Giappone, 26 episodi, 1998, dir. Watanabe Shin'ichirō 

In occasione della pubblicazione della serie live action prodotta da Netflix proponiamo una serie entrata nel cult dell'animazione giapponese. Si tratta di Cowboy Bebop, diretta da Watanabe Shinichirō, già citato per la sua opera successiva Samurai Champloo, con cui condivide alcuni elementi stilistici e narrativi. Come anche nella sopracitata serie, la colonna sonora, dai toni jazz, big band e blues è un elemento portante della narrazione servendo a supportare l'ambientazione noir e western e dando vita e personalità all'opera.  

Ambientato in diversi luoghi del sistema solare in un 2071 futuristico ma "analogico", dove l'umanità in fuga dalla terra ormai inabitabile ha colonizzato altri pianeti e corpi celesti ricreando città portuali, casinò, chiese, saloon e luna park. Questa ambientazione retro-futurista che può ricordare Blade Runner e Star Trek, in un sistema solare caratterizzato dalla coabitazione di diverse etnie e culture della terra e con una forte componente cinese e medio-orientale, contribuisce a creare un'estetica realmente mukokuseki (vedi articolo sul termine).

Protagonisti dell'opera sono dei cacciatori di taglie, chiamati cowboys nell'opera, da cui il titolo, e sono fortemente influenzati da Lupin III di Monkey Punch, con Spike Spiegel, protagonista che è evidentemente un alter-ego di Lupin, come Jet lo è di Jigen, Faye di Fujiko. L'antagonista principale nonché nemico di Spike è Vicious che, come Goemon, combatte con una katana. La narrazione unisce elementi a metà tra la commedia, il noir ed il thriller, con influenze del cinema western e del cinema d'azione di Hong Kong e mostra il vagare dei personaggi tra diversi pianeti a caccia dei criminali. In queste situazioni l'equipaggio della nave spaziale Bebop incontrerà personalità diverse e si scontrerà con i fantasmi del loro passato, tra momenti di allegria e altri di cinica disillusione.  

Enrico Pittalis