Studenti archeosub esplorano un carico romano

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Si è concluso lo scavo del relitto romano di Capo Granitola (comune di Campobello di Mazara), un carico di blocchi di marmo affondato a meno di duecento metri dalla spiaggia. I lavori sono stati condotti da un team di oltre dieci sommozzatori, soprattutto studenti di Ca’ Foscari, coordinati dal docente di archeologia marittima Carlo Beltrame, del Dipartimento di Studi Umanistici, in collaborazione con Nicolò Bruno della Soprintendenza del Mare di Palermo.

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La missione, finanziata dall’ateneo, si inserisce nel progetto Le vie del marmo, finalizzato alla conoscenza delle rotte e dei sistemi di trasporto del marmo in età romana, che ha già previsto indagini subacquee sui relitti di Secca di Capo Bianco, Punta Scifo, Marzamemi e Isola delle Correnti, situati in Calabria e Sicilia.

Si è trattato della seconda campagna sul relitto. La prima, nel settembre 2014, aveva permesso il campionamento di gran parte dei blocchi di marmo ed una prima documentazione fotogrammetrica 3D condotta in collaborazione con un team dello IUAV coordinato da Francesco Guerra. Con la campagna di quest’anno è stata completata la documentazione del sito e sono stati recuperati manufatti in marmo di piccole dimensioni che saranno oggetto di analisi nei laboratori LAMA dello IUAV. Nello scavo è stata impiegata la sorbona, strumento impiegato dagli archeologi marittimi per scavare e recuperare reperti.

Grazie ai campionamenti precedenti, Lorenzo Lazzarini, già responsabile del LAMA, ha identificato gran parte dei blocchi come marmo proconnesio estratto dalle cave dell’isola di Marmara. Il riconoscimento di altre tipologie di marmi sta però mettendo in discussione la prima ipotesi sulla rotta della nave che la vedeva provenire direttamente dalla Turchia.

Secondo le ultime ricerche, il carico, datato preliminarmente al 3° secolo d.C., avrebbe un tonnellaggio minimo di 140 tonnellate. Assieme a blocchi squadrati, che arrivano ad oltre 12 tonnellate di peso, in parte ancora allineati come erano disposti a bordo della nave, sono presenti tre podi, sempre di proconnesio.

La bassa profondità del giacimento ha permesso di ospitare nello scavo studenti di archeologia anche alla prima esperienza offrendo loro una rara occasione, in Italia, per formarsi in questo particolare settore dell’archeologia.