Per fare i materiali del futuro, ci vuole lignina

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Per fare tutto, ci vuole un fiore”, recita la canzone che avvicina i bambini all’uso consapevole delle risorse naturali. Quello che Gianni Rodari non poteva sapere, era che dal famoso ‘albero’ ricaveremo molto più del ‘legno’ per il ‘tavolo’: grazie alla ricerca scientifica, emergeranno una quantità di nuovi materiali fatti di particelle grandi milionesimi di millimetro, con proprietà antiossidanti, anti-UV, antimicrobiche, con possibili applicazioni in biomedicina, biosensori, cosmesi, purificazione dell’acqua, per citarne alcune.

Protagonista è la lignina, uno dei polimeri naturali più abbondanti e principale ‘rifiuto’ dei processi produttivi della carta e dei biocarburanti.

La principale esperta italiana di nanoparticelle e nanocapsule di lignina è Claudia Crestini, da qualche mese professoressa ordinaria al Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi di Ca’ Foscari, membro dei team Environmental technology and green economy e Science of complex economic, human and natural systems.

Dopo 14 brevetti, due libri e circa 150 articoli scientifici, ha scritto con altri esperti internazionali lo ‘stato dell’arte’ sull’uso, sulle sfide e sulle prospettive delle particelle di lignina. La rivista ChemSusChem ha dedicato la copertina a questa ‘rassegna’ che mette ordine nel ‘boom’ di studi su nanoparticelle e nanocapsule di lignina, di cui il laboratorio della professoressa Crestini a Tor Vergata è stato pioniere.

Riproducibilità e sicurezza sfide aperte

Tra i tanti pregi della lignina, c’è la sua compatibilità biologica. “La mangiamo con le verdure - fa notare Crestini - si tratta di particelle estremamente sicure per l’organismo”. Accanto ai pregi, però, ci sono anche gli interrogativi aperti su cui lavorare in laboratorio: “La lignina è un biopolimero di difficile caratterizzazione, eterogeneo e variabile. Per realizzare prodotti riproducibili normalmente vengono usati trattamenti chimici. Dall’altro lato, è possibile utilizzare metodi fisici, più sicuri ed economici. Possiamo anche selezionare la dimensione delle particelle, a seconda dell’utilizzo”.

“Nanoparticelle e nanocapsule di lignina possono trasportare e rilasciare in modo controllato principi attivi o integratori - aggiunge la studiosa cafoscarina - Tuttavia, l’utilizzo in medicina richiede ancora del lavoro di ricerca. I materiali di partenza hanno una certa variabilità, quindi sono necessari studi biologici e valutazioni approfondite sull’impatto sulla salute”.

Lignina motore di economia circolare

Oggi la lignina di scarto dell’industria della carta viene bruciata. Parte della lignina residua da processi industriali arricchisce cementi e asfalti, prodotti ad alta diffusione ma basso valore aggiunto. L’obiettivo di Crestini e del suo team sarà quindi quello di scoprire nuovi materiali a base di lignina e standardizzarne la produzione. Multinazionali sono attente agli avanzamenti di queste ricerche perché i risultati potrebbero potenziare le performance di prodotti di largo consumo.

“Nanostrutture di lignina - afferma Crestini - possono funzionare anche come additivi nelle vernici, colle o nelle plastiche per fornire caratteristiche specifiche, rendendole antimicrobiche, resistenti all’acqua o alla radiazione ultravioletta e sicure per la salute oltre che per l’ambiente. Le possibilità di applicazione comprendono anche il packaging: si possono realizzare incarti con una barriera all’ossigeno e all’umidità e quindi aumentare la capacità di conservazione dei cibi”.

Perché ‘nano’ è bello? “Perché le proprietà delle particelle sono magnificate e una piccola quantità di sostanza ha un impatto elevato nel prodotto finale”, risponde. La valorizzazione della lignina, inoltre, genera economia circolare, trasformando uno scarto in materiali preziosi.

Enrico Costa