Tradurre le lingue orientali. 80 studiosi internazionali a confronto

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Nel maggio del 2017, al forum sulla Via della Seta, il Presidente della Repubblica popolare cinese Xi Jinping recitò nel suo discorso ufficiale un antico detto che riguardava ‘pesche e prugne’. Ma qualcuno - fuori dalla Cina - l’ha davvero capito?

I rischi della traduzione, in particolare per le lingue orientali, saranno affrontati durante il convegno internazionale EATS3 The Third East Asian Translation Studies Conference, dal titolo “From the Local to the Global and Back. Translation as a Construction of Plural and Dialogic Identities of East Asia”. A Ca’ Dolfin dal 28 al 30 giugno 2019 si riuniranno un’ottantina di specialisti da tutto il mondo, interessati alla traduzione delle lingue cinese, giapponese, coreano e del sudest asiatico.

Tra i keynote speakers figura Anthony Pym, dell’Università di Melbourne, che attraverso i discorsi già citato del leader cinese analizzerà come la Cina stia investendo enormi risorse nella promozione della propria lingua, cultura e visione del mondo, concentrandosi meno sul reale significato che arriva all’Occidente dalle sue traduzioni. Luise Von-Flotow, studiosa di traduzione femminista dell’Università di Ottawa, interverrà invece sulle tematiche legate a traduzione e gender studies mentre Giorgio Amitrano, dell’orientale di Napoli, discuterà della sottile tensione che lega forma e significato nelle traduzioni dal giapponese.

Il meeting è organizzato dal dipartimento di studi sull’Asia e sull’Africa contemporanea (DSAAM), in particolare dal Laboratorio sulla Traduzione delle lingue “Orientali”. Fondato nel 2008, il gruppo di ricerca lavora sui temi principali legati alle lingue e alle culture non europee (ed euro-asiatiche), nonché sulla relazione che queste intrattengono con la nostra cultura nel mondo contemporaneo e nella storia.
Un approccio, quindi, che non si limita a studiare ciò che le lingue esprimono – cultura, testi, autori – ma che indaga come questi elementi vengano trasmessi da una lingua all’altra, nel tentativo di far luce sulla natura spesso asimmetrica dell’interazione culturale.

“La traduzione come disciplina di scambi e relazioni ma anche come forma di apertura di pensiero è una pratica che da sempre lega Venezia all’Oriente – ricorda Nicoletta Pesaro, docente cafoscarina di lingua cinese e direttrice del Laboratorio.- Qui infatti sorsero le prime scuole per interpreti e traduttori (turco e arabo) già nel Cinquecento e tra i primi settori di insegnamento avviati dalla neonata Ca’ Foscari nel 1868 c’era il giapponese. D’altronde non solo il commercio, ma anche il prestigio di una nazione e di una cultura passano attraverso dinamiche fondamentali di traduzione, come sostiene la studiosa francese recentemente scomparsa, Pascale Casanova, nel suo La Republique mondiale des lettres (1999). La traduzione nelle lingue più diffuse “consacra” la letteratura di un Paese e quindi ne eleva il prestigio a livello mondiale”.

Professoressa, ci può parlare dei translation studies cafoscarini?

I translation studies sono una disciplina di ricerca in grande sviluppo a livello internazionale. La sfida nella traduzione da e verso le lingue orientali consiste nel saper mediare tra culture profondamente diverse e antiche, la cui complessità non deve essere banalizzata e annullata in traduzione, bensì spiegata e valorizzata, soprattutto in un‘epoca come la nostra in cui globalizzazione spesso rima con omologazione. Lo studio della traduzione contribuisce infatti ad elaborare in maniera sottile e scientifica le strategie traduttive e interpretative più adeguate per offrire al lettore la possibilità di comprendere l’Altro cogliendone le affinità con la propria cultura, senza annullarne ma anzi apprezzandone le differenze.
La specificità sta nell’aver coltivato e approfondito in questi anni la prospettiva “orientale” della disciplina proprio a Ca’ Foscari, grazie all’esistenza del dipartimento di lingue asiatiche e dell’Africa mediterranea più grande e articolato d’Italia, con una posizione di rilievo anche a livello europeo e internazionale. Non solo spazia attraverso numerose lingue e culture, dall’ebraico al coreano, ma unisce e integra anche approcci diversi alla traduzione: dalla teoria e dalla ricerca accademica alla pratica della traduzione letteraria. Molti docenti del DSAAM infatti hanno tradotto alcuni tra i più importanti scrittori e opere del patrimonio asiatico o del Nordafrica, antico e moderno. Dalle opere del pensiero della Cina pre-classica e il Corano, dagli antichi poeti persiani, ai romanzieri cinesi, giapponesi, turchi, armeni, iraniani ecc. di oggi. Per questo contribuiscono ogni anno al festival letterario di Ca’ Foscari Incroci di Civiltà”.

Lei insegna cinese. Qual è la posizione della Cina sulle traduzioni?

Recentemente la Cina, ormai indiscussa  potenza economica, in cerca di un maggior appeal anche a livello culturale, ha promosso la traduzione e gli studi sulla traduzione con grandi investimenti e incentivi per la resa delle proprie opere letterarie nelle maggiori lingue europee. Il desiderio di far conoscere e apprezzare il proprio ricco patrimonio letterario ma anche le ultime opere di narrativa e poesia contemporanee è parte integrante della politica di “softpower” lanciata in questi anni. I progetti finanziati a questo scopo dal Ministero dell’Istruzione cinese si moltiplicano. Ca’ Foscari è stata una delle prime università al mondo a ospitare il programma di residenza di scrittori cinesi, con il sostegno dell’Istituto Confucio locale. Già due autori cinesi, Ye Zhaoyan e Su Tong, hanno vissuto un mese nella città lagunare incontrando studenti, lettori e traduttori. Ca’ Foscari non è stata scelta a caso dagli ideatori del progetto: tra i docenti del DSAAM infatti si concentrano molti traduttori di letteratura cinese sia classica sia moderna e contemporanea. I romanzi e le poesie sono dunque i percorsi più impalpabili e immateriali di una lunga “via della seta culturale” che dall’Asia giunge in Italia e in Europa, una rotta di mediazione e comprensione che oggi rende sempre più importante la traduzione accrescendo al contempo la responsabilità dei traduttori.

La traduzione a Ca’ Foscari, tra didattica e ricerca

Nell’ambito della traduzione, Ca’ Foscari offre un corso di laurea magistrale in Interpretariato e traduzione editoriale, settoriale. Il corso, con sede a Treviso, da circa quindici anni forma traduttori e interpreti nelle combinazioni cinese-italiano e – unico in Italia – cinese-inglese. Dal prossimo anno verrà riaperto anche il curriculum inglese-spagnolo, realizzando un’interessante sinergia tra il cinese e le lingue europee più parlate al mondo. Un recente studio del Sistema Informativo Excelsior ha rilevato che “I laureati più difficili da trovare sono, forse inaspettatamente, quelli a indirizzo linguistico, dato che le imprese riescono a trovarne solo la metà” (2017). Il corso cafoscarino indirizza studentesse e studenti alla professione del traduttore/interprete tenendo conto della complessità del mondo lavorativo di oggi, basandosi su un modello di insegnamento integrato fra traduzione scritta e orale, con un’ottica di mediazione anche sociale e culturale, competenze spendibili in Italia e all’estero, presso aziende ed agenzie. Si auspica che altre lingue asiatiche possano in futuro arricchire il percorso di studi.

Il Laboratorio sulla Traduzione delle lingue “Orientali” (dell’Asia e dell’Africa mediterranea) organizza regolarmente eventi dedicati ai temi di interesse; sostiene le pubblicazioni nel campo dei translation studies e promuove le traduzioni attraverso la collana Translating Wor(l)ds di Edizioni Ca’ Foscari che ha già pubblicato due volumi sulla letteratura cinese e la globalizzazione (2017) e sui rapporti tra traduzione e intertestualità (2018). Attraverso incontri con scrittori, editori e traduttori, mira a esplorare l’interazione culturale e sociale in atto nella pratica traduttiva a tutti i livelli, proponendo nuovi filoni di ricerca e di riflessione e fornendo un repertorio di informazioni, conoscenza ed esperienze.

Tra le più recenti tendenze, oggetto di ricerca nel DSAAM, figurano la multimedialità, le applicazioni per l’interpretazione a distanza e con uso dell’intelligenza artificiale, una varietà di software per la traduzione assistita. Inoltre, al tradizionale approccio linguistico, si affiancano oggi gli studi di traduzione e gender studies, l’approccio cognitivo e quello sociologico. Il DSAAM, infine, coniuga la ricerca sulla traduzione con gli studi sulla migrazione e sulla diaspora, oggetto di molteplici approfondimenti e incontri, anche grazie al recente ciclo di seminari Orienti Migranti.

Federica SCOTELLARO