Storie dimenticate dall'Isola dei Matti. Intervista a Michele Gazich

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San Servolo è una delle isole più affascinanti della laguna di Venezia: nonostante ora sia un fiorente centro culturale, il suo passato da ospedale psichiatrico non può e non deve essere cancellato dalla memoria collettiva. Michele Gazich, poeta, musicista, produttore artistico e compositore, si occuperà di disseppellire alcune storie dimenticate dell'ex manicomio: per il mese di Ottobre sarà ospite sull'isola di San Servolo per il progetto “Waterlines: Writers in Residence”, organizzato dal Collegio Internazionale Ca' Foscari in collaborazione con Fondazione di Venezia e San Servolo Servizi Metropolitani di Venezia.

Quali motivazioni l'hanno portata ad intraprendere questo lavoro?

Volevo che il progetto fosse legato effettivamente all'isola: non mi interessava venire qui a perfezionare le mie opere pregresse, ma fare qualcosa di connesso alla storia di San Servolo. Noi italiani già tendenzialmente abitiamo luoghi senza avere coscienza della loro storia: sono accadute così tante storie sul nostro territorio. San Servolo è un caso clamoroso: su quest'isola tutto è un segno del passato. Per il progetto con collegato allamia residenza artistica che ho voluto chiamare "No man is an island" mi sono rapportato anche con esperti di altre discipline, che aiuteranno me e voi nella ricerca: per esempio, all'incontro del 17 ottobre saranno presente il dottor Casagrande, l'ultimo direttore dell'ospedale psichiatrico di San Clemente, strettamente legato a San Servolo, e Marco Borghi, storico.

In cosa consiste il progetto “No Man Is an Island”?

Esplorando l'immenso archivio dell'ex manicomio ho capito che avrei ristretto la mia ricerca ai pazienti ebrei deportati l'11 ottobre del 1944: è una storia poco narrata e si lega ai miei precedenti lavori connessi con la memoria e la cultura ebraica. Il mio procedimento sarà il seguente: prendo una storia, ne trascrivo parte dei contenuti, cerco poi di trasfigurarla artisticamente e di interagire empaticamente con la persona descritta dalla cartella clinica, persona che è stata cancellata dalla storia e che vorrei riportare metaforicamente in vita. Scriverò delle canzoni su questi personaggi, senza rivelare i loro nomi e cognomi: non mi pare giusto né rispettoso. Invece li trasfigurerò dando loro nomi universali: uno di loro sarà ‘Filottete’, l'eroe greco confinato su un'isola; chiamerò ‘Alice’ un'anziana donna convinta di essere una bambina ; una donna che profetizzava la sua fine verrà rinominata ‘Debora’, come la profetessa ebraica. In nota spiegherò come raggiungere le cartelle cliniche e risalire ai nomi, ma per rispetto preferirei non esplicitarli.

Insieme a lei lavoreranno gli studenti del Collegio Internazionale Ca' Foscari, che risiedono stabilmente sull'isola di San Servolo. Quale sarà il loro ruolo?

Vorrei sensibilizzare gli studenti sul luogo in cui vivono. Alcuni mi affiancheranno nella mia ricerca, lavorando sui miei stessi soggetti con sguardi e sensibilità diverse; un secondo gruppo si occuperà di ricerche autonome, affrontando l'immenso archivio non ancora sufficientemente studiato – alcuni di loro, per esempio, vorrebbero occuparsi dei soldati ricoverati a San Servolo dopo la prima guerra mondiale. Un terzo gruppo si occuperà del “making of”, seguendo e documentando passo dopo passo i risultati delle varie ricerche. Sabato 21 ottobre la chiesa di San Servolo ospiterà un concerto in cui proverò a restituire il mio lavoro di questi giorni: un ciclo di canzoni inedite, totalmente composte in questi giorni sull'isola. Il mio violino e la mia voce saranno accompagnati dalla chitarra e dal bouzouki di Marco Lamberti; il 23 ottobre, invece, saranno gli studenti stessi a parlare dei loro lavori. Per me, come per gli studenti, questa non sarà la conclusione totale del lavoro: continueremo certamente ad approfondire anche nei mesi successivi; sarà però una restituzione in corso d'opera di storie seppellite. Come dice il titolo dell'incontro, sarà una narrazione condivisa di biografie negate.

Che reazione spera di provocare in chi leggerà o ascolterà il risultato del progetto?

Spero che susciti interesse verso una storia che non è stata raccontata: le storie del passato servono a non ripetere gli stessi errori nel presente. Mi aspetto molto anche dai percorsi autonomi degli studenti. La musica nel mio caso, come diceva il poeta latino Lucrezio, sarà come il miele sul bordo della tazza e spero permetterà di bere amare medicine. Saremo veicolo di storie orribili, ma avremo come obiettivo invitare all'amore chi ci ascolterà.

 

Intervista a cura di Chiara Caporuscio