Violenza sulle donne e Convenzione di Istanbul. Barbershop a Ca’ Foscari

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La recente sentenza del tribunale irlandese di Cork, in Irlanda, che ha assolto un uomo dall'accusa di stupro perché la vittima indossava un tanga, è un caso di negazione della violenza di genere contro le donne. Eppure questo reato è ben specificato nella Convenzione di Istanbul del Consiglio d'Europa, entrata in vigore già 4 anni fa. Perché?

“Ci sono molte le idee errate legate alla Convenzione, incluso il fatto che voglia introdurre, cosa assolutamente non prevista dal testo, una gender ideology – spiega Sara De Vido, docente cafoscarina di Diritto Internazionale e vicedirettore del Cestudir. - Ciò rallenta la sua corretta attuazione e il processo di ratifica da parte di alcuni dei 47 Stati. La situazione è tale per cui il Consiglio d'Europa ha ritenuto opportuno diffondere delle Q&A prive di portata giuridica ma necessarie per far comprendere gli obiettivi della Convenzione, che prevedono obblighi di prevenzione, protezione e repressione”.

Christina Olsen, del Consiglio d’Europa, membro del segretariato del GREVIO (Gruppo di esperti in azioni contro la violenza sulle donne), aggiunge che “questo fenomeno va visto nel contesto globale che prevale oggi e che vede a livello internazionale certi attori della scena politica e istituzionale mettere in dubbio la validità e l’universalità dei diritti umani e delle democrazie liberali.  
Questo fenomeno è stato osservato in particolare in alcuni paesi dove sta ostacolando il processo di ratifica della Convenzione, ma interessa anche stati parti alla Convenzione, tra cui l’Italia”.

L’ultima indagine a livello dell’Unione europea sulla violenza di genere è stata realizzata nel 2014 dall’Agenzia dei DU dell’UE (FRA) e ha rivelato che:

►► Una donna su tre (33 %) ha subito violenza fisica e/o sessuale dopo i 15 anni.
►► Circa l‘8 % delle donne ha subito violenza fisica e/o sessuale nei 12 mesi precedenti l’intervista dell’indagine
►► Di tutte le donne che hanno (o hanno avuto) un partner, il 22 % ha subito violenza fisica e/o sessuale da parte del partner a partire dai 15 anni

Il tema rimane quindi, purtroppo, di estrema attualità. L’Università Ca’ Foscari, impegnata nel contrastare le disuguaglianze di genere, ha proposto lunedì 3 dicembre la sua prima Barber shop conference per coinvolgere e sensibilizzare anche ragazzi e uomini.

Barber shop è un’iniziativa nata in Islanda e Suriname nel 2014, ispirata dalla campagna HeForShe e dalla rete Gender Champions lanciata a Ginevra. Da allora sono state organizzate diverse conferenze, anche presso l’ONU e la NATO. L’obiettivo è offrire agli uomini uno spazio di dibattito e riflessione sui loro comportamenti, privilegi e ruoli che creano ostacoli per l’empowerment delle donne e su come possono invece diventare agenti di cambiamento nella realizzazione dell’uguaglianza di genere.

Ivana Padoan, docente di Genere, generi, diritti, formazione e management e direttrice del Cestudir, sottolinea che “la violenza di genere va al di là della violenza tout court. Incrocia i tabu ai quali la donna è stata sottoposta, le stereotipie, la sottomissione, le disuguaglianze su tutti i fronti e porta a pensare alle rappresentazioni delle donne, fatte in precedenza e tutt’ora, come donne pericolose, poco degne”. E continua, facendo riferimento al suo intervento dal titolo ‘il maschio è inutile?’: “oggi la cultura, la società, la pubblicistica parlano di uomini in crisi. Meglio parlare della crisi degli uomini, che coinvolge crisi della politica, delle istituzioni, dell’economia e del sociale. Politica, istituzioni e sociale sono da sempre rappresentati dagli uomini. La crisi della maschilità è nelle tracce più arcaiche di questa politica, tuttavia ancora presente. Una politica che ha sempre messo in crisi anche l’uomo in quanto soggetto (divisione tra maschi Alfa e maschi Beta, di Kaufman) che risponde alle rappresentazioni del maschile. Il discorso politico sulla crisi del genere diventa violenza di genere, in quanto crisi derivante dalla perdita di dominio interno a sé ed esterno a sé”.

Al Barber shop cafoscarino è intervenuta da Strasburgo Christina Olsen. Le abbiamo posto qualche domanda:

Che cos’è la violenza?


E’ una violazione dei diritti umani che gli Stati hanno l’obbligo di prevenire. Questo obbligo di protezione vale sia nella sfera pubblica, che nella sfera intima (violenza domestica). La violenza è inaccettabile, e non ci sono ragioni - culturali, legate alla tradizione, il cosiddetto onore - che la giustifichino: vanno quindi smantellate le attitudini ed i pregiudizi che storicamente hanno portato a sminuirne la gravità, ad imputarla ad un comportamento scorretto della vittima ed in questo modo, a considerarla legittima.
La violenza è molteplice: psicologica, fisica, sessuale, economica… ed è fondamentalmente una sola violenza: vale a dire la manifestazione, sotto diverse forme, delle ineguaglianze storiche di potere tra donne e uomini. La violenza viene utilizzata come strumento di dominio sociale per perpetuare queste ineguaglianze ed è quindi una forma di (estrema) discriminazione contro le donne. Cioè spiega che si parli di violenza contro le donne come fenomeno di genere e che strumenti giuridici e politici come la Convenzione di Istanbul focalizzino specificatamente sulla violenza contro le donne e prevedano misure appositamente volte ad eliminare le ineguaglianze donne/uomini.
La violenza miete vittime tra le donne ma anche tra i bambini esposti alle violenze: per il trauma e l’impatto che la violenza ha comunque sullo sviluppo dei bambini, anch’essi sono vittime, diretti o indiretti, della violenza.

Come avviene il monitoraggio della Convenzione?

Attualmente il meccanismo di monitoraggio creato dalla Convenzione di Istanbul, il GREVIO (Gruppo di esperti in azioni contro la violenza sulle donne) sta esaminando le misure prese dall’Italia per dare attuazione alle disposizioni della Convenzione. Il procedimento in atto interessa tutti gli stati parti della Convenzione e segue la metodologia già applicata ad un certo numero di paesi per i quali il GREVIO ha pubblicato i suoi rapporti (esempio Albania, Austria, Danimarca, Monaco, Montenegro, Turchi). Le autorità italiane hanno trasmesso il loro rapporto scritto al GREVIO nel quale rispondono alle domande poste dal Gruppo, e la società civile ha anch’essa fornito dei rapporti “ombra” (uno coordinato da Di.re, uno presentato da BeeFree ed un terzo riguardante specificatamente la problematica delle mutilazioni genitali femminili). I rapporti sono pubblici e si possono consultare sul sito web della Convenzione.
Il monitoraggio comporterà una visita in loco, prevista dal 13 al 20 marzo 2019, in occasione della quale una delegazione del GREVIO incontrerà interlocutori che a diverso titolo, sono implicati nella prevenzione delle violenze sulle donne (rappresentanti di ministeri, istituzioni pubbliche, associazioni, professionisti ed accademici).
A conclusione di questo processo ed in base a tutte le informazioni così raccolte, il GREVIO stenderà il suo rapporto in cui riporterà la sua analisi del livello di conformità delle misure messe in atto in Italia cogli standard della Convenzione. La pubblicazione del rapporto è prevista a fine 2019.
Sul piano internazionale, la Special Rapporteur dell’ONU contro la violenza nei confronti delle donne ha recentemente fatto riferimento alla Convenzione di Istanbul in una lettera inviata al Governo italiano. Tra le disposizioni della Convenzione citate, si menziona l'articolo 48 della Convenzione, vincolante per l'Italia, in cui si vieta il "ricorso obbligatorio a procedimenti di soluzione alternativa delle controversie, incluse la mediazione e la conciliazione, in relazione a tutte le forme di violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione".

Federica SCOTELLARO