Intervista al prof. Aldo Ferrari sugli scontri nel Nagorno-Karabakh

condividi
condividi

Dalla fine di settembre infuriano scontri armati tra gli eserciti armeno e azero lungo la linea di contatto del Nagorno-Karabakh, regione contesa tra Armenia e Azerbaigian sin dal 1991. La tregua, iniziata, sabato 10 ottobre, fatica a consolidarsi.

Pur essendo all’interno dei confini territoriali dell’Azerbaigian, la regione è di fatto una repubblica autonoma, con una popolazione a grande maggioranza armena, mai riconosciuta dalla comunità internazionale.

Il conflitto in corso è però il più grave esploso dal 1994, ovvero da quando Armenia e Azerbaigian hanno sospeso le ostilità in base all'accordo di Bishkek, raggiunto con la mediazione di Mosca.

Si stanno scontrando due popoli, Azeri e Armeni, ma anche due principi di diritto internazionale: il diritto all’autodeterminazione dei popoli, che dà ragione agli Armeni del Karabakh, e il principio di integrità territoriale degli stati, che dà ragione all’Azerbaiagian”, ci ha spiegato in un’intervista a Radio Ca’ Foscari il prof. Aldo Ferrari, docente cafoscarino di Storia del Caucaso e dell’Asia centrale e direttore del Programma di Ricerca su Russia, Caucaso e Asia Centrale dell’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale).

Gli scontri in corso condizionano anche gli equilibri del sistema politico internazionale, per il quale questo conflitto è diventato davvero minaccioso. Ma cosa sta succedendo in questa montuosa zona del Caucaso? Qual è il ruolo di Turchia e Russia? Quale potrebbe essere una soluzione a lungo termine?

Ascolta l’intervista integrale al prof. Ferrari:

Federica Scotellaro