Guida pratica al cinema (pan)indiano - sesta puntata

Tra la prima e la seconda metà degli anni 80, il cinema mainstream attraversa un momento di crisi, che ha molti punti di contatto con quella più generale del paese, scosso dall’uccisione di Indira Gandhi. Il nuovo corso economico porta a una modificazione del pubblico, mentre la violenza diventa l’attrazione principale dei film.  Nella seconda metà del decennio, Amitābh Bachchan, angry-man  ormai di mezza età, comincia a lasciare spazio a una serie di eredi: emergono in primo piano i "giovani".

GUIDA PRATICA AL CINEMA (PAN)INDIANO
Sesta puntata: Chi semina vento...

 

Gli anni 80
Gli anni 80 segnano il ritorno al potere di Indira Gandhi, dopo la parentesi di governo del Janta Party seguita all'Emergenza del 1975. Questo secondo mandato vede lo scontro tra gli autonomisti sikh e il governo centrale che culmina con l'assalto al Tempio d'oro di Amritsar nel 1984 e la successiva uccisione di Indira nell'ottobre dello stesso anno ad opera delle sue guardie del corpo sikh. La "dinastia" di governo continua con Rajiv Gandhi,  che in qualche modo riesce a pacificare la situazione in Panjab, solo per trovarsi davanti al problema delle aspirazioni autonomiste della minoranza tamil in Shri Lanka, dove fa intervenire l'esercito indiano in una missione - per altro fallita - di "pace" (1987).
Ankush, 1985
N.Chandra
Rajiv sarà ucciso nel 1991 proprio da una terrorista (o indipendentista, secondo la prospettiva) tamil. Ma gli anni 80 vedono soprattutto, per diversi motivi, l'ascesa rampante dell'estremismo hindu che nel decennio successivo avrà momenti sanguinosi e provocherà migliaia di vittime (musulmane).  Il declino del Congresso come elemento politico dominante accelera bruscamente: ne risulta un partito incapace di trovare coesione interna e forza di attrazione, privo di una linea politica coerente con un progetto. Tant'è che dal 1998 il partito al potere, sostenuto da diversi partiti minori, sarà il Bhartiya Janta Party (Partito popolare indiano), referente politico dell'induismo militante. 
Qulī, 1983
Manmohan Desāī

Anche sul versante cinematografico mainstream, tra la prima e la seconda metà degli anni 80, si assiste a un momento di crisi che ha molti punti di contatto con quella generale del paese, dove tramonta definitivamente il progetto di "società socialista", auspicato - o solo proclamato - da Nehru e anche da Indira (prima maniera), a favore di uno sviluppo di tipo capitalista, in cui il sostegno americano ha una parte importante. Nel 1982 la televisione inizia le trasmissioni a colori, mentre tra le classi benestanti, favorite dal nuovo corso imboccato dal governo,  cominciano a diffondersi i videoregistratori, che permettono una comoda visione casalinga dei film preferiti. Questo porta a una modifica nella composizione del pubblico cinematografico, ora rappresentato in misura ancor più rilevante dalle classi meno abbienti. Tale alterazione favorisce lo sviluppo di ciò che M. Madhav Prasad (1998) chiama "il film populista di mobilitazione", in cui la violenza è l'attrazione principale, come sottolinea amaramente anche il critico Iqbal Masud (1988).  Manmohan Desāī, il re dei masālā ("spezie"; allora Bollywood era più noto con questo termine), è tra gli interpreti esemplari di questo momento con opere come Nasīb (Destino, 1981), Qulī (Il facchino, 1983), Mard (Uomo, 1985), film tutti sostenuti dalla presenza carismatica di Amitābh Bachchan.

Qayāmat se qayāmat tak , 1988
Mansūr Khān
In seguito, dopo lo scarso successo ottenuto da Gangā Jamunā Sarasvatī (1988), Manmohan Desāī si ritira dalla scena. Verso la metà del decennio, infatti, abbiamo il passaggio del testimone da Amitābh Bachchan, un angry-man ormai di mezza età e un po' stanco di raddrizzare con le sue mani i torti del mondo, a una serie di "eredi" (come Amīr Khān e Shāh Rukh Khān) che non riescono ad innalzarsi al suo livello, ma si dimostrano dotati di abbastanza talento per affermarsi e brillare di luce propria e anche per sistemare almeno qualche torto individuale e, solo talora, anche collettivo. Qayāmat se qayāmat tak (Dal giorno del Giudizio al giorno del Giudizio, 1988, re. Mansūr Khān), una sorta di Giulietta e Romeo, segna quasi l'inizio di una nuova era in cui emergono in primo piano i "giovani".
Maine pyār kiyā , 1989
Sūraj Bharjātya

Non che i giovani non ci fossero stati prima: negli anni 60 Shammī Kapūr, come si è accennato, con la sua carica di energia vitale e con il suo spirito ribelle, in qualche modo ne aveva prefigurato la comparsa. Nel 1973 era uscito il film che costituisce il vero antecedente dell'ondata giovanile: Bobby,  diretto dal fratello di Shammī, Rāj Kapūr (1924-1988, forse in assoluto il cineasta indiano più famoso),  e interpretato dal figlio di Rāj, Rishi (allora 18enne, il miglior attore dei Kapūr, prima di Karishmā, figlia di Rājīv, attore e regista, figlio di Rāj). Maine pyār kiyā (Mi sono innamorato, 1989, re. Sūraj Bharjātya), uno dei grandi successi del periodo, ne è un vero e proprio remake. Ma come categoria, come gruppo sociale in cui si riconosce una parte del pubblico, sono un fenomeno relativamente nuovo: i "giovani" di Bobby erano in tutto e per tutto dipendenti dal mondo dei padri, che rappresentavano sempre e comunque il momento risolutore. Questi giovani esistevano in una specie di limbo, erano una specie di cerniera tra il mondo dell'infanzia e il mondo adulto, senza rappresentare uno stadio della vita. Da Qayāmat se qayāmat tak cominciano ad acquisire un diritto all'esistenza in quanto appunto categoria sociale,  autonoma, determinata e consapevole. E anche come gruppo antropologico con una precise fattezze fisiche: sono cioè ragazzi, non - come in precedenza - uomini che interpretano la parte di ragazzi. Non che questa autonomia e determinazione rispecchi un'effettiva realtà, se non in una proporzione assai limitata, ma certo esprime un'esigenza sentita, soprattutto tra le classi medie urbane, beneficiarie di nuove dispobibilità economiche. Negli anni 90 saranno proprio queste classi il target privilegiato di molta parte dell'industria cinematografica.

Film importanti del periodo:
Insāf kā tarāzū (La bilancia della giustizia,1980, B.R. Choprā): basato su un fatto di cronaca di vasta risonanza, il film è la storia di Bhārtī, giovane modella vittima di uno stupro, che non riesce a dimostrare la colpevolezza dello stupratore. Quando la sorella minore subisce la stessa sorte ad opera dello stesso uomo, Bhārtī lo uccide: viene assolta e ritrova anche l'amore.

Karz (Il debito, 1980, Subhāsh Ghāī): Ravi viene ucciso per interesse dalla moglie Kāminī; molti anni dopo Monty, un giovane cantante rock, tormentato dall'immagine di una donna che uccide un uomo, scopre di essere la reincarnazione di Ravi e si vendica di Kāminī. Famosa una sequenza musicale che ha luogo su un palco a forma di grammofono e in cui vengono usati stumenti elettronici. 

Nasīb (Destino,1981, Manmohan Desāī): forse l'esempio più stravagante e contorto della saga dei perduti e ritrovati, tipica del regista; tutto accade con una vincita milionaria alla lotteria di tre amici, uno dei quali scompare ad opera degli altri due; attraverso vicissitudini inenarrabili e coincidenze straordinarie, i nodi si sciolgono per mano dei figli e delle parteners dei tre.

Silsilā (1981 Yash Choprā): Shekhar, ufficiale dell'aeronautica muore durante un'azione e l'amico fraterno Amit ne sposa la fidanzata incinta, anche se è innamorato di Chāndnī. Anche quest'ultima si sposa, secondo il volere della famiglia. L'amore pare più forte del dovere: i due innamorati decidono di tornare insieme, ma un nuovo incidente riporta gli adulteri sulla "retta" via. 

Angūr (L'uva, 1982, Gulzār): divertente serie di fraintendimenti causata dalla somiglianza stupefacente di due personaggi, basata sulla Commedia degli errori di Shakespeare.

Māsūm (L'innocente,1982, Shekhar Kapūr): la tranquilla e felice esistenza di una coppia viene messa in crisi dall'arrivo di Rāhul, un bambino orfano, frutto di una breve relazione adulterina del marito. Esordio nella regia del cineasta, poi noto anche in occidente per Elizabeth e Le quattro piume.

Qulī (Il facchino,1983, Manmohan Desāī, in collab. con Prayāg Rāj): famoso per il grave incidente occorso ad Amitābh Bachchan durante la lavorazione (il film si interrompe per ben due volte per ricordarlo agli spettatori), è anche questo una saga di perduti e ritrovati: Iqbal, orfano musulmano allevato da Māmū, amico hindu della famiglia, si pone alla guida delle rivendicazioni dei facchini e ritroverà anche i genitori, mentre Māmū ritroverà il figlio in Sunny, amico di Iqbal e figlio adottivo di Zafar, causa di tutte le loro sventure.

Jāne bhī do yāro (Lasciate perdere, amici!,1984, Kundan Shāh): forse la commedia più spassosa mai apparsa sugli schermi indiani, racconta le vicende di due scalcagnati fotografi, Vinod e Sudhīr, ingaggiati come spie da una giornalista per scoprire le malefatte di un industriale e dei suoi complici.

Ankush (L'uncino [con cui si controlla l'elefante],1985, N.Chandra): considerato film di propaganda della corrente estremista hindu rappresentata nel Maharashtra dalla Shiv Senā ("armata di Shivājī"), racconta di quattro giovani istruiti, ma disoccupati, presi in un ciclo di violenza, rimorsi e nuove violenze in seguito allo stupro di una donna, finché si riscattano con la morte (per impiccagione).

Ākhrī rāstā (L'ultima via, 1986, K. Bhāgyarāj): Amitābh Bachchan nel doppio ruolo del padre, ex-carcerato condannato per l'omicidio della moglie e sulle tracce del vero responsabile, e del figlio poliziotto che ne ignora l'identità e alla fine ucciderà il malvagio sotto l'egida della legge.

Parindā, 1989
Vidhu Vinod Choprā
Karm (Destino, 1986, Subhāsh Ghāī): il direttore di un carcere è convinto che i criminali siano di due tipi, quelli attratti nella spirale del crimine dalla corruzione delle società stessa e quelli marci per natura; riuscirà a sconfiggere il rappresentante dei secondi con una squadra formata dai rappresentanti dei primi.

Love and God (1986, Karīmuddīn Ósif): ultimo dei tre film diretti dal regista di Mughal-e-Āzam (Il Grande Mughal, 1960), una delle opere più amate dalla platea indiana; sospeso alla morte di K. Ósif e in precedenza interrotto dalla morte del protagonista, Guru Datt, sostituito da Sanjīv Kumār, poi distribuito in forma incompleta a cura della moglie del regista, narra la tragica vicenda amorosa di Lailā e Majnūn, i protagonisti di un famoso racconto popolare di origine araba, più volte portato sullo schermo. 

Mr. India (1987, Shekhar Kapūr): grazie al potere di rendersi invisibile, Mr. India  riesce a sconfiggere il dittatore Mogambo (l'attore Amrīsh Purī), uno dei "cattivi" più famosi dopo il Gabbar Sinh di Shole (Fiamme, 1975, re. Ramesh Sippī). Seconda regia e prima di grande successo del regista.  

Pratighāt (Controffensiva, 1987, N. Chandra): Lakshmi, pubblicamente umiliata dagli uomini del gangster che ha denunciato, si candida alle elezioni contro di lui e perde; con la scusa di festeggiarlo, con una mannaia gli taglia la testa.

Rākh (Cenere, 1988, Óditya Bhattāchārya): un giovane omicida riflette sulle vicende che lo hanno spinto su quella strada, per vendicare la sua ragazza, stuprata da una banda di malavitosi. Primo ruolo da protagonista di Amīr Khān, poi interprete di molti film di successo, tra cui Lagān (L'affitto, 2001, re. Āshutosh Govārikar), di cui è anche produttore. Rākh, accolto molto favorevolmente dalla critica, è anche il primo film diretto da A. Bhattāchārya, figlio del regista Bāsu Bhattāchārya (1934-77) e di Rinkī Rāy, scrittrice, documentarista, studiosa di cinema e a sua volta figlia del grande Bimal Rāy (1909-66).  

Qayāmat se qayāmat tak (Dal giorno del Giudizio al giorno del Giudizio, 1988, Mansūr Khān): con la vicenda di Giulietta e Romeo trasposta in India,  l'interprete maschile, Amīr Khān, cugino del regista, diventa un beniamino del pubblico.

Maine pyār kiyā (Mi sono innamorato, 1989, Sūraj Bharjatiyā): storia di un Lui ricco e una Lei povera, del loro amore contrastato dal padre di Lui, tutore di Lei, e lieto fine con riappacificazione dei due padri. 

(continua)

Consigli bibliografici
Kazmi, F., 1999, The Politics of India's Conventional Cinema. Imaging a Universe, Subverting a Multiverse, Sage Publications, New Delhi, pp. 164 sgg.
Masud, I., 1988, Genesis of the Indian Popular Cinema. The Eighties: When Screen Meanies Grow Meaner…, in "Cinema in India", July-September, pp. 19-25.
Prasad, M.M.,1998, Ideology of the Hindi film. A Historical Construction, Oxford University Press, Delhi.

Cecilia Cossio