Kuang Wu You Yu

Il "morbo blu" è lo spleen della vita non vissuta e dei riflessi che di essa ci inviano gli oggetti, testimoni muti del mondo. Nel raccontarci di questa caduta e di una possibile resurrezione, Lin Tay-jou si presenta come una voce nuova, originale e fuori dal coro.

 

KUANG WU YOU YU
(Morbo blu) di Lin Tay-jou

L'idea che ci comunicano i film di Taiwan è quella di un mondo di solitudini, di famiglie spezzate dalla Storia, di esistenze nomadi: una stratificazione di destini che, sul piano della messa in scena, mescola traiettorie linguistico-esistenziali, spazi di confine fra campagna e città e una presenza quasi fisica dell'elemento atmosferico. Kuang wu you yu conferma una tale tendenza e al contempo si smarca dalla linea generale, scegliendo un tocco formale del tutto particolare, che lo riconduce alla gioventù ribelle degli anni '60, alla pop-art, a quell'uso sovversivo dei colori che aveva segnato profondamente un film come Pierrot le fou di Godard.

Siamo abituati al clima liquido del cinema taiwanese, a quell'umidità, calda e soffocante, che immerge corpi e spazi in dinamiche lente e tranquille, interrotte da scoppi di violenza. Qui, seppure nell'urgenza e nella "povertà" di un artigianato indipendente, si va oltre. Tutto è frammentato sin dall'inizio, in queste vicende di esseri perduti – una ragazza che piange il suo perduto amore, un pittore privo di energia, una hostess cleptomane, un morto che parla attraverso le pagine del suo diario – cui si sovrappone il blu, colore filosofico della malinconia, del ricordo doloroso,del superamento di un lutto. Il "morbo blu" è lo spleen della vita non vissuta e dei riflessi che di essa ci inviano gli oggetti, testimoni muti del mondo. Nel raccontarci di questa caduta e di una possibile resurrezione, Lin Tay-jou si presenta come una voce nuova, originale e fuori dal coro.

Luciano Barisone