Lin Zhaohua, nato nel 1936, è considerato uno degli iniziatori del movimento teatrale sperimentale in Cina. Dopo gli studi presso il dipartimento di recitazione all'Accademia Teatrale Centrale, all'inizio degli anni sessanta entra nella compagnia del Teatro d'Arte del Popolo di Pechino (Beijing renmin yishu juyuan), la roccaforte del realismo e del sistema Stanislavskij in Cina, diretto al tempo da Jiao Juyin.

 

LIN ZHAOHUA

 

 

Lin Zhaohua, nato nel 1936, è considerato uno degli iniziatori del movimento teatrale sperimentale in Cina. Dopo gli studi presso il dipartimento di recitazione all'Accademia Teatrale Centrale, all'inizio degli anni sessanta entra nella compagnia del Teatro d'Arte del Popolo di Pechino (Beijing renmin yishu juyuan), la roccaforte del realismo e del sistema Stanislavskij in Cina, diretto al tempo da Jiao Juyin. Dopo la Rivoluzione Culturale Lin interrompe definitivamente la propria carriera d'attore e inizia a studiare regia con Jiao, realizzando produzioni come Ode al cuore puro (Danxinpu, 1978) di Su Shuyang e Chi è piú forte? (Shei shi qiangzhe, 1980) di Liang Bingkun, seguendo modelli di regia ancora legati al realismo tradizionale.

L'inizio della collaborazione col drammaturgo Gao Xingjian demarca una linea di confine nella carriera di Lin, così come nello sviluppo del teatro cinese contemporaneo. Gao e Lin danno inizio, infatti, al cosiddetto teatro "esplorativo" (tansuo xiju) o sperimentale (shiyan xiju), con produzioni realizzate con mezzi poveri ed essenziali, da "piccolo teatro" (xiao juchang xiju), e metodi di rappresentazione che rifiutano il realismo psicologico stanislavskiano e si rifanno, invece, a modelli come Artaud, Brecht, il teatro dell'assurdo e le avanguardie storiche da un lato, il patrimonio popolare e performativo nazionale dall'altro. I due artisti realizzano tre opere insieme, Segnale Assoluto (Juedui xinhao, 1982), Fermata d'autobus (Chezhan, 1983), e Il Selvaggio (Yeren, 1985) che si distaccano in maniera sostanziale dallo stile tipico del Teatro d'Arte, suscitando di conseguenza numerose polemiche e, nel caso di Fermata d'autobus, censure e campagne di "rettifica del pensiero". Dopo che la messinscena di L'altra riva (Bi'an, 1986) viene rifiutata dalla dirigenza del Teatro, Gao abbandona la compagnia e poco tempo dopo lascia il paese, ponendo cosí fine ad una delle collaborazioni artistiche piú fruttuose della seconda metà del ventesimo secolo.

Negli anni successivi Lin alterna opere di stampo essenzialmente realista e mainstream come Il Nirvana di nonno Gou'er (Gou'er ye niepan, 1986), a produzioni piú d'avanguardia come, ad esempio, Schweyk nella seconda guerra mondiale (Di'er shijie dazhan zhong de Shiwayike, 1986) di Bertolt Brecht. Nel 1989 il regista fonda a Pechino il Laboratorio Teatrale (xiju gongzuoshi), un'istituzione indipendente dal Teatro d'Arte dove puó godere di maggior libertá creativa e decisionale. Ha cosí inizio una serie di sperimentazioni che sono oggi annoverate tra le piú innovative, sia in termini di estetica che di contenuti, degli anni Novanta. Nel 1990 Lin produce una versione di Amleto (Hamulaite) elaborata collettivamente dai membri del Laboratorio, tra cui anche il giovane Mou Sen. Il regista stravolge l'interpretazione tradizionale del classico shakespeariano trasformandolo in un'oscura opera dell'assurdo che esplora il contradditorio e ambiguo labirinto della natura umana. Ambientato in un Elsinore postapocalittica di drappi grigi e stracciati, assordanti ventilatori industriali, telefoni senza fili e vecchie sedie, il dramma non è incentrato sul tema della vendetta, bensí su una tragedia piú grande, "la tragedia di poter pensare". Il principe di Danimarca, la cui figura si sovrappone e scambia ripetutamente con quella del malvagio Claudio, è privato di qualsiasi status eroico o dimensione superumana poiché, secondo l'interpretazione del regista, "ogni uomo è Amleto...incontrando Amleto, noi incontriamo noi stessi").

Nel 1992, con Ren Ming e Meng Yan, Lin mette in scena Romolo il Grande (Luomuluosi dadi) di Friedrich Dürrenmatt, in cui sviluppa i concetti (già in Gao Xingjian) della triplicazione dell'attore (Romolo interpretato da tre interpreti differenti) e del teatro come gioco (youxi), per cui gli attori interagiscono sulla scena (vuota, essenziale e spoglia, come spesso in Lin) con pupazzi e marionette. Lo stravolgimento dei classici in chiave contemporanea e sinizzata, e l'integrazione di tecniche miste e derivate dal repetorio tradizionale sono anche presenti in Faust (Fushide) del 1994 e Riccardo III (Licha sanshi) del 2001.

A queste produzioni col Laboratorio sperimentale Lin alterna le regie, alquanto tradizionaliste e improntate su tipici modelli da Teatro d'Arte, della cosiddetta "Trilogia dei fannulloni" di Guo Shixing: Uomini-uccello, Uomini-scacchi, Uomini-Pesce (Niaoren, Qiren, Yuren), rappresentate rispettivamente nel 1993, 1996, e 1997.

Un'altra importante caratteristica del teatro di Lin Zhaohua è il pastiche intertestuale, che rappresenta una tendenza piuttosto diffusa nel teatro d'avanguardia cinese degli anni novanta, soprattutto in Meng Jinghui. Nel 1998, ad esempio, Lin produce Le tre sorelle aspettano Godot (San zimei dengdai Geduo), un collage tra il classico di Cechov e il dramma di Beckett nato probabilmente dalla presenza di tematiche comuni quali la vanità delle speranze e l'interminabilità dell'attesa, che svela l'assurdità della condizione umana su una scena nuda e disadorna. Un'altro esempio è, infine, L'orfano della Cina (Zhongguo gu'er), che interseca, invece, l'omonima opera di Voltaire e lo zaju di epoca Yuan L'orfano della famiglia Zhao (Zhaoshi gu'er), di Ji Junxiang.

Bibliografia
Lin Kehuan (ed.), Lin Zhaohua daoyan yishu (L'arte della regia di Lin Zhaohua), Harbin, Beifang wenyi chubanshe, 1992.
Seto Hiroshi, "Shilun Lin Zhaohua de daoyan yishu" (Sull'arte della regia di Lin Zhaohua), Xiju yishu, 6, 2001, pp. 29-34.
Wu Wenguang, "Fangwen Lin Zhaohua" (Intervista a Lin Zhaohua), in Meng Jinghui (ed.), Xianfeng xiju dang'an (Files di teatro d'avanguardia). Beijing: Zuojia chubanshe, 1999, pp. 330-337.

Rossella Ferrari