiamenti strutturali nelle istituzioni stesse. In primis, serve un Piano dell’Eguaglianza di Genere, cioè un documento che descriva le misure concrete da attuare.

Il progetto EQUAL-IST realizzerà il piano per un’università in ognuno di questi sette paesi: Germania, Liechtenstein, Finlandia, Lituania, Italia (Modena e Reggio Emilia), Portogallo e Ucraina. Il lavoro coinvolgerà direttamente le comunità delle sette istituzioni attraverso la la piattaforma di crowdsourcing CrowdEquality.

Intanto, i ricercatori cafoscarini hanno fotografato lo stato dell’arte raccogliendo 19 interviste in varie istituzioni e collezionando in un report storie di buone pratiche da ‘esportare’, ma soprattutto le opinioni degli stakeholders coinvolti sull’effettiva efficacia delle misure adottate.

Tra le misure più diffuse ci sono target per un’equilibrata presenza di genere adottati formalmente dalle università e applicate agli organi di governo degli atenei o alle selezioni del corpo docente. All’Università di Losanna (Svizzera), ad esempio, un regolamento interno indica al 40% la soglia minima di presenza per ciascun genere tra i nuovi professori, quota che non è stata raggiunta nel primo triennio in cui è stata in vigore, ma ha permesso di alzare al 30% la percentuale di neo-professoresse. Alla Dortmund Technical University (Germania) il rettore negozia con i dipartimenti gli obiettivi di equilibrio di genere, in un quadro normativo federale e statale che promuove questo tipo di misure.

“Abbiamo verificato come l’efficacia delle misure nella singola istituzione dipenda molto dal contesto normativo e di incentivi presente nella regione o nel Paese - afferma Agostino Cortesi, professore di Ingegneria del software a Ca’ Foscari e coordinatore del gruppo cafoscarino nel progetto - i risultati migliori vengono raggiunti dove i piani sono legati ad adeguati finanziamenti e incentivi e dotati di personale che ne possa seguire e monitorare l’attuazione”.

“Tra le misure più interessanti - aggiunge Maria Sangiuliano, ricercatrice specializzata in studi di genere e scienze della formazione - ci sono il supporto al ricollocamento del partner del personale di ricerca selezionato per l’assunzione dall’estero, le facilitazioni per gli asili, l’equilibrio tra i tempi di vita e di lavoro, l’inclusione di un approccio di genere nella ricerca e nella didattica, trasversalmente alle diverse discipline, e la comunicazione istituzionale sensibile al genere”.

Il successo delle misure è spesso legato agli indirizzi dei vertici degli istituti, ma la loro sostenibilità e la continuità nel tempo, affermano gli studiosi, dipendono dalla consapevolezza che matura a tutti i livelli. Per questo il progetto propone di sviluppare piani che vedano il contributo di tutta la comunità accademica. Un approccio ‘dal basso’  e innovativo su cui il team internazionale di ricerca intende fondare l’impatto dello studio, che terminerà nel 2019.

 

Enrico Costa