Infanzia e adolescenza ebraica a Venezia nel tempo delle leggi razziali

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Il banco vuoto, di M.T. Sega

Riportare in primo piano i diritti dell’infanzia ripercorrendo le testimonianze di chi a Venezia, fra il 1938 e il 1945, non era che un bambino o una bambina, un ragazzo o una ragazza: questo il filo conduttore del seminario Infanzia e adolescenza ebraica a Venezia nel tempo delle leggi razziali, che, concepito sotto forma di dialogo, ha reso possibile una riflessione sulla condizione umana durante gli anni della persecuzione nazifascista.  

L’incontro, in collaborazione con Ca’ Foscari Alumni, si è tenuto il 25 gennaio 2019 presso Ca’ Foscari Zattere - Cultural Flow Zone in occasione dell’imminente Giorno della Memoria e in concomitanza con il 30° Anniversario della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

Ospite e protagonista la studiosa Maria Teresa Sega, presidente dell’associazione rEsistenze – memoria e storia delle donne in Veneto - , ricercatrice dell’Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della
Società contemporanea
(IVESER) e autrice del libro Il banco vuoto (Cierre Editore).

Preziosi gli interventi della professoressa Sara De Vido, docente di Diritto internazionale dell’Università Ca’ Foscari, curatrice del programma e Delegata del Rettore per il Giorno della Memoria. L’iniziativa ha visto la collaborazione del Consiglio d’Europa - Ufficio di Venezia, dell'Associazione Figli della Shoah e di alcuni studenti stagisti dell’Ateneo che si sono occupati della cura della mostra L’infanzia rubata.

Maria Teresa Sega ha instaurato un dialogo con il pubblico, rendendolo partecipe di una conversazione non semplice, trattandosi di una delle pagine più tetre della storia italiana. Il 1938 è infatti l’anno dei turbamenti emotivi causati dalla promulgazione delle leggi razziali, che da un giorno all’altro hanno procurato una ferita indelebile nella vita di piccoli e adulti.  

Racconti, testimonianze, vite, memorie. In prima persona e dando valore alla soggettività: ne Il banco vuoto sono riportati nomi e cognomi di bambine e bambini colti nella loro normalità sospesa. All’autrice sta a cuore dare volto a queste testimonianze e di qui la scelta di una linea narrativa che sia coinvolgente e ricca di inserti fotografici, pur restando una pubblicazione fondata su una ricerca storiografica accurata e professionale.

Maria Teresa Sega ha infatti intervistato testimoni e consultato fonti d’archivio di scuole elementari veneziane e della comunità ebraica. Così ritroviamo sulle pagelle delle piccole vittime dell’Olocausto i timbri rossi che indicavano l’appartenenza alla "razza ebraica". Colpisce in particolare una annotazione su un registro che cita: “Elena Sereni uscita da scuola perché di razza ebraica, ripresa perché figlia di madre cristiana e battezzata prima di ottobre 1938”, sintomo in poche righe della burocratizzazione del male e di una legge tanto efferata quanto drammaticamente normalizzata e condivisa.

Il banco vuoto era quello di Alba Finzi, studentessa cacciata dalla sua scuola in seguito all’applicazione delle leggi razziali. Ada, compagna di scuola di Alba, decise che quel banco non sarebbe stato mai occupato da qualcun altro. Il banco vuoto è perciò il simbolo dell’assenza che prepotentemente si impone come presenza. Banchi vuoti diventano così quelli delle sorelle Bucci, dei fratelli Sereni e di tutti i bambini ai quali venne strappato il diritto all’infanzia.

L’esposizione Shoah: l’infanzia rubata illustra tramite pannelli esplicativi la negazione dei diritti fondamentali dei bambini ebrei: dal diritto al gioco fino al diritto alla vita, senza dimenticare la dignità, la salute, l’identità, l’istruzione, la libertà, la tutela. Si contrappongono a tale dramma i pannelli dedicati invece all’azione mirabile e visionaria del pedagogo ed educatore polacco Janusz Korczak. Korczak, come raccontato dal film dedicato alla sua figura, si fece protettore dei bambini del suo orfanotrofio a Varsavia, tanto da divenire l’ispiratore dell’attuale Convenzione ONU sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Isabella Marrone, studentessa cafoscarina e stagista coinvolta nella mostra, ha guidato i partecipanti nella mostra.

“Come ci saremmo comportati noi?” per Maria Teresa Sega non è questa la domanda da porsi: piuttosto è lecito chiedersi come garantire oggi gli strumenti per evitare il pericolo di una nuova colonizzazione delle coscienze. Per continuare a tutelare i diritti dei più piccoli e per far sì che nessuno più conosca l’angoscia del banco vuoto.



A cura di Valeria Vavalà