A caccia di Marie Curie in giro per il mondo

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Matteo Legrenzi - ph. Laura Kauppila

Due settimane fa si è riaperto il bando per le prestigiose Marie Skłodowska-Curie individual fellowship di cui Ca’ Foscari detiene il record in Italia come host institution e si piazza al quarto posto in Europa. Quali le ragioni di questo successo e soprattutto quali consigli per i giovani studiosi che desiderano fare domanda per queste prestigiose fellowship? Ne parliamo con il Professor Matteo Legrenzi, docente di scienza politica e relazioni internazionali che ricopre il ruolo di supervisor in ben 8 fellowship, sette Global ed una Europe. 

Innanzi tutto va detto che il “segreto” di Ca’ Foscari sta in uno straordinario team di research facilitators che ci viene invidiato nel resto d’Europa - spiega Legrenzi. - Le domande di finanziamento vanno infatti strutturate in modo meticoloso e mentre è importante che studiosi mettano sul tavolo un eccellente progetto scientifico è altresì importante che le parti della domanda che hanno a che fare con aspetti organizzativi e gestionali siano altrettanto curate. Da questo punto di vista il contributo dei research officer a livello di Ateneo e di Dipartimento è fondamentale e a Ca’ Foscari siamo fortunatissimi per la gran qualità del personale preposto a questo compito. 

In cosa consiste il ruolo del supervisor? 

Il ruolo del supervisor è impegnativo ma riserva grandi soddisfazioni. Egli è fondamentale nell’aiutare chi fa domanda, che è spesso ma non necessariamente un collega più giovane, a stilare il progetto e poi, in caso di vittoria, nella gestione del progetto e nella disseminazione dei risultati. La mobilità internazionale è fondamentale per supervisor e supervisee, questo è riconosciuto e ribadito dalla Commissione Europea, così come da altri enti finanziatori, regionali, nazionali ed internazionali. Insomma, sorrido quando sento dire che un docente o uno studente viaggiano troppo, siamo parte di una comunità epistemica globale nella quale dobbiamo integrarci il più possibile. 

Quali sono alcuni consigli pratici per chi volesse presentare un progetto di Marie Skłodowska-Curie o ottenere finanziamenti come quelli ottenuti dalla Gulf Research Foundation e dalla Luce Foundation? 

Per quanto riguarda le azioni Marie Skłodowska-Curie Global è fondamentale assicurarsi il prima possibile l’impegno a collaborare da parte dell’istituzione extra-europea. Si tratta di solito di una pratica assai più lunga di quanto si possa prevedere anche in presenza della volontà da parte di colleghe e colleghi stranieri di ricoprire il ruolo di supervisor. Questo perché la letter of commitment è stilata in un gergo “europeo” che è di difficile comprensione per chi ricopre ruoli dirigenziali (Chair, Dean, Office of Sponsored Research) ma che in Europa non risiede. Nel nostro caso ci abbiamo messo sempre tra i due e i tre mesi anche con istituzioni quali Harvard, Stanford, Duke e l’Università Americana di Beirut, che pur con l’Europa hanno spesso a che fare, per arrivare ad avere la letter of commitment. Quindi desidero sottolineare l’importanza di darsi da fare fin da subito su questo fronte. Per quanto riguarda i finanziamenti diretti da parte di prestigiose fondazioni internazionali rimane l’importanza della mobilità ma va anche aggiunta la necessità di farsi trovare pronti dal punto di vista amministrativo e gestionale, in altre parole bisogna ricordarsi che deve essere Ca’ Foscari ad adeguarsi al mondo, non sarà certo il mondo ad adeguarsi a Ca’ Foscari. Questo è vero per i finanziamenti ma anche per i double degree, i visiting professor e gli scambi internazionali. 

Quale è nella sua esperienza l’identikit della candidata e del candidato vincente? 

I candidati vincenti sono quelli che hanno già girato un po’ il mondo e quindi si sono fatti un’idea di dove stia andando la loro disciplina a livello globale. In particolare, i progetti inter-disciplinari sono visti con favore, a differenza di ciò che accade in Italia in cui spesso i settori concorsuali agiscono da “silos” dove le carriere si fanno e si disfano. Più in generale ci vuole qualcuno che sappia curare i dettagli e che riesca, con l’aiuto fondamentale del settore finanziamenti individuali, a rivedere la bozza di progetto due o tre volte. Insomma bisogna partire con molto anticipo: studiose e studiosi in gamba ve ne sono, vanno cercati in tutto il mondo e sono convinto che Ca’ Foscari costituisca una piattaforma valida per questo tipo di progetti. 

Ca’ Foscari ha la possibilità di consolidare il suo primato?

Partiamo senz’altro da una posizione di rilievo ma dobbiamo e possiamo sforzarci ogni giorno per migliorarci. In particolare, all’internazionalizzazione nel campo della ricerca va accompagnata un’internazionalizzazione della didattica da cui possano scaturire proposte e progetti vincenti soprattutto sui temi della sostenibilità, dei global and area studies e delle environmental humanities, vere punte di diamante dell’offerta cafoscarina su cui molto si è fatto e ancor di più si dovrà fare. Quando poi i nostri fellows, così come studentesse e studenti che hanno beneficiato di scambi internazionali o di programmi tenuti in lingua inglese, trovano lavoro in un mercato internazionale sempre più competitivo noi ci ricordiamo con soddisfazione delle ragioni del nostro impegno.