Una storia di successo: la cafoscarina Marta Basso, CEO per 1 mese di Adecco

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A soli 24 anni, scelta fra oltre 11.300 candidati, la cafoscarina Marta Basso ha appena concluso l’esperienza di CEO for 1 month del Gruppo Adecco in Italia. In questa intervista ci racconta il suo percorso accademico, la sua esperienza e i suoi (numerosi) progetti.

1 Quanti anni hai, di dove sei, cosa hai studiato a Ca’ Foscari e come è proseguita la tua attività formativa?

Ho 24 anni, sono metà vicentina metà veneziana. Ho studiato Economics and Management - Dipartimento di Management - a Ca’ Foscari e ho continuato con un master di un anno alla Hult International Business School, tra Londra e San Francisco.

2 All’Università eri impegnata in attività extracurriculari?

Non esattamente ma sono stata studentessa del Collegio Internazionale e ho collaborato con il prof. Paolo Pellizzari nella creazione del primo MOOC.

3 Qual è stata l’esperienza più significativa o la scelta più importante della tua formazione universitaria?

Sembra una banalità, ma la scelta più importante è stata la scelta dell’università stessa. Vengo da una formazione prettamente umanistica, liceo classico sperimentale linguistico, in cui la matematica e le scienze erano un po’ ai margini. Non credo nessuno credesse fossi veramente seria quando ho comunicato la mia scelta: economia. Cinque anni, qualche esame di matematica e tante epifanie dopo, posso dire che è stata la scelta più giusta della mia vita.

4 Sei stata scelta tra 11.300 candidati al concorso CEO for 1 month di Adecco. Ci racconti come hai partecipato e vinto?

Su Facebook il match tra me e la pubblicità di questo progetto dev’essere stato facilissimo: sono registrata come CEO della mia startup. Ho mandato l’application tra un sorriso incredulo e una accesissima curiosità. Sono stata contattata successivamente per tutti gli step classici della selezione: test di logica, matematica e ragionamento verbale; colloquio telefonico; una elevator pitch “improvvisata”, un assesment day con altre 20 persone. Alla fine, siamo rimasti in 8 e siamo stati ospitati nella sede milanese per un bootcamp di 4 giorni – una nota va al fatto che su 8, 3 di noi erano alumni cafoscarini, Alberto Brochetta e Claudia Cotoloni oltre a me. Durante il bootcamp abbiamo affrontato le prove più disparate – improvvisazione teatrale, escape room, business case, test attitudinali. I tre finalisti, il penultimo giorno, erano invitati a cena con il CEO (vero) in persona. L’ultima prova è stata un colloquio frontale con lui e la direttrice delle risorse umane del gruppo. Sono uscita da quella stanza e ho detto: “mi sono divertita”. Solo lì ho capito che avrei vinto.  

5 Quali sono state le sfide più significative di questa esperienza? E gli insegnamenti più importanti?

Solo chi è davvero motivato può vincere un concorso del genere e l’ho capito dal bootcamp, ma ne ho avuto conferma nel mese appena trascorso. Credo che, in generale, la motivazione e quello che gli americani chiamano “attitude” sia ciò che conta davvero – il DNA non ci porta dove vogliamo, l’atteggiamento, sì. E questo è importante anche nella vita quotidiana – anche in questa esperienza, ho avuto l’ennesima conferma che, come ho imparato in Sudamerica e grazie a mio padre, bisogna sempre cogliere le opportunità: non bisogna mai aver paura di chiedere, alla peggio è sempre meglio avere un rimorso che un rimpianto. Le opportunità che possono nascere da una semplice domanda alla persona giusta sono a volte addirittura impossibili da quantificare, senza contare il fatto che le conversazioni quotidiane con i colleghi ed i clienti sono il miglior modo per arricchirsi e dirigere al meglio la propria attività come professionista e come impresa. L’umile ascolto è fondamentale.

6 In questo momento cosa c’è in cima alla tua to-do list?

Sicuramente mettere sul mercato l’etichetta di bollicine alla quale sto lavorando per una nota maison di moda; e trovare un progetto pilota per la mia startup (ride, nda), con qualche città o grosso gestore di parcheggi interessato a una gestione rivoluzionaria della sosta… e a una riduzione del traffico cittadino. Inoltre, mi piacerebbe, continuando a ispirare e a lasciarmi ispirare dalle persone, lanciare presto il mio brand personale.

7 Progetti per il futuro?

Come ho già detto, mi piacerebbe poter lavorare sul mio brand lanciando un messaggio motivazionale a più persone possibile, che possano capire che la prima cosa che serve per raggiungere i loro sogni è smettere di lamentarsi e trovare scuse. In un’ottica più di lungo periodo, vorrei creare un incubatore di startup che possa valorizzare la città di Venezia e possa avere una doppia base – una veneta, e una statunitense. Pensando ancora più in là, vorrei comprare la mia squadra di calcio del cuore…

8 Se ti scegliessimo come testimonial per la prossima campagna immatricolazioni di Ca’ Foscari, che messaggio daresti o cosa racconteresti della tua esperienza alle potenziali matricole?

Alle potenziali matricole racconterei che quando avevo 8 anni vendevo le albicocche dell’albero del mio giardino, con un banchetto in mezzo alla strada dove non si fermava nessuno perché le albicocche erano ancora acerbe. Forse sono nata un’imprenditrice, ma non avevo di sicuro la qualità più importante che serve per avere successo in ogni attività: la pazienza. Le mie esperienze mi hanno insegnato che il primo passo, lo #StopWhining, è davvero ciò che conta più di tutto quello che si trova tra noi e il nostro personale obiettivo, che bisogna perseguire con tenacia e pazienza contro tutti gli ostacoli che ci vengono posti davanti: ognuno di noi ha un albero di albicocche, e in fondo al cuore lo sappiamo tutti, solo che ci vuole coraggio per farlo crescere e per venderne i frutti. E qualunque sia l’albero di albicocche che uno ha nel proprio giardino, non c’è nessuna valida ragione per non prendersene cura.

9 Come ti vedi tra 10 anni?

Come adesso: sempre su un aereo. Ma magari verso mete ancor più lontane per opportunità sempre più sfidanti…