Nobel per la chimica 2022: Click Chemistry e Chimica Bioortogonale

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Niklas Elmehed © Nobel Prize Outreach - Da sinistra: Bertozzi, Meldal, Sharpless

Non ci sono chimici, biochimici e biologi che non conoscano le caratteristiche di base della “click chemistry” e i grandi vantaggi di questa nuova strategia per connettere molecole, anche complesse, in modo semplice, efficiente, selettivo in condizioni blande in solvente acquoso. Il premio Nobel 2022 per la chimica assegnato a Barry Sharpless (The Scripps Research Institute, La Jolla California), Morten Meldal (Università di Copenhagen) e Carolyn Bertozzi (Università di Stanford) è il riconoscimento dell'importanza fondamentale di questa nuova metodologia sintetica per connettere due frammenti molecolari, anche molto complessi come biomolecole e biopolimeri. La storia della “click chemistry” non è molto lunga rispetto ad altre grandi scoperte della chimica, infatti in circa 20 anni si è passati dai primi esempi pubblicati, all'assegnazione del premio Nobel.

Nel 2001 Sharpless, premiato lo stesso anno con il Premio Nobel per la chimica per gli studi sulla catalisi asimmetrica, propose il termine “click chemistry” relativo a una serie di reazioni quasi perfette grazie a gruppi funzionali organici intrinsecamente attivi particolarmente interessanti per la realizzazione di nuove sostanze chimiche attraverso legami con formazione minima di sottoprodotto, alta efficienza atomica, alto rendimento e semplice purificazione. Nello stesso periodo Meldal osservò casualmente che in particolare una di queste reazioni, la cicloaddizione di Huisgen 1,3-dipolare tra alchini e azidi organiche che forniscono derivati 1H-[1,2,3]-triazoli, poteva essere catalizzata efficacemente da piccole quantità di sali di rame che portano selettivamente al regioisomero 1,4 in condizioni sperimentali blande. Ancora più importante, ha sottolineato la particolarità della reazione di essere insensibile alla presenza di gruppi funzionali diversi. 

Questa ortogonalità di reazione unita alla sua elevata efficienzafacilità d’usocompatibilità a numerosi solventi organici, incluso l’ambiente acquoso, e riproducibilità in condizioni di temperatura e pH diversi hanno fin da subito stimolato l’interesse per l'utilizzo di questa coniugazione per la funzionalizzazione di biomolecole presenti nei sistemi biologici complessi. Tuttavia, l'utilizzo della “click chemistry” per tali applicazioni era limitato dalla tossicità degli ioni rame per le cellule e gli organismi viventi. Era pertanto fondamentale identificare delle condizioni che evitassero l’utilizzo del rame, una sfida importante che il gruppo di ricerca di Bertozzi ha affrontato fin da subito con risultati eccellenti. È stata la stessa Bertozzi nel 2003 a coniare il temine di chimica bioortogonale (“bioorthogonal chemistry”). Per modificare selettivamente ed in condizioni fisiologiche le biomolecole presenti negli organismi viventi senza interrompere o interferire con i processi cellulari vitali circostanti, i gruppi funzionali chiave azide e alchino sono stati mantenuti ma sono stati resi intrinsecamente più reattivi per eliminare il rame garantendo al contempo un'elevata selettività, attività, resa e ortogonalità rispetto alla maggior parte delle biomolecole. 

I due concetti di “click chemistry” e “chimica bioortogonale” hanno avuto un enorme impatto in molteplici aree. Ad esempio, L'utilizzo della “click chemistry” e della “chimica bioortogonale” ha permesso la mappatura e comprensione del ruolo di biomolecole presente sulla superficie delle cellule e coinvolte nel riconoscimento cellulare e nella comunicazione intercellulare. Nel corso degli ultimi 20 anni, l’applicazione di queste metodologie ha permesso lo sviluppo di nuove bioterapie di precisione per la cura di patologie quali il cancro e i disturbi infiammatori come l'artrite. La selettività di questa reazione ha permesso lo sviluppo e messa a punto di sistemi diagnostici per l’identificazione rapida di patogeni, quali la tubercolosi.

La “click chemistry” e “chimica bioortogonale” sono state inoltre utilizzate per la progettazione di biomateriali avanzati di nuova generazione per molteplici applicazioni biomedicali quali l’ingegneria tissutale, la medicina rigenerativa, l’imaging di precisione, la terapia cellulare ed il trasporto selettivo di farmaci. Infine, queste metodologie hanno permesso lo sviluppo di nuovi erbicidi, fotostabilizzanti, ritardanti di corrosione, agenti schiarenti e molteplici materiali macromolecolari (gel, polimeri).

La storia di questo premio Nobel per la chimica insegna un paio di lezioni importanti per i chimici: è fondamentale prestare attenzione ai risultati inaspettati che a volte emergono quando si eseguono esperimenti scientifici, piuttosto che ignorarli perché non desiderati, poiché possono eventualmente portare a grandi scoperte. È inoltre fondamentale riconoscere le potenzialità di un nuovo risultato e solo con una visione interdisciplinare è possibile portare tale risultato a un grado di complessità superiore, facendo un vero passo avanti per la comunità scientifica e per l'intera umanità.

Alessandro Angelini e Alessandro Scarso, Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi