L’impatto della globalizzazione fra le mura domestiche

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 Discriminate, povere, poco istruite, senza permesso di soggiorno o rifugiate, sole.  Sono 43 milioni le donne nel mondo che lavorano nelle case degli altri. Sulle loro condizioni di lavoro si è saputo molto poco fino agli anni Cinquanta. Erano ‘invisibili’. Poi, a cominciare dall’Europa, per i lavoratori domestici (perlopiù donne, ma anche uomini e bambini) iniziò un’era di riscatto culminata, nel 2011, nella Convenzione 189 dell’Organizzazione internazionale del lavoro sulle condizioni dignitose nel lavoro domestico.

Di questo fenomeno si occuperanno studiosi ed esperti provenienti da atenei di tutta Italia e dall'estero in un convegno pubblico organizzato dall'Università Ca' Foscari Venezia nell'ambito di un progetto europeo che si occupa dei cambiamenti delle condizioni delle lavoratrici domestiche nel mondo. L'evento si terrà venerdi 17 e sabato 18 marzo a Ca' Foscari Zattere.


La globalizzazione è entrata nelle case. Il riconoscimento delle domestiche come vere e proprie lavoratrici ha fatto emergere le loro storie, i loro diritti e anche i dati che le riguardano. Tutto questo è al centro del progetto di ricerca DomEQUAL, finanziato da uno Starting Grant dello European Research Council e coordinato da Sabrina Marchetti, professoressa di Sociologia al Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali.
«Nonostante il loro importante ruolo nella società, queste lavoratrici generalmente operano in condizioni molto precarie, il salario è basso, svolgono mansioni pesanti fisicamente e psicologicamente, e non godono di adeguata protezione sociale – spiega la studiosa –. Tuttavia, qualcosa è cambiato nel corso dei decenni. Questa ricerca ci permetterà di comprendere meglio come queste lavoratrici siano riuscite, nei vari contesti, a ottenere diritti e visibilità».
Nonostante la sua natura “globale”, il lavoro domestico retribuito mostra caratteristiche differenti a seconda del contesto nazionale o regionale. In Europa e Nord America coinvolge molte immigrate, impegnate nell’accudire i bambini o assistere gli anziani. In Sud Africa e in altre nazioni che hanno vissuto la colonizzazione rimane il segno della discriminazione razziale. In America Latina, invece, il lavoro domestico è appannaggio soprattutto delle popolazioni indigene e rurali. In India, le domestiche appartengono alle caste inferiori.
«Queste specificità locali – commenta Marchetti – sono il cuore del progetto perché offrono l’opportunità di analizzare come diversi contesti economici e socio-culturali influenzino la posizione sociale delle lavoratrici domestiche».
Per affrontare questo studio, dunque, la sociologa ha messo in campo un team di ricercatrici che indagheranno sul campo le trasformazioni nei diritti e nelle condizioni lavorative delle domestiche in nove paesi in Europa, Sud America e Asia: Beatrice Busi (Italia), Silvina Monteros Obelar (Spagna), Marlene Seiffarth (Germania), Maria Fernanda Cepeda Anaya (Colombia), Maria Gabriela Alvaredo Pérez (Ecuador), Thays Almeida Monticeli (Brasile), Pei Chieh Hsu (Taiwan), Madhurima Das (India), Verna Dinah Q. Viajar (Filippine). A Ca’ Foscari, il gruppo di ricerca attualmente composto da Sabrina Marchetti, Vincenza Perilli,  Daniela Cherubini, Giulia Garofalo Geymonat, Anna Di Bartolomeo.