Dizionario indomusicale

Pratico dizionarietto di termini musicali, redatto secondo la notazione del grande musicologo Vishnu Narayan Bhatkhande (1860-1936), per orientarsi nel reame della musica indiana

DIZIONARIO INDOMUSICALE

 

Nota d'introduzione
Nel redigere questo breve e conciso dizionarietto di termini musicali indiani, ci siamo attenuti al sistema di notazione creato da Vishnu Nārāyan Bhātkhande (1860-1936), uno dei maggiori teorici della musica indiana dell'era moderna. Nato Bombay, fin dall'infanzia aveva mostrato uno spiccato interesse per la musica, purtoppo in anni particolarmente oscuri per la musica indiana. Ben lontana dall'avere la posizione autorevole che occupa ai giorni nostri, la musica era infatti in quell'epoca considerata poco più che un intrattenimento cortigiano. La figura del musicista non godeva di alcuna rispettabilità e nella classe media, da cui proveniva V.N. Bhātkhande, lo studio della musica era considerato 'disdicevole'.
Dhrupad
(1982, re. Mani Kaul)
Fortunatamente, il giovane Bhātkhande era stato incoraggiato dal padre in questo suo interesse e istruito nelle forme classiche di Khyāl e Dhrupad. Aveva così iniziò un instancabile lavoro di raccolta di innumerevoli canti e composizioni, creando per la prima volta un sistema di notazione per la musica indiana. Pioniere nella democratizzazione dell'insegnamento musicale attraverso la fondazione di tre Accademie – a Gwalior, Baroda e Lucknow – ha lasciato due opere monumentali: Kramik Pustak Mālikā [Ghirlanda di libri] e Hindustānī Sangīt Paddhati [Il sistema della musica hindustani]. Sebbene l'opera di V.N. Bhātkhande sia ai giorni nostri criticata e soggetta a revisioni, rimane indubbio il fatto che sono stati la sua opera e il suo lavoro a dare nuovo impulso alla musica indiana, salvandola dalla decadenza che ne avrebbe forse provocato la scomparsa.

ACHAL SVAR: v. SVAR.

ALANKĀR: lett. "ornamento", disegno melodico, cioè un gruppo di note disposto in un certo ordine o una vocalizzazione. Un alankār è una combinazione di movimenti melodici (varn); viene usato come 'figura decorativa' o frase melodica per 'ornare' il rāg.

ĀLĀP: dalla radice sanscrita lap, raccontare,significa "racconto", "narrazione". È il preludio nell'esecuzione, l'introduzione da cui inizia l'esposizione del rāg. Si esegue improvvisando sul 'tema' del rāg rispettandone la grammatica. Si può definire come la libera elaborazione di un'idea musicale contenuta nella frase musicale principale. Nell'estetica indiana l'ālāp è il 'racconto personale' del musicista, eseguito entro la struttura del rāg. Può essere eseguito senza accompagnamento ritmico seguendo un movimento libero (come il Canto Gregoriano nella musica occidentale) oppure può essere legato alla struttura del tāl.

ANTRĀ: seconda parte di una bandish o composizione.

ANUVĀDĪ: v. VĀDĪ.

ĀROH: note cantate o suonate in sucessione ascendente.

AVROH: note cantate o suonate in sucessione discendente.

BANDISH: composizione cantata o strumentale che segue le regole del rāg ed è legata ad una struttura ritmica.

BILĀVAL THĀT: v. SVAR.

BOL: lett. "parola", ogni suono prodotto da uno strumento a percussione attraverso la posizione diversa delle dita e delle mani. È la riproduzione onomatopeica del suono così come esce dallo strumento, per esempio nei tablā (tipo di tamburo) abbiamo i bol: dha dhin ta tin, ecc.

CHAL SVAR: v. SVAR.

DRUT LAY: v. LAY.

KHĀLĪ: lett: "vuoto", la sezione che nel cerchio ritmico è lasciata 'vuota', su cui non cade il battito delle mani (tāl). In un tāl possiamo trovare uno o anche più khālī. Nell'esecuzione ai tablā (tipo di tamburo) la porzione di ritmo che si trova in khālī viene eseguita solo con la mano destra e la sinistra rimane 'muta'.
Nella notazione di Bhātkhande il khālī è segnato con uno 0 (zero).

KOMAL: le note (svar) re, ga, dha, ni possono spostarsi dalla loro collocazione naturale e abbassarsi di circa mezzo tono; in questo caso sono chiamate "deboli" o komal. Nella notazione di Bhātkande si scrivono con un tratto orizzontale sotto il nome della nota.

LAY: lett. "cadenza", "melodia" o anche "fusione", "distruzione (del mondo)"; la velocità del movimento nella musica e nella danza. Ogni tipo di composizione musicale possiede un tipo di movimento e la velocità di questo è lay. Si può definire come la velocità in cui viene completato il cerchio ritmico.

VILAMBIT, MADHYA, DRUT LAY: principali tipi di lay - vilambit lay o movimento lento, madhya lay o movimento medio e drut lay o movimento veloce.

MADHYA LAY: v. LAY.

MADHYA SAPTAK: v. SAPTAK.

MANDR SAPTAK: v. SAPTAK.

MĀTRĀ: lett. "quantità", "scala"; lunghezza di tempo necessaria a pronunciare una vocale. In musica è l'unità base del tempo e i vari tāl sono costruiti su di un numero preciso di mātrā; ad esempio, il tīntāl si compone di 16 mātrā.

PAKAR: il gruppo di note che definisce un rāg e attraverso il quale il rāg può essere riconosciuto; è il tema melodico ricorrente nel rāg.

PŪRVĀNG: tetracordo (o gruppo di quattro note) inferiore di un ottava, formato dalle note sā re ga ma (svar; uttarāng).

RĀG: secondo i testi classici, rāg è un insieme di suoni che ha lo scopo di dare piacere alla mente. Secondo la terminologia occidentale, si può definire un modulo melodico atto ad essere ampliato in innumerevoli variazioni, in cui devono essere rispettate alcune regole fondamentali che si definiscono grammatica del rāg, di cui le più importanti sono: presenza di almeno cinque note; di una scala ascendente e una discendente; di una nota fondamentale (vādī) e una seconda nota importante (samvādī). Il rāg è correlato con un tipo di emozione, con un'ora del giorno o con una stagione.

SAM: battuta iniziale del cerchio ritmico del tāl; nella musica e nella danza è sempre sottolineata in modo marcato.Nella relazione tra melodia e ritmo, il sam indica l'esatta corrispondenza tra percussione e strumento melodico e rappresenta perciò esteticamente un momento di incontro.Nella notazione di Bhātkhande il sam è segnato con una x.

SAMVĀDĪ: v. VĀDĪ.

SAPTAK: le sette note sā re ga ma pa dha ni (svar) formano un saptak, cioè una sucessione di sette note. Nella musica occidentale invece la scala è raccolta in un'ottava, cioè una sucessione di otto note.

MADYA, MANDR, TĀR SAPTAK: la musica indiana fino all'epoca moderna è basata sulla musica vocale, perciò la teoria musicale si fonda sulle possibilità della voce umana, considerata lo strumento principale. Nel classificare l'estensione dei suoni, partiamo dall'ottava che ci è più facile cantare e che si canta normalmente con la voce di gola. Questa è l'ottava media o madya saptak. Se abbassiamo la tonalità posiamo cantare le note nell'ottava inferiore che chiamiamo mandr saptak e che si canta con la voce di petto, mentre se alziamo la tonalità canteremo nell'ottava superiore o tār saptak che cantiamo con la voce di testa o di 'palato'.

SHUDDH SVAR: v. SVAR.

STHĀĪ: prima parte di una composizione o bandish.

SVAR: I suoni che l'orecchio umano riesce a distinguere chiaramente l'uno dall'altro sono chiamati shruti (lett. "sentire" o "orecchio"; i Veda). Tra di essi, 7 sono i più chiari e distinguibili e sono chiamati svar o "note". I loro nomi sono: shadj, rishabh, gāndhār, madhyam, pancham, dhaivat e nishād, che vengono comunemente abbreviati: , re, ga, ma, pa, dha, ni. Corrispondono ai suoni delle note occidentali do re mi fa sol la si della scala non temperata. Dalla metà dell'Ottocento, la scala principale è considerata quella corrispondente alla nostra scala maggiore (bilāval thāt).

CHAL, ACHAL SVAR: le note e pa non si spostano mai dalla loro collocazione naturale e sono dette perciò achal ("immobile"). Le altre note possono alterare la loro collocazione e sono perciò dette chal ("mobile).

SHUDDH, VIKRIT SVAR: le note sono considerate nella loro posizione naturale (shuddh, "puro", "corretto") nella scala del thāt bilāval, che corrisponde alla nostra scala maggiore naturale. Quando una nota si 'sposta' dalla sua colocazione naturale viene detta vikrit, "deformata", alterata.

TĀL: lett. "battito di mani", il tāl è il mezzo di divisione del tempo musicale. Come in poesia noi dividiamo le parole in versi secondo un preciso ritmo da raccogliere in una strofa, così nella musica si divide il tempo secondo un cerchio ritmico chiamato appunto tāl. Potremmo dire, usando la terminologia occidentale, che il tāl è una dispozizione ciclica di unità ritmiche, divise in sezioni precise, che ha lo scopo di fornire una base ritmica circolare alle composizioni, sia melodiche che ritmiche.

TĀLĪ: così sono chiamate le mātrā su cui cade la divisione della sezione nel cerchio del tāl. Un esempio pratico: il tīntāl è composto da 16 mātrā secondo lo schema:

1 2 3 4 / 5 6 7 8 / 9 10 11 12 / 13 14 15 16

La mātrā 1 sarà il sam ovvero l'inizio del tāl, mentre la 5 e la 13 saranno tālī. La 9 non può essere tālī poichè è khālī.

TĀN: dalla radice sanscrita tan, "tendere"; il termine deriva dalla tecnica del sitār (strumento a corde) e viene usato per indicare il finale dell'esecuzione in tempo veloce. Il tān è eseguito mediante la tecnica dell'improvvisazione, come il preludio o ālāp, ma se ne distingue per la velocità e la complessità del fraseggio melodico. Proprio per la velocità del movimento e la complessità della struttura, il tān è il momento artistico in cui si raggiunge il climax nell'esecuzione prima della chiusura o tihāī.

TĀR SAPTAK: v. SAPTAK.

THEKĀ: è l'insieme dei bol disposti in un determinato tāl. Il ritmo nella musica indiana non viene definito dai numeri, come invece avviene nella musica occidentale (es. un due, un due tre, ecc.), ma dal bol, la "parola" dello strumento. Così il tīntāl, in 16 mātrā o unità base del tempo, ha il seguente thekā:

dha dhin dhin dha/ dha dhin dhin dha / dha tin tin ta / ta dhin dhin dha

1 2 3 4 / 5 6 7 8 / 9 10 11 12 / 13 14 15 16

Ascoltando e riconoscendo questi suoni nella composizione noi riconosciamo che essa è in tīntāl.

TIHĀĪ: ripetizione per tre volte di una frase o una sezione della progressione melodica o ritmica, usata sempre come chiusura dell'esecuzione e a volte con funzione estetica per abbellire e dare senso di movimento alla sezione che si sta eseguendo.

TIVR: la nota ma può spostarsi dalla sua collocazione naturale e 'alzarsi' di circa mezzo tono. In questo caso la nota ma è detta 'acuta' o tivr. Nella notazione di Bhātkhande il tivr ma è scritto con un breve tratto verticale sopra il nome della nota.

UTTARĀNG: tetracordo (o gruppo di quattro note) superiore di un'ottava, formato dalle note pa dha ni sā (v. svar; v. pūrvāng).

VĀDĪ: la nota più importante del rāg.È la nota chiamata il 're del rāg' perchè il suo posto tra le altre note è quello di un re tra i suoi sudditi.

ANUVĀDĪ: le note del rāg che non sono vādī o samvādī sono anuvādī, sono descritte cioè come i servitori del regno.

SAMVĀDĪ: dopo vādī, il secondo suono più importante in un rāg è chiamato samvādī.Il suo postro tra le altre note è quello di un ministro del regno, cioè colui che viene subito dopo il re.

VIVĀDĪ: sono le note che non vengono impiegate nel rāg e sono perciò considerate il 'nemico' del rāg, in quanto il loro uso stravolgerebbe completamente il rāg rendendolo irriconoscibile.

VARN: lett. "colore"; è l'ordine in cui vengono cantate o suonate le note; si può definire perciò un movimento melodico.

VIBHĀG: lett. "divisione", sono le sezioni in cui è diviso il tāl. Nella notazione di Bhātkhande la divisione in vibhāg è resa con una linea verticale. Come esempio prendiamo sempre il tīntāl: esso ha 16 mātrā, divise in quattro vibhāg da 4 mātrā ciascuno secondo lo schema:

1 2 3 4 / 5 6 7 8 / 9 10 11 12/ 13 14 15 16

Se escludiamo la sezione khālī, che si considera 'assente', ci rimangono tre vibhāg, da cui il nome tīntāl o trītāl.

VIKRIT SVAR: v. SVAR.

VILAMBIT LAY: v. LAY.

VIVĀDĪ: v. VĀDĪ.

Note
Per le forme classiche Khyāl e Dhrupad, si veda Gli stili della musica indiana: lo stile Hindustani.

Bibliografia essenziale
Mishra, C. L., Tāl prasūn (Il fiore del tāl), B.H.U. Pubblications, Vārānasī
Srīvāstav, H., 2000, Rāg paricay (introduzione al rāg), Sangīt Sadan Prakāshan, Īlāhābād

Giovanna Milanesi