Ius soli/Ius culturae. Il punto sulla legge di cittadinanza che pone l’istruzione al centro del cambiamento sociale

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La nuova legge di cittadinanza Ius soli temperato/Ius culturae - approvata dalla Camera nel 2015 e ferma al Senato - propone il passaggio dal modello tradizionalmente italiano dello Ius sanguinis - uno dei più restrittivi in Europa - a quello dello Ius soli, non nella sua forma più estesa (come per es. negli USA) ma in una forma ‘temperata’, ossia la cittadinanza sarebbe concessa solo a bambini/e nati/e in italia ma i cui genitori rispondono a determinati requisiti.

Un inedito a livello internazionale è l’introduzione nella legge dello Ius culturae, che riconosce gli anni di studio presso le scuole italiane come un elemento su cui basare la richiesta di cittadinanza. Il minore straniero, nato in Italia o arrivato entro il compimento del dodicesimo anno di età, acquisterebbe il diritto la cittadinanza se ha frequentato regolarmente la scuola italiana per almeno cinque anni. Con lo Ius Culturae, quindi, gli studenti di origine straniera otterrebbero la cittadinanza prima di arrivare all’università, affrontando la carriera universitaria con maggiori garanzie e sicurezze.
La mobilitazione a sostegno di una riforma che riguarda il futuro di 800mila bambini e bambine, ragazzi e ragazze figli di immigrati che frequentano la scuola in Italia coinvolge quindi anche la comunità accademica.

Alcuni docenti e ricercatori cafoscarini hanno firmato l’appello ‘Docenti universitari/e per lo Ius soli/Ius culturae’, che vede tra le promotrici Sabrina Marchetti, Professoressa Associata in Sociologia dei processi culturali e comunicativi di Ca’ Foscari. La docente e alcuni dei colleghi firmatari (Shaul Bassi, Stefano Campostrini, Daniela Cherubini, Anna Di Bartolomeo, Giulia Garofalo Geymonat, Dario Miccoli) ci hanno aiutato a fare il punto sulla situazione attuale e sul ruolo che può ricoprire l’Università nel cambiamento sociale.

«Erroneamente – specifica Sabrina Marchetti - si pensa che una nuova legge non avrebbe conseguenze su chi studia all’università perché già adesso giovani stranieri/e possono far domanda di cittadinanza al 18mo anno di età, quindi generalmente prima dell’accesso all’università. In realtà, è proprio negli anni degli studi universitari che studenti/esse di origine straniera si trovano in una condizione particolarmente difficile, a livello pratico ed emotivo, ossia durante la preparazione della domanda e, successivamente, nell’attesa di conoscere l’esito della procedura».

Procedura che ad oggi ha un tempo medio di 2 o 3 anni, e che per legge (legge n. 91 del 5 febbraio 1992 e successive modifiche) ha una durata massima di 730 giorni, ovvero 2 anni.

Quali sono le ricadute pratiche della normativa vigente nella vita degli studenti che frequentano l’università in Italia e sono figli di cittadini stranieri?

«Attualmente – continua la prof.ssa Marchetti -  studenti e studentesse di origine straniera in attesa di sapere se otterranno la cittadinanza italiana incontrano numerosi ostacoli: non sanno se in futuro potranno accedere a concorsi pubblici riservati a cittadini italiani e di conseguenza prediligono corsi di laurea relativi a professioni a cui avranno comunque accesso anche se non dovessero ottenere la cittadinanza italiana.
Non possono intraprendere facilmente periodi di studio all’estero, esperienza molto comune per studenti e studentesse di Ca’ Foscari, non avendo diritto alla libera circolazione in altri paesi UE o per difficoltà nell’ottenere visti per paesi extra UE. Questo crea una divisione all’interno delle classi fra coloro che partecipano alle iniziative internazionali e coloro che non possono farlo, una divisione a svantaggio di studenti/esse di origine straniera sia dal punto di vista della preparazione (per es. nella padronanza delle lingue straniere) che della condivisione di esperienze con i propri compagni e compagne di studio.
Infine c’è la difficoltà nel frequentare le lezioni se la propria residenza in Italia è distante dalla città di Venezia, a causa della frequente necessità di presentarsi presso gli uffici competenti. Questo scoraggia le iscrizioni di studenti/esse di origine straniera che vivono in regioni diverse dal Veneto».

Inclusione ed esclusione sono quindi principi opposti che determinano il futuro delle persone fin dalle prime scelte scolastiche. Quale ruolo può giocare l’Università nel processo di cambiamento sociale?

«L’opposizione diffusa all’introduzione dello ius soli e della ius culturae dimostra come una mentalità escludente basata sull’accesso (o meno) a diritti di cittadinanza sia diventata parte integrante delle relazioni fra persone, tanto da legittimare il fatto che ciò sia ragione per la costruzione di barriere e gerarchie fra persone che hanno ripercussioni sulle nostre vite quotidiane. » Commenta la Prof.ssa Marchetti.

«Tali divisioni permangono anche all’interno dell’Università influenzando le relazioni fra studenti/esse e il nostro lavoro come loro docenti.» Aggiunge Giulia Garofalo Geymonat, Ricercatrice in sociologia dei processi economici e del lavoro.

«L’Università – prosegue Dario Miccoli, Ricercatore di Lingua e Letteratura Ebraica -  potrebbe già concepirsi come un luogo di supporto dei/delle giovani stranieri/e, attuando per esempio percorsi di accompagnamento sia emotivo che pratico e fornendo occasioni di dibattito. In questo Ca’ Foscari potrebbe ricoprire un ruolo importante, forte della sua tradizione di studi delle lingue e culture straniere, a cominciare da quelle dell’area mediterranea. Si dovrebbe tendere verso una maggior democratizzazione delle relazioni docente/studente e coltivare la diversità come un valore fondativo dell’esperienza universitaria, proponendo modelli il più possibile inclusivi e partecipati di identità europea».

Anche Daniela Cherubini, Ricercatrice in Sociologia dei processi culturali e comunicativi, concorda sul ruolo chiave che le Università ricoprono all’interno della società: «in un ideale democratico, le definizioni di cittadinanza e di appartenenza non dovrebbero dividere ma piuttosto favorire l’inclusione e dare riconoscimento alle nuove componenti della società, ai nuovi soggetti che già esistono e già danno il loro contributo sociale, culturale, economico e politico. È successo in molti momenti, progressivi, nella storia delle democrazie del mondo, e sarebbe opportuno succedesse ora in Italia in riferimento alle nuove generazioni nate dalle migrazioni. L’università come istituzione culturale ha l’opportunità di prendere posizione sulla questione, per motivi pragmatici legati al proprio funzionamento, come forma di responsabilità verso gli studenti e le studentesse delle cosiddette “seconde e terze generazioni”, ma anche in senso più ampio come presa di parola connessa ai valori democratici, progressisti e prefigurando l’idea di società in cui è desiderabile vivere».

Anna Di Bartolomeo
, Ricercatrice in Statistica Sociale, ricorda come un rapido accesso alla cittadinanza giochi a favore dell’integrazione: «Se guardiamo al “percorso” che i ragazzi svolgono per accedere all’università e non solo al “punto di arrivo”, è fondamentale sottolineare come la cittadinanza, così come le capacità linguistiche, sono prima di tutto degli strumenti atti a favorire le traiettorie di integrazione degli immigrati e dei loro figli anche in ambito scolastico. La letteratura scientifica concorda sul fatto che agevolare un rapido accesso alla cittadinanza del paese di accoglienza favorisce i percorsi di integrazione in varie dimensioni, fra cui il successo scolastico (ma non solo). Questo è tanto più vero per le cosiddette seconde generazioni nate e scolarizzate in Italia. In particolare, l’adozione del sistema Ius soli sarebbe una garanzia dell’acquisizione di solide basi legali per decidere del proprio futuro ponendoli in una condizione di eguali opportunità rispetto alla loro controparte nativa. Al contrario, un difficile e oneroso accesso alla cittadinanza provocherebbe nella seconda generazione di immigrati sentimenti di esclusione e marginalizzazione con severe conseguenze su tutti gli aspetti della loro vita quotidiana, fra cui anche l’andare bene a scuola o l’essere stimolati a proseguire il percorso di studi. Andare bene a scuola e scegliere consapevolmente il proprio percorso di universitario sarebbero perciò profondamente legati ad un accesso rapido ed “indolore” alla cittadinanza italiana».

Shaul Bassi, Professore Associato di Letteratura inglese e direttore dell’International Center for the Humanities and Social Change sottolinea come – anche storicamente -  il multiculturalismo abbia rappresentato una ricchezza e una risorsa sociale: «Da molti anni le nostre studentesse e studenti leggono testi letterari (un grande finestra sul mondo!) che dimostrano come le società europee (tra le altre) si stiano modificando, diventando più etnicamente e culturalmente varie, soprattutto grazie a fenomeni storici messi in moto dall’Europa stessa  (il colonialismo in primis). Nella loro varietà questi testi mostrano come, non senza problemi e contraddizioni, quando le società si aprono hanno la capacità di creare nuovi cittadini che non solo sono a loro agio nella cultura e nella lingua italiana, ma le arricchiscono con nuovi apporti, costringendo tutta la società a sperimentare le varie forme di coesistenza e scambio culturale. E facendo così si può (ri)scoprire anche il nostro passato di migranti e la diversità culturale che si trova nella più antica storia della nostra civiltà. Quando le società si chiudono, si impoveriscono, e creano cittadini peggiori, diffidenti e incattiviti sia tra chi è italiano da molte generazioni sia tra chi è di prima generazione».

Infine Stefano Campostrini, Professore Ordinario di Statistica Sociale, individua la tradizionale apertura dell’Università Ca’ Foscari come erede diretta dei principi fondanti della ‘Serenissima’, specificando che «Ca’ Foscari si è fatta erede di norme, tradizioni e atteggiamenti culturali di apertura verso il “foresto” e di assicurazioni di garanzie e diritti per quanti volevano eleggere la Serenissima Repubblica a propria patria. Assicurazione di diritti e convenienza, per accogliere sempre nuovi cittadini con pieni diritti e pertanto con pieni doveri, avevano portato a normare nella Serenissima l’accoglienza dei nuovi cittadini in forma assolutamente chiara dando esempio di come una società possa essere fondata su tradizioni e peculiarità che la rendono unica e al tempo stesso essere multiculturale. Come universitari cafoscarini non possiamo per tanto esimerci da promuovere nel nostro Paese, in tempi brevi, una riforma della legge di cittadinanza che assicuri diritti e doveri ai, sempre più necessari, nuovi cittadini”.

Appello ‘Docenti universitari/e per lo Ius soli/Ius culturae