Focus G20 #3: clima e finanza

condividi
condividi
Stefano Battiston

Il G20, sotto la Presidenza italiana, ha ospitato a Venezia l'11 luglio la Conferenza Internazionale sui Cambiamenti Climatici. Si è trattato di un evento di alto livello che ha permesso di discutere le politiche economiche a sostegno della transizione verso un'economia a basse emissioni, nonché il quadro normativo e di vigilanza internazionale per affrontare i rischi finanziari legati al clima e incoraggiare l'allineamento dei flussi finanziari agli obiettivi di zero emissioni di carbonio.

Ne facciamo il punto con Stefano Battiston del Dipartimento di Economia dell'Università Ca' Foscari Venezia.

La Presidenza italiana del G20 cade nell'anno 2021, che è diventato un simbolo della ripresa dalla crisi pandemica.

L'Italia ha anche la copresidenza dell'evento politico globale sul cambiamento climatico, COP26. E’ solo una coincidenza ma è anche il simbolo delle complesse relazioni tra sviluppo sostenibile, cambiamento climatico e finanza.

La pandemia COVID-19 ha ricordato a tutti noi che il benessere sociale ed economico non è isolato nello spazio astratto descritto da molti libri di economia, ma si basa sul benessere biologico degli esseri umani e degli ecosistemi. A sua volta, questi ultimi si basano sulla stabilità del clima planetario (almeno su scale temporali di secoli). In una frase, non c'è sviluppo economico senza sostenibilità, in particolare in termini di impatto umano sul clima.

Prima della pandemia, il mondo era su un percorso di aumento del riscaldamento globale con un rischio crescente di raggiungere punti di non ritorno che potrebbero innescare cambiamenti catastrofici, come documentato dal rapporto speciale dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) del 2018. Pertanto, la ripresa dalla pandemia può essere l'occasione per prendere seriamente in carico la sostenibilità e le questioni climatiche. In effetti, il 2021 potrebbe segnare il punto di svolta rispetto alla traiettoria attuale, di “status quo”, per dare il via ad una transizione tecnologica e sociale verso un'economia a basse emissioni di carbonio. Oppure, potrebbe segnare il momento in cui il mondo perde l'opportunità di limitare il riscaldamento globale entro il limite dei 2 gradi Celsius, come previsto dall'Accordo di Parigi.

La mancata mitigazione del cambiamento climatico implica rischi elevati derivanti dagli impatti legati al clima sulle persone e sulle attività economiche (ad esempio condizioni meteorologiche estreme o innalzamento del livello del mare) e i primi effetti sono già stati osservati. Inoltre, una transizione verso un'economia a basse emissioni ritardata di 5-10 anni e che avviene poi in modo improvviso implica rischi elevati derivanti dalla perdita di valore delle attività economiche basate sull'uso di combustibili fossili.

Nonostante le evidenze scientifiche sui rischi legati al cambiamento climatico siano note da due decenni, in finanza il clima è stato considerato fino a pochi anni fa come una questione etica di nicchia.

Oggi il cambiamento climatico è pienamente riconosciuto dalle autorità di vigilanza finanziaria e dal settore finanziario privato come una nuova fonte di rischio finanziario. La finanza è il motore più forte delle economie moderne, dovendo necessariamente le attività economiche seguire le direzioni dei flussi finanziari. Pertanto, questa nuova consapevolezza dei rischi climatici può significare un potenziale punto di svolta.

Quale piattaforma dei ministri delle finanze delle maggiori economie del mondo, il G20 è molto influente nel dibattito su dove si dirigerà il mondo nei prossimi 20 anni, finestra temporale decisiva per limitare il riscaldamento globale. Dal 2017, il G20, attraverso la sua Task Force on Climate-related Financial Disclosures, ha svolto un ruolo chiave nell'attirare l'attenzione del sistema finanziario sui rischi derivanti dal cambiamento climatico. La proposta italiana di rilanciare il G20 Sustainable Finance Study Group e di promuoverlo a Sustainable Finance Working Group è stata approvata. Questa iniziativa conferisce maggiore centralità alla sostenibilità, e in particolare alla necessaria attenzione alla mitigazione del cambiamento climatico nella fase di ripresa.

Una volta riconosciuti i rischi climatici, "ricostruire meglio" in linea con gli obiettivi climatici ha perfettamente senso dal punto di vista economico, perché le infrastrutture ad alto contenuto di carbonio renderebbero la transizione più costosa.

Pertanto, l'allineamento della ripresa economica con gli obiettivi climatici è stato un aspetto centrale nel dibattito sulla progettazione del Recovery Plan per l'Europa. Per il EU Recovery and Resilience Facility (RRF), nel dicembre 2020 è stato raggiunto un accordo politico per includere un minimo del 37% della spesa per investimenti e riforme a sostegno degli obiettivi climatici, nel rispetto degli altri principali obiettivi di sostenibilità (come biodiversità e acqua, ovvero il principio di “non arrecare danni significativi”). L'accordo specifica in dettaglio l'elenco delle attività ammissibili ed esclude ad esempio dal finanziamento le infrastrutture di trasporto che si basano su combustibili fossili come aeroporti o spedizioni di combustibili fossili. Ciò ha anche implicazioni dirette per il Piano Nazionale di Ripartenza e Resilienza (PNRR) italiano. Mentre gli Stati membri hanno discrezionalità nell'attuazione della RRF, la Commissione UE può rifiutare il finanziamento di parti di piani che non soddisfino tali criteri. La prima tranche del PNRR italiano è stata approvata lo scorso 22 giugno.

Ci sono due sfide principali tra la disponibilità di questi fondi e il loro miglior utilizzo per sostenere l'allineamento dell'Italia agli obiettivi climatici. Il primo è il rischio di greenwashing, ovvero che da qualche parte lungo la catena di valore degli investimenti alcune attività economiche siano meno rispettose del clima di quanto sembri sulla carta e su come dovrebbe essere certificata la loro conformità. Il secondo è la sottovalutazione dei rischi a causa di modelli e scenari troppo ottimisti, che possono portare gli operatori di mercato a sottoinvestire in attività allineate al clima rispetto a quanto investirebbero, se conoscessero il rischio che stanno effettivamente affrontando (assumendo nessun azzardo morale).

In entrambe le sfide, c'è un enorme valore sociale nella ricerca scientifica che sia indipendente e a supporto delle politiche, ricerca scientifica che solo il mondo accademico è in grado di svolgere. In questo contesto, Ca' Foscari ha ampliato il proprio team e gli sforzi sulla finanza sostenibile e la relazione tra clima e finanza è uno dei temi in cui Ca' Foscari è in prima linea nella ricerca scientifica. Per esempio, l'efficienza energetica nei rating ESG sono attualmente al centro di un progetto finanziato dall’Unione europea, TranspArEEns. Inoltre, le relazioni tra i rischi di pandemia, il rischio climatico e il rischio finanziario e come essi possano amplificarsi a  vicenda sono il tema di un convegno internazionale organizzato da Ca’ Foscari in Settembre. Infine, la relazione tra scenari climatici e rischio per i portafogli di investitori finanziari (con implicazioni per il risparmio delle famiglie) è oggetto di recenti pubblicazioni prestigiose.

A cura di Stefano Battiston, Professore del Dipartimento di Economia dell'Università Ca' Foscari.