Vite in transito, la crisi umanitaria dei migranti al confine con i Balcani

condividi
condividi
Novembre 2018. Alcuni migranti dal Pakistan preparano il naan, pane tipico, nell’edificio Borići, uno studentato abbandonato in cui centinaia di migranti vivevano in condizioni precarie. Foto di Federico Scoppa

Con l’evento Vite in Transito nei Balcani, in programma il 10 marzo su Zoom alle ore 15:00,  Ca’ Foscari vuole dare spazio al dibattito sulla crisi umanitaria che sta investendo i territori della ex Jugoslavia e in particolare della Bosnia-Erzegovina, Paese in cui i migranti provenienti in gran parte da Afghanistan, Pakistan, Siria, Iraq, e Iran trovano le porte sbarrate all’ingresso in Croazia, territorio UE.

Ca’ Foscari, con l’Archivio Scritture Scrittrici Migranti, contribuisce al dibattito su questa crisi umanitaria nella tavola rotonda Vite in Transito nei Balcani, aperta a tutta la comunità cafoscarina e a cura della ricercatrice Marija Bradaš.

L’incontro tratterà il tema del transito delle persone nei Balcani da diversi punti di vista. Tra gli ospiti ci sarà Federico Scoppa, fotografo giornalista che negli ultimi dieci anni ha viaggiato in Europa, dalla Grecia al Regno Unito, per documentare le condizioni in cui si trovano le persone migranti, e il cui progetto sulla crisi umanitaria in Bosnia-Erzegovina è il risultato di una settimana trascorsa prevalentemente a Bihać. Gli altri ospiti saranno Chiara Milan, ricercatrice presso la Scuola Normale Superiore, Massimo Moratti, vice direttore dell’ufficio Europeo di Amnesty International, e la scrittrice e traduttrice italo-bosniaca Elvira Mujčić. A moderare la tavola sarà la ricercatrice Francesca Rolandi.

L’epicentro dell’attuale crisi migratoria nei Balcani è nel cantone Una-Sana, nel nord-ovest del Paese, nei pressi di Bihać, cittadina a pochi chilometri dal confine con la Croazia, territorio UE. La rotta migratoria si è spostata verso Bihać a partire dalla primavera 2018, quando la percorrenza delle rotte esistenti è diventata più difficile e rischiosa a causa della chiusura dei confini. Migliaia di persone si trovano nei campi di accoglienza bosniaci, soprattutto in quelli del cantone Una-Sana, ma anche al di fuori.

Il campo di emergenza Lipa è rimbalzato sui media internazionali anche in seguito ad un incendio che l’ha parzialmente distrutto lo scorso 23 dicembre. A Lipa, a 25 km da Bihać, dal mese di aprile 2020 i migranti hanno vissuto all’aperto, senza acqua né elettricità, e con l’arrivo del freddo hanno dovuto accendere fuochi, oppure cercare riparo altrove in edifici abbandonati per affrontare il gelo invernale. L’incendio del campo di Lipa ha attirato l’attenzione internazionale sulla situazione di queste persone, lasciate in condizioni estremamente precarie in pieno inverno. Il 30 dicembre è stato deciso che il campo Lipa diventerà un centro d’accoglienza ufficiale a partire dalla primavera 2021.

La situazione già insostenibile del campo di emergenza Lipa si era aggravata a settembre 2020 in seguito alla chiusura forzata voluta dalle autorità del cantone di Una-Sana dell’edificio Bira, una ex fabbrica di elettrodomestici nella città di Bihać. Nell’ottobre 2018 l’edificio era stato convertito in un centro di accoglienza temporaneo gestito dall’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) e ospitava centinaia di persone, molte delle quali, alla chiusura del rifugio, erano state dirottate al campo di emergenza di Lipa, già sovrappopolato.

In un post su Twitter, la Commissaria europea per gli Affari Interni Ylva Johannson, in sopralluogo a Lipa il 18 febbraio 2021, ha sottolineato che c’è ancora molto da fare. Infatti, la crisi umanitaria in Bosnia-Erzegovina ha evidenziato la necessità di collaborazione internazionale e locale per creare degli spazi adeguati ad ospitare le persone migranti.

All’inizio della crisi migratoria nella zona di Bihać centinaia di persone avevano cercato riparo in un ex studentato abbandonato da anni, Borići. L’edificio è stato rinnovato e riaperto dall’OIM a dicembre 2018 e attualmente il centro di accoglienza temporaneo Borići ospita famiglie con bambini e persone particolarmente vulnerabili.

Eppure, poco più di un mese fa, Save the Children denunciava la presenza in Bosnia-Erzegovina di numerosi minori non accompagnati che, come gli altri migranti, si trovano in condizioni precarie, in pieno inverno, non solo in centri di accoglienza ma anche in edifici occupati, senza assistenza né protezione adeguata.

Federico Scoppa, che ha già collaborato con Ca’ Foscari nell’ambito di un progetto sulla deurbanizzazione di Detroit (USA), auspica che la tavola rotonda rappresenti un’occasione per dare una testimonianza personale di ciò con cui è stato direttamente in contatto e che vuole raccontare attraverso le proprie fotografie. Tra i suoi prossimi progetti intende documentare anche le condizioni di vita dei migranti che si trovano al confine italiano per varcare il confine con la Francia.

Joangela Ceccon