Venezia tra le zone umide da ‘restaurare’ con i primi fondi del Green Deal

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Barena in laguna, foto di Eleonora Sovrani

In tutta Europa la pressione delle attività umane ha compromesso le zone umide, aree di transizione tra la terra e l’acqua. Venezia e la sua Laguna sono un luogo emblematico di questa ricchezza e fragilità.

Grazie all’Università Ca’ Foscari Venezia e alla ong We are here Venice, una porzione di barena tra gli oltre 55 mila ettari di laguna sarà ripristinata da Waterlands, uno dei primi progetti finanziati nell’ambito del New Green Deal europeo, come dimostrazione dell’importanza del ripristino di questo tipo di ecosistema.

Superata una competitiva selezione nell’ambito del programma Horizon 2020, il progetto è stato interamente finanziato dalla Commissione europea con oltre 23 milioni di euro. Conta 32 partner da 14 Paesi e durerà 5 anni, un periodo più lungo della maggior parte dei progetti europei proprio per garantire il consolidamento delle capacità locali ad adottare tutte le buone pratiche che emergeranno dal progetto.

Con questi fondi si svilupperanno soluzioni che potranno essere applicate in aree diverse e più ampie a partire dai 6 siti europei selezionati, tra cui Venezia.

Le zone umide sono caratterizzate da diversi tipi di habitat inclusi estuari, paludi, torbiere e sono dimora del 40% delle specie viventi. Catturano anidride carbonica, rimuovono inquinanti, proteggono da inondazioni. L'Europa ha già perso il 90% di queste zone, con conseguente perdita di biodiversità, acqua, cibo, devastanti alluvioni e incendi, subsidenza ed erosione costiera.

Walterlands ha l’obiettivo di invertire questa tendenza portando benefici all’ambiente e alle comunità locali.

Venezia ‘action site’

La laguna di Venezia è la più grande zona umida costiera d'Italia (8% di isole, 12% di barene, 13% di velme, 67% di acqua) ed ospita una gamma unica di biotipi, barene, canneti, prati di fanerogame, distese fangose.

L'integrità dell’ecosistema è a rischio considerando la perdita drammatica delle barene, l’erosione in atto, i limitati apporti di sedimenti nuovi e al contempo la loro esportazione in mare. Tali fenomeni sono esacerbati dall'urbanizzazione e l'erosione dovuta alla navigazione e al traffico d'acqua locale e al dragaggio dei canali.

Waterlands intende dunque portare attenzione alla qualità dell’ecosistema lagunare, coinvolgendo tutta la comunità locale nonché attori istituzionali ed economici, per meglio rappresentare e spiegare i vantaggi economici e sociali ad esso associati, oltre a quelli ambientali. Si lavorerà per accelerare e migliorare la rigenerazione di tutta la laguna, ottimizzando il processo di colonizzazione da parte di specie tipiche delle barene, per massimizzare prestazioni ecologiche specialmente in termini di sequestro del carbonio, purificazione dell'acqua, e ripristino della biodiversità.

Ca’ Foscari al lavoro su aspetti economici

Oltre al lavoro sul campo, sono previste attività con le comunità e i portatori di interesse a Venezia come in ogni sito di progetto. Degli aspetti economici, dei valori anche intangibili, di analisi costi-benefici e costi-efficacia si occuperà il Dipartimento di Economia di Ca’ Foscari.

“Analizzeremo il valore in termini di reddito e lavoro delle attività esistenti in ciascun sito - spiega Carlo Giupponi, responsabile del team cafoscarino in Waterlands e docente di Economia ambientale - inoltre lavoreremo sulle misure finanziarie legate alle soluzioni di recupero che saranno individuate”.

La perdita di biodiversità è un rischio con risvolti economico-finanziari. Investire in modo innovativo sul recupero di queste aree cruciali, infatti, potrebbe portare benefici. Ad esplorare questo ambito saranno gli esperti cafoscarini di finanza sostenibile, coordinati da Monica Billio. Investire in biodiversità potrebbe rivelarsi un’opzione interessante per investitori pubblici e privati, a beneficio delle comunità locali.

Il progetto rientra quindi nell’ambito delle attività di ricerca e didattica di Ca’ Foscari dedicate al tema emergente della finanza sostenibile.

We are here Venice attiva sul campo

Nata nel 2015 per affrontare una sfida fondamentale per Venezia, rimanere una città viva, la ong We are here Venice si occuperà di tutto ciò che concerne la parte ecologica della ricerca scientifica legata al progetto. La missione della ong co-fondata e diretta dalla scienziata ambientale Jane Da Mosto si basa sulla comprensione della città e della laguna come elementi inseparabili all'interno di un unico sistema, con particolare attenzione all'interazione tra l'ambiente naturale e l'intervento umano. Jane da Mosto rappresenterà WahV come lead partner per l’action site di Venezia di Waterlands.

Responsabile scientifica sarà Camilla Bertolini, responsabile della ricerca a WahV e già impegnata in laguna come ricercatrice Marie Curie di Ca’ Foscari per il ripristino di ostriche native. Per WahV ha condotto revisioni delle conoscenze locali e internazionali sul ripristino delle zone intertidali e ha creato un modello matematico sull’accrescimento della vegetazione, per testare le strategie ottimali di ripristino (per esempio densità di trapianto) nel contesto delle compensazioni di carbonio.

Eleonora Sovrani, art director di WahV, per Waterlands curerà il coinvolgimento della comunità, con particolare attenzione all’ambito artistico, in cui si collocherà un programma di residenze d’artista legate al progetto.

“Questi temi sono inscindibili dalla missione di WahV - commenta Jane da Mosto - e abbiamo un’ottima base conoscitiva del territorio da cui partire e potremo inoltre continuare il lavoro anche dopo il termine del progetto europeo. Gli altri partners del progetto rappresentano una straordinaria occasione per creare un network di eccellenze del campo, a partire dall’Università Ca’ Foscari con cui siamo davvero felici di collaborare”.

Il network internazionale

Il progetto partirà a dicembre 2021 e sarà coordinato dallo University College di Dublino. Ne fanno parte 32 organizzazioni tra ricerca, industria, istituzioni e non-profit, rappresentanti 13 paesi europei e il Regno Unito.

“Tentativi precedenti di recuperare zone umide sono stati spesso troppo localizzati o troppo frammentati per fare realmente la differenza nel ristabilire ecosistemi e specie - commenta il coordinatore del progetto, Craig Bullock, ricercatore allo University College Dublin - Con Walterlands l’ambizione è di creare assieme un modo più efficace per questo recupero che comprenda aspetti ecologici, sociali, gestionali e finanziari, per connettere habitat e comunità in tutta Europa, assicurando ad entrambi benessere per molte generazioni a venire”.

Enrico Costa