Eloisa Manera, la voce e il volto di una nuova musica al Jazz Fest di Ca’ Foscari

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Eloisa Manera è violinista, compositrice e improvvisatrice italo-spagnola con una forte formazione classica che si sta affermando sempre più nell’ambito della musica jazz e creativa. Sarà lei, il 29 ottobre a Ca’ Pesaro, la presenza femminile della quinta edizione del Musicafoscari San Servolo Jazz Fest.

Dedita alla sperimentazione, all’arte e all’«interesse per il carattere antropologico-migratorio della musica, », si dedica alla musica da sempre con grande curiosità e dedizione indagando il rapporto fra scrittura e improvvisazione. Negli ultimi anni i recenti lavori a suo nome riguardano un lavoro in solo con l’uso di elettronica (Rondine) e un progetto ispirato alle Città Invisibili di Calvino con un Ensemble di 8 elementi.

Cosa sentiremo di Eloisa Manera al Musicafoscari Jazz Fest?

Domenica 29 ottobre, alle 14.30, suonerò a Ca’ Pesaro un progetto che si chiama Rondine, un progetto in solo, registrato nel 2013 e uscito l’anno successivo. Questo progetto è partito grazie allo stimolo di 7-8 ragazzi di Almendra Music Label [ndr casa di produzione musicale palermitana fondata nel 2012 da un gruppo di compositori e produttori siciliani] mentre io stavo lavorando su Città invisibili. L’incontro con questi ragazzi mi ha fatto abbandonare per poco Città invisibili e ha preso la mia attenzione.

Lei combina violino ed elettronica. Ci può raccontare la sua musica e la sua formazione musicale?

L’elettronica è stata una necessità pratica. Mi avvalgo di computer, pedaliera ed effetti.
Ho iniziato a otto anni con un percorso classico che si è concluso a Venezia ed è un onore, pertanto, tornarci con la mia musica.
Ho studiato a Milano per 10 anni, uno degli eventi più importanti per me è stato suonare il concerto di Mozart da solista e tornare nuovamente a suonare rinnovata e con la mia musica.
Nel 2002 ho cominciato a incuriosirmi per i primi generi musicali e ho scoperto che c’è molto da esplorare, come lo studio del jazz. Le “Città” sono i paesaggi che io ho interiorizzato, sono i luoghi materni e importanti della mia vita.
C’è la Nebbia, che si ispira alla città di Venezia, o New York che mi ha dato la spinta per il mio percorso personale.

Sul suo sito parla di “interesse per il carattere antropologico-migratorio della musica, come dimensione artistica catalizzatrice di culture diverse”. E’ un concetto che mi ha colpito, ce lo può spiegare?

Come ho anticipato prima, nelle migrazioni troviamo tutti i luoghi della mia vita che mi hanno coinvolta emotivamente. Non sono legata alla teoria musicologica, non sono una musicologa ma sono attenta alla musica di culture diverse. In questo senso mi riferisco alla musica come dimensione artistica catalizzatrice di culture e il jazz è uno di quei generi che più di tutti intreccia caratteristiche in cui le culture si mescolano.

Cosa si aspetta da un festival jazz che ha un’ampia fetta di pubblico universitario?

Mi immagino un pubblico curioso, libero da pregiudizi. In questo senso un pubblico ideale e fresco. Il 21 ottobre ho suonato a Bologna e ho avuto modo di circondarmi di studiosi di linguistica che sono rimasti sinceramente commossi dallo spettacolo. E’ un ambiente diverso e vista questa esperienza mi immagino sicuramente un pubblico di privilegio.
 
Consigli per studenti dall’”orecchio acerbo”?

Questo consiglio vale per la musica ma non solo. La freschezza e la curiosità sono qualità fondamentali. Gli strumenti interpretativi vanno invece costruiti con l’ascolto e con lo studio. I percorsi per avvicinarsi a questo tipo di musica sono personali, non accademici. Naturalmente più una persona ascolta, legge, si informa e fa esperienze e maggiori conoscenze accumula. E’ importante apprezzare quello che si percepisce e saperlo coniugare con il proprio bagaglio culturale.

Qual è il progetto di quest’anno di cui è più fiera e cosa c’è in cima alla sua to-do-list?

Ciò di cui vado più fiera sono le Città invisibili – un adattamento dell’opera di Italo Calvino Le città invisibili - che ho nel cuore da tanto. E’ un disco uscito l’anno scorso, nel 2016,  ma a cui penso dal 2011. Tuttora ne vado molto fiera e sono contenta di questo risultato, avevamo persino avuto l’idea di accompagnarlo con immagini e video. Per quanto riguarda i miei progetti futuri, sto lavorando da un paio di anni circa con Dj Fana [Stefano Greco] per il duo Phase Duo, di cui abbiamo registrato 6 pezzi originali. Abbiamo unito esperienze e abbiamo creato qualcosa di nuovo che è un prodotto di entrambi. Per usare un’etichetta di genere potrei definirla “musica elettroacustica”. Il nostro obiettivo è quello di fare bella musica e con “bella” intendo il meglio che i nostri talenti combinati possono portare.
Mi piacerebbe anche l’idea di ripensare un solo, di evolverlo nella scheda audio o negli effetti, anche se questo rimane per ora solo un’idea.

Intervista a cura di Francesca Isotta