#edizioniCF: Remembering Andrej Tarkovskij

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Andrej Tarkovskij

“Poeta estensore del cinema spirituale: non solo un potente e rigoroso regista cinematografico, ma anche originale innovatore e raffinato artista della crisi della storia della cultura dell’Occidente nel Novecento. Che anticipa profeticamente quella del presente secolo.”
La descrizione di Fabrizio Borin e Davide Giurlando introduce accuratamente una fra le figure più emblematiche ed innovatrici del cinema del Novecento: Andrej Tarkovskij, regista russo, maestro e visionario del linguaggio cinematografico, nonchè interprete dei sentimenti e delle ferite psicologiche – e pertanto indelebili -  causate dalla guerra e che ineluttabilmente attraversarono il secolo breve . "Remembering Andrej Tarkovskij. Un poeta del sogno e dell’immagine, edito da Edizioni Ca’ Foscari, è il volume inaugurale della collana La prospettiva rovesciata e raccoglie gli atti del Convegno internazionale Remembering Tarkovskij tenutosi nel 2012 che volle celebrare gli ottant’anni dalla nascita del regista.

Gli atti raccolti dalla collana, spiega la direttrice Silvia Burini, sono frutto dei convegni, dei congressi e delle iniziative promossi, all’interno di Ca’ Foscari, dallo CSAR (Centro Studi sulle Arti della Russia), appositamente costituito nel 2011 da Ca’ Foscari e dalla Direzione dei programmi internazionali, con il sostegno dei Ministeri della Cultura e degli Esteri della Federazione Russa. Una collaborazione unica, caratterizzata da partnership internazionali, che si fa carico della diffusione e valorizzazione del patrimonio culturale russo, sviscerando i fenomeni artistici e culturali che hanno percorso la storia del Paese, e intensificando l’indagine in ambito prettamente cinematografico, musicale e teatrale.
Inoltre il volume completa il progetto Tarkovskiana – promosso da Università Ca’ Foscari, dallo CSAR e dal Circuito Cinema del Comune di Venezia.


Tale esperienza di ricerca è perciò il frutto di un solido percorso che vanta in realtà molteplici e fecondi incroci culturali fra arte russa e la città di Venezia - fra i quali l’importante festival di cinema russo Ruskino del nostro Ateneo - oltre che fra personalità di spicco del Novecento. Contaminazioni riuscite che trovano spazio all’interno del volume.
E così Valerij Sirovskij racconta della “prima volta di Tarkovskij a Venezia”, ovvero di come nel 1962 la proiezione del film “L’infanzia di Ivan” del giovane regista fu favorevolmente accolta durante la Mostra del Cinema di Venezia. Il racconto degli aneddoti di Andrej e dell’interprete Valerij Sirovskij legati all’esperienza del festival delineano la sensibilità ed il senso di libertà propri dell’artista, al quale proprio in quell’anno fu conferito il Leone d’oro della 23ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.

Essenziale è inoltre il connubio artistico che testimonia il dialogo a distanza fra l’opera del regista e quella del compositore veneziano Luigi Nono, musicista del ventesimo secolo che ha guardato con interesse al cinema di Tarkovskij – nello specifico al film Offret/Il Sacrificio - e che dedicò la sua ultima opera proprio al regista russo (No hay caminos hay que caminar... Andrej Tarkovskij, 1987).

La vicinanza tematica e di nessi filosofici delle loro opere, introdotta nel saggio di Roberto CalabrettoLa musica secondo Andrej Tarkovskij”, è tema fondamentale approfondito da Michele Sganga nel saggio “Nono con Tarkovskij”: un segno e un sogno di felicità.
Le affinità elettive fra i due artisti sono riconducibili ad un lungo seguito di istanze che vanno dalla condizione dell’esule perseguitato del regista russo al suo essere testimonianza «di nuove soluzioni e nuovi orizzonti». Roberto Calabretto illustra varie adiacenze che allacciano la poetica tarkovskijana a quella del compositore veneziano, mentre Michele Sganga insiste sul concetto dell’ottica della dualità, per cui Nono cessa di tradurre Tarkovskij e, consumatasi la metafora con Il Sacrificio, nelle rispettive opere esiste un orizzonte poetico parimenti intenso ed evocativo. È Nono a ritrovare infatti in Il Sacrificio un riflesso della poetica che già indipendentemente aveva sviluppato, un’entusiasmante conferma dell’unità di intenti con Tarkovskij.

I contributi di area musicale non si esauriscono qui. Il dialogo con Luigi Nono è uno dei temi che compongono la sezione con i contributi di area musicale, imprescindibile per poter cogliere la sensibilità artistica del regista, che ad esempio concepì Offret con una doppia partitura: sonora e visiva.

Sperimentazioni, avanguardia, nuovi orizzonti: il tutto sorretto da una acutezza tale che aprì al regista la strada per letture della realtà, della natura e della temporalità che fossero intrinsecamente poetiche.
"Remembering Andrej Tarkovskij. Un poeta del sogno e dell’immagine” è un volume che offre un variegato mosaico di intense suggestioni e sollecitazioni intellettuali, ed una panoramica sulla poetica e sull’estetica del regista che si rivela esauriente e stimolante. Oltre ai già citati Michele Sganga e Roberto Calabretto, infatti, Davide Giurlando ripercorre il culto della guerra nel cinema russo-sovietico, Umberto Fasolato affronta le problematiche diaristiche concernenti il film Lo specchio mentre Elisabetta Brusa si muove nella sfera teatrale descrivendo le fasi dell’allestimento dell’opera lirica Boris Godunov che vide la collaborazione con il maestro Claudio Abbado. Ed ancora vi sono i saggi di Luca Bottone su Tarkovskij ispiratore di contaminazioni cine/videomusicali, di Simonetta Salvestroni sull’immaginario onirico, di Marina Pellanda con la sua novità di un bestiario tarkovskiano, di Cinzia Cimalando che opera un raffronto su scenari apocalittici portando in esame Il Sacrificio di Tarkovskij e Testimonianza di un essere vivente di Akira Kurosawa. Sancisce la consclusione del volume l’elenco di venti oggetti tarkovskiani tramite cui Fabrizio Borin esplica la poetica della spiritualità nell’opera del regista. Ed è proprio tale spiritualità a permettere a chi gode dell’arte cinematografica del maestro russo di ritrovare se stesso e di predisporsi all’ascolto della voce della natura in un mondo che facilita piuttosto un continuo smarrimento.

A cura di Valeria Vavalà