Armenia, il genocidio infinito

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Il genocidio che non finisce è quello del popolo armeno, un genocidio che ha visto 1 milione e mezzo di persone uccise, arresti di massa, persone fuggite in altri paesi, una tragedia spaventosa perpetrata dall’Impero ottomano tra il 1915 e il 1916 che continua a perpetuarsi come genocidio culturale, come volontà cioè di cancellare anche il ricordo dell’esistenza del popolo armeno.

Il Giorno della memoria armeno

Il 24 aprile è il Giorno istituito per ricordare il Genocidio armeno del 1915 ed in questa occasione l’'Università Ca' Foscari di Venezia ha voluto organizzare un incontro online intitolato "Armenia. Un genocidio infinito".

L'incontro si svolgerà il 22 aprile alle ore 18.00. Al dibattito, organizzato da Aldo Ferrari, docente di lingua e letteratura armena, parteciperanno la scrittrice Antonia Arslan, la cui famiglia è stata quasi interamente sterminata durante il genocidio, autrice del best seller “La masseria delle allodole”; Ugo Volli (Università di Torino) filosofo e antropologo che ha curato nel 2015, centenario del genocidio, il libro “Il genocidio infinito” da cui prende il titolo l’incontro e Giulia Lami (Università Statale di Milano)  che presenterà l’ultimo libro dello storico turco Taner Akçam.”Killing Orders. I telegrammi di Talaat Pasha e il genocidio armeno”, Guerini e Associati, Milano 2020, che dimostra l’autenticità dei documenti con i quali i Giovani Turchi ordinarono la deportazione e il massacro degli armeni e conferma  l’intenzionalità del genocidio .

Link Zoom: https://unive.zoom.us/meeting/register/

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Il genocidio culturale

Nei confronti del popolo armeno si è compiuto non solo un “genocidio fisico” che non è riconosciuto dallo stato erede di quello che l'ha perpetrato, ma si è consumato e si consuma ancora oggi una devastazione che riguarda il patrimonio culturale.

Nelle regioni storiche dell’Armenia occidentale la repubblica turca ha messo in atto una distruzione pressoché completa della memoria armena, distruggendo edifici, trasformando chiese in moschee o in stalle, trasformando le scuole armene in collegi turchi, falsificando la memoria storica.

La presenza armena è stata per esempio cancellata dalla toponomastica, laddove si sono conservati dei monumenti armeni, non si dice che sono armeni. Se si va nella capitale Ani, tutte le didascalie delle rovine di quella che è stata la maggiore città armena, non citano mai gli armeni.

La falsificazione della storia è presente anche nelle discipline scolastiche poiché in Turchia nelle scuole si studia una versione profondamente diversa da quello che è accaduto, secondo una politica di falsificazione.

La Turchia non ha mai riconosciuto il genocidio, immaginiamoci come starebbero gli Ebrei se la Germania negasse quello che ha commesso nei loro confronti. Neanche Israele, peraltro, riconosce il genocidio armeno.

Il genocidio culturale procede anche ad opera dell’Azerbaigian nella regione storicamente armena del Nakhichevan in cui sono state distrutte tutte le 85 chiese armene e 10.000 croci di pietra sono state polverizzate.

E’ dunque importante tanto ricordare dal punto di vista storico quello che è successo quanto, dal punto di vista culturale, riflettere su quello che sta accadendo ancora oggi; tanto più in una città come Venezia, che per molti aspetti è la località al mondo più importante per la diaspora armena, dove c’è ancora un monastero armeno, dove gli armeni hanno pubblicato il loro primo libro a stampa, dove esiste ancora la comunità armena, dove si insegna armeno: il contributo di diffusione della conoscenza della tragedia del genocidio armeno che può dare Venezia e con lei Ca’ Foscari è considerevole.

Ecco l'intervista ad Aldo Ferrari

Federica Ferrarin