Verso Incroci: Diego Marani, scrittore e linguista nella commissione UE

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Diego Marani

L’Italia è in fondo un paese multilingue. La consapevolezza di ciò è il punto di partenza per provare curiosità nei confronti di altre lingue. Così parla Diego Marani, inventore dell’Europanto. Scrittore e glottoteta, Marani è un funzionario della Commissione europea dove si  è occupato a lungo di multilinguismo. Oggi  è incaricato della diplomazia culturale nel Servizio europeo di azione esterna. Intervistato dalla redazione di CafoscariNEWS, sarà ospite di Verso Incroci il 28 marzo 2019 alle ore 18:00 presso il Salone del Palazzo dei Trecento in Piazza Indipendenza a Treviso.

Con più di 40 lingue insegnate, a Ca’ Foscari lo studio di lingue, civiltà e culture straniere è colonna portante dell’offerta di Ateneo. Quanto e come incentivare i giovani nello studio delle lingue?

In quanto appassionato di lingue, faccio fatica a comprendere un giovane che non abbia questa curiosità, soprattutto in un mondo come quello di oggi in cui tutto è accessibile.
Ai tempi in cui io ero studente, la conoscenza della lingua era una specializzazione che apriva la strada a dei mestieri specifici. Oggi ciò non corrisponde più a realtà: le lingue sono sempre più importanti rispetto al passato, non però come mestieri specifici ma come competenze per esercitarne altri.
Sapere le lingue oggi è quel che cento anni fa si chiamava leggere, scrivere e far di conto: ovvero è la materia prima per una persona che voglia entrare nel mercato del lavoro.
Quanto al modo di attirare studenti verso lo studio delle lingue, una possibilità sarebbe rendere visibile la varietà linguistica del nostro paese. Penso ai dialetti, alle lingue regionali e locali. Non vanno perdute ma vanno usate dove servono, non in modo esclusivo ma aperto. Fare chiarezza sul ruolo che queste lingue hanno nella civiltà italiana sarebbe già un primo passo per giungere alla consapevolezza che l’Italia è in fondo un paese multilingue. È questo il punto di partenza per nutrire curiosità nei confronti delle altre lingue.

Lei si è occupato di multilinguismo alla Commissione europea. Qual è la situazione dell'Europa su questo fronte, che differenze rileva tra i paesi?

Generalmente il multilinguismo è diffuso e apprezzato nei paesi piccoli, quindi dove le frontiere sono vicine. È inevitabile essere attirati da grandi culture quando le si ha accanto.  L’Olanda, il Belgio, il Lussemburgo e il Portogallo sono solo alcuni esempi. Lo stesso accade nelle zone di frontiera. Il fenomeno riguarda molto meno i grandi paesi: chi vive al centro della Francia o della Germania è inevitabilmente meno esposto alla varietà linguistica. Quindi direi che l’atteggiamento è più aperto da parte dei paesi piccoli o dalle lingue poco diffuse, come anche paesi dell’est-europeo. Chi invece fa parte di un grande paese e di una grande cultura, a meno che non sia esposto per altri motivi alla varietà linguistica, è meno attirato e meno interessato.

Perchè ha creato l'Europanto?

È nato come un gioco, una provocazione. A Bruxelles c’è un bilinguismo un po’ assurdo perchè la città è massicciamente francofona, ma per via della struttura federale del Belgio, anche il nederlandese è lingua ufficiale. Ci sono casi in cui l’esasperazione  per  bilinguismo diventa ridicola: ad esempio nei cartelli stradali.  Non c’è bisogno di due cartelli Centrum e Centre per indicare da dove si va in centro! Notando questa esasperazione, mi è venuto in mente di mescolare il francese ed il nederlandese. Ho poi aggiunto anche un po’ di italiano e il gioco è diventato contagioso, perchè era semplice inserire altre lingue.

Come reputa l'ampio utilizzo di 'anglicismi', nella lingua parlata e nella scritta - soprattutto quella corta e veloce dei social? Potrebbe portarci a comunicare in una specie di lingua-mista che per esempio in India è stato definito 'Hindish'?

È sempre difficile immaginare una evoluzione linguistica, perchè essa si compie in un arco di tempo molto lungo, più lungo delle nostre vite. Nonostante questo, non siamo dinanzi a nulla di nuovo: le lingue si sono sempre mescolate. Oggi non riconosciamo più come straniere tante parole che nei secoli sono entrate a far parte della nostra lingua.
L’italiano ha sempre subito una sorta di esterofilia, ma ciò non ha mai danneggiato nè indebolito la nostra lingua. Ci siamo appropriati di parole straniere, le abbiamo italianizzate, rendendole concetti italiani. Questo credo sia un indice di come considerare gli anglicismi: quelli più efficaci durano e si italianizzano. Quelli meno efficaci scompaiono. Lo trovo un fenomeno assolutamente normale.
L’inglese, o il finto inglese, svolge anche un ruolo sociale in Italia. Chi usa questi anglicismi si pretende appartenente ad una parte della società più moderna, quella che conta, per così dire. Molto spesso quelli che parlano dicendo che fanno un report o partecipano ad un panel, potrebbero benissimo usare parole italiane! Ma parlare in questo modo gli fa credere di appartenere ad  una comunità superiore. Ed ecco che il modo di parlare con questo finto inglese ha una funzione sociale, diversa rispetto a quella linguistica.

Una domanda sulla sua partecipazione al festival: a Incroci di Civiltà dialogano lingue e culture diverse, nel 'nome' dei libri. Anche queste iniziative sono una promozione efficace del multilinguismo?

Queste iniziative sono senz’altro importanti perchè riuniscono persone che non necessariamente si frequentano e si parlano. Ma per la diffusione del multilinguismo ciò non basta. Quello che funziona è il lavoro quotidiano e sistematico, innanzitutto nella scuola. Serve per abbattere i pregiudizi sulle lingue, sulla diversità linguistica, sulla capacità di essere multilingui.
In Italia sono diffusi dei preconcetti culturali: abbiamo nei confronti della lingua una riverenza quasi ideologica, che ci spinge a vedere l’errore come una bestemmia. Dovremmo invece abituarci ad immaginare le lingue come strumenti musicali. Si può strimpellare una chitarra senza suonarla alla perfezione. Allo stesso modo si può strimpellare il tedesco: ovvero riuscire a comunicare senza conoscerlo alla perfezione! Poi invece si può suonare alla perfezione lo spagnolo e tenere dei concerti. Oppure per un periodo si può provare a suonare l’inglese e poi smettere. Ecco questo dovrebbe essere il modo sano di praticare il multilinguismo! Immaginare anche uno studio temporaneo di una lingua, che duri il tempo di un viaggio o di un periodo di soggiorno all’estero, dando importanza alla comunicazione orale.
Eventi come questi d’altra parte sono importanti per incontrare gente e mandare messaggi forti, ma non devono rimanere isolati.

A cura di Valeria Vavalà