Mukokuseki(無国籍 ) o senza nazionalità

Vi siete mai chiesti di nazionalità siano alcuni dei personaggi del mondo dell’animazione e dei videogiochi made in Japan? Cosa hanno in comune personaggi come i biondi eroi Naruto, o Tsukino Usagi (Sailor Moon) e Edward Elric (Full Metal Alchemist) oppure come Monkey D. Luffy (One Piece), Kenshirō (Hokuto no Ken), Allen Walker (D.Gray-Man), Goku (Dragon Ball), Lupin III, Yagami Raito (Death Note) o praticamente ogni personaggio della serie Hunter x Hunter? 

Protagonisti di manga e popolari serie anime ma anche personaggi del cinema come San, protagonista di Mononoke Hime o dei videogiochi come Link (The Legend of Zelda)? Ognuno di questi personaggi, e ognuna di queste opere narrative ha storie diverse possono ma questi protagonisti possono rientrare in parte o a pieno titolo in una categoria identificata come mukokuseki, di cui fanno parte personaggi della finzione narrativa di molte opere prodotte in Giappone, contraddistinte da una caratterizzazione geo-culturale assente, parzialmente sfumata o non corrispondente con quella di un reale luogo o cultura del mondo reale.

Ma qual è l’origine di questa non-caratterizzazione? Il Giappone ha importato dall’estero gran parte della propria cultura, in età antica e moderna soprattutto dalla Cina e dalla Corea, nell’età contemporanea soprattutto dall’Europa e dagli Stati Uniti. Il mercato del manga, dell’animazione e dei videogiochi in Giappone nascono e si sviluppano a partire dal secondo dopoguerra, quando l’influenza culturale statunitense sulla vita culturale era ai suoi massimi. Dopo una crescita economica molto rapida questi media iniziarono a rivolgersi sempre di più al mercato internazionale, con alcuni prodotti pensati specificamente per il mercato nordamericano e, successivamente europeo. Col tempo, perciò, si affermò come standard cercare di creare dei personaggi e delle ambientazioni “neutrali” che potessero parlare sia al mercato interno, che a quello estero. Oggi si può dire che questo stile narrativo è diventato “tipico” giapponese e che sia risultato estremamente efficace, vista la diffusione globale dei prodotti mediatici nipponici.

Da notare che vi sono diversi livelli in cui questa non-caratterizzazione culturale si configura. Vi sono alcuni personaggi tra quelli sopra indicati che nelle loro opere di riferimento sono assolutamente identificabili come “giapponesi”, così come le opere cui appartengono sono ambientate (almeno in parte) in Giappone. Questo è il caso di Death Note, che si svolge soprattutto in Giappone e i suoi protagonisti sono quasi tutti giapponesi. È interessante che il protagonista, tuttavia, nonostante il nome e la caratterizzazione di un personaggio giapponese, abbia i capelli castani e un aspetto più “europeo” rispetto ad altri personaggi. Allo stesso modo, anche Usagi da Sailor Moon, così come San da Mononoke Hime hanno una caratterizzazione ed un nome giapponese ma il loro aspetto mostra delle caratteristiche chiaramente non-giapponesi tra cui capelli biondi o castani o grandi occhi azzurri. Leggermente diverso è il discorso per Kenshirō e Lupin III, opere estremamente longeve in cui il protagonista nel corso degli anni muta più volte rendendo più o meno complessa l’identificazione etnica, culturale e geografica dei personaggi.

Diversamente l’intero universo narrativo di Naruto, seppure basato su elementi culturali che richiamano distintamente al Giappone e all’Asia orientale (società organizzate di shinobi, tradizioni shintō), lascia spazio a molti personaggi raffigurati come etnicamente europei (ed in minore misura medio-orientali o africani), ma con nomi giapponesi. Similmente, nella società di One Piece sebbene diversi luoghi siano chiaramente ispirati a luoghi realmente esistenti, i personaggi principali sono privi di una precisa connotazione culturale e geografica del mondo reale. Molti personaggi hanno nomi giapponesi o che ricordano parole giapponesi e, caso interessante, vi sono alcuni personaggi provenienti da Wa no Kuni, una sorta di pseudo-Giappone letterario, dove tutti i personaggi indossano il kimono, portano il chonmage o comunque rispondono a delle caratteristiche di uno stereotipo di un Giappone simil-feudale ed iper-orientalizzato. Anche i protagonisti di Dragon Ball non hanno una precisa connotazione “culturale” e tra i personaggi principali e secondari vi sono persone dai tratti asiatici, europei, africani, amerindi e perfino alieni ed animali antropomorfi. Vi sono tuttavia, soprattutto nella prima parte dell’opera che è fortemente influenzata dal romanzo classico cinese del Viaggio in Occidente (Xi You Ji), diversi personaggi che, hanno una caratterizzazione con molti richiami alla cultura cinese, come si può notare dai nomi e dall’abbigliamento.

Diverso ancora è il caso di personaggi come Link, Edward Elric, Allen Walker. Non solo questi personaggi non hanno una precisa connotazione geo-culturale ma fanno parte di universi narrativi immaginari, che permettono di ridurre il più possibile i riferimenti culturali al mondo reale. Ma non totalmente. Mentre Link si muove in un mondo che potrebbe ricordare l’una società feudale e pre-moderna, Edward Elric e Allen Walker, hanno nomi con un suono europeo, ed infatti i loro universi narrativi di riferimento sono in larga parte ispirati all’Europa moderna, tra il XVIII ed il XIX secolo. È curioso notare che in queste opere vi sono invece alcuni personaggi di chiara origine asiatica come Ling Yao di Xing oppure lo spadaccino Kanda Yuu che offrono una versione, ancora una volta iper-orientalizzata, del Giappone e della Cina, contrapposta ai protagonisti “occidentali”.

Risulta pertanto curioso come queste opere ricreino un modello auto-orientalista, dove i personaggi giapponesi (e in minor misura cinesi) diventano “l’altro” visto attraverso gli occhi dei personaggi occidentali. Ciononostante, andrebbe notato che questi personaggi privi di nazionalità vengono solitamente percepiti come “giapponesi” dal grande pubblico del Sol levante, a prescindere dalla loro apparenza o caratterizzazione narrativa; come fu in passato per Momotarō ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, alcuni dei personaggi descritti in questo articolo recentemente sono stati addirittura “elevati” a simbolo della nazione, in occasione della presentazione delle mascotte animate del Giappone per le rimandate Olimpiadi del 2020, dimostrando l’enorme valore simbolico e la portata che delle opere animate possano avere per il grande pubblico.

Enrico Pittalis

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