Giustizia per Giulio, libertà per Zaki. 100 voci cafoscarine il 25 gennaio

condividi
condividi

Francesco Vacchiano è un antropologo con molti anni di ricerca sul campo in Nord Africa. Ha studiato in particolare la condizione giovanile in Tunisia e Marocco e per il suo lavoro è entrato in contatto con numerosi attivisti egiziani della diaspora post-2013. A Ca’ Foscari insegna Antropologia della salute, Antropologia dell’ambiente e Lingue e Culture dell’Africa, ed è uno tra i molti ricercatori che potevano trovarsi al posto di Giulio Regeni.

È tra gli organizzatori - insieme a Sabrina Marchetti, Gilda Zazzara, Alessandro Casellato, Adelisa Malena, Stefania De Vido, Duccio Basosi, Maria Chiara Rioli e Elena Bacchin, con l’appoggio tecnico di Luca Petrini, - della ‘maratona’ di voci cafoscarine per Giulio Regeni e Patrik Zaki che lunedì 25 gennaio, dalle 9 alle 19, sarà trasmessa in streaming sulla pagina Facebook ‘Storia a Ca’ Foscari’. Alla giornata parteciperanno docenti, ricercatori e CEL, studenti, dottorandi e personale amministrativo dell’ateneo. L'appuntamento si concluderà con un videomessaggio di Paola e Claudio Regeni.

L’obiettivo dell’iniziativa, a 5 anni esatti dal sequestro di Regeni al Cairo, è quello di tenere viva la memoria del giovane ricercatore, fare pressione sul Governo italiano e ricordare che ci sono ancora molti studenti, ricercatori e attivisti chiusi in carcere. C’è Patrick Zaki, per esempio, studente dell’università di Bologna, detenuto in Egitto da quasi un anno e al quale è appena stata prolungata la carcerazione preventiva.

Prof. Vacchiano, che Paese è l’Egitto oggi?

L’Egitto è uno storico ‘amico’ di USA ed Europa e un importante partner commerciale, anche per l’Italia. Dagli accordi di Camp David, 1978, è massicciamente finanziato dagli Stati Uniti perché garantisca la stabilità geopolitica del Medio Oriente. È molto recente, dicembre 2020, la visita del presidente egiziano al-Sisi all’Eliseo, a Parigi, dove il Presidente Macron gli ha conferito la Legion d’Onore, e sempre del 2020 è la notizia di una ingente commessa di armi dall’Italia all’Egitto.

L’Egitto è però un Paese che reprime ogni minima forma di dissenso, molto lontano da quanto ci aspettiamo da una ‘democrazia’. Dalla Rivoluzione Egiziana del 23 luglio 1952 è governato da una giunta militare, che è diventata nel tempo una ‘cupola’ potente, classista ed elitaria e che periodicamente esprime i propri presidenti: Gamal Abd al-Nasser, Anwar al-Sadat, Hosni Mubarak e l’attuale Abdel Fattah al-Sisi.

Magistratura, forze di polizia e gran parte del parlamento sono in mano a gruppi di potere - il cosiddetto ‘deep state’ - che in equilibrio tra loro garantiscono la funzionalità dell’apparato statale. DI questo sistema sono parte integrante i cosiddetti ‘servizi di sicurezza’, nuclei operativi che godono di una certa autonomia e che secondo i testimoni sono i principali responsabili della morte di Regeni.

Questo saldo apparato militare ha rischiato seriamente di perdere il controllo del Paese nel 2011, durante la Primavera Araba. L’instabilità è durata due anni, terminando con il colpo di stato del 2013. “Mai più” si dice nelle stanze del potere, e da quel momento il sistema ha assunto una deriva paranoica dove tutti sono sorvegliati speciali. Paola Deffendi, la madre di Giulio Regeni, ha detto giustamente che Giulio “è stato colpito come un qualunque egiziano”. E infatti il controllo è talmente generalizzato e paranoico che anche gli stranieri sono entrati nel mirino dei servizi segreti. Come Giulio Regeni, anche lo studente italiano Patrick Zaki è vittima della repressione egiziana, che lo accusa di voler sovvertire l’ordine con la sua attività online.

Possiamo immaginare come le attività accademiche di studio e ricerca, in questi contesti, non vengano capite ma anzi vengano temute e confuse con attività di spionaggio. Molti colleghi, e io stesso, ci siamo trovati in situazioni potenzialmente pericolose durante le attività di ricerca sul campo. Chi fa domande, osserva, indaga per motivi di studio diventa oggetto di sospetto e controlli, e non sempre è sufficiente esibire il tesserino universitario. La libertà è però un elemento fondamentale dell’attività accademica e di ricerca. Ecco perché è particolarmente importante che le comunità universitarie mantengano viva l’attenzione su questi casi. Al posto di Regeni - lo ripetiamo - ci poteva essere una o uno di noi

Giustizia per Giulio Regeni. Libertà per Patrick Zaki. Maratona di voci a Ca' Foscari

Iniziativa online

lunedì 25 gennaio 2021

h. 9-19

In streaming sulla pagina Facebook Storia a Ca’ Foscari

LOCANDINA

PROGRAMMA

9.00: Francesco Vacchiano (antropologo, Università Ca’ Foscari Venezia)

Morto un faraone, se ne fa un altro. Anatomia della repressione in Egitto

11.00: Gennaro Gervasio (storico dei paesi islamici, Università Roma Tre)

Il mito della stabilità autoritaria

13.00: Ester Gallo (antropologa, Università di Trento)

L’impegno di Scholars at Risk-Italia nella difesa della libertà accademica

15.00: Elena Bacchin (storica, Università Ca’ Foscari Venezia)

Dallo Spielberg a Tora: la prigionia politica in prospettiva storica

17:00: Francesca Biancani (storica del Medio Oriente, Università di Bologna)

Per Patrick Zaki: pensiero critico e libertà di pensiero

18.30: Videomessaggio di Paola e Claudio Regeni

Federica Scotellaro