Le possibilità che ha l'amore di esistere

Conversazione con Wong Kar-wai, Maggie Cheung, Tony Leung, Roma 2000.

LE POSSIBILITÀ CHE HA L'AMORE DI ESISTEREConversazione con Wong Kar-wai, Maggie Cheung, Tony Leung, Roma 2000

 

Giunto direttamente da Hong Kong per la presentazione italiana di In the Mood for Love, Wong Kar-wai, celato dietro gli ormai inseparabili e proverbiali occhiali scuri, non compie alcuno sforzo per sfatare la leggenda di cineasta scostante e umorale che lo circonda da sempre. Spetta così a Maggie Cheung e a Tony Leung Chiu-wai colmare e integrare i silenzi reticenti del regista. E, paradossalmente inizia a delinearsi il sospetto di un metodo del rifiuto e della negazione. Attraverso il racconto delle difficoltà di una lavorazione interminabile e i silenzi di Wong si fa largo l'idea di una peculiare complicità e di un voluto rovesciamento di fronte con gli attori. Ossia, giunto al momento fatidico della presentazione alla stampa del film, Wong Kar-wai, che si ostina a lavorare improvvisando e che dalla visione dei giornalieri trae idee circa la direzione da seguire, sembra come voler delegare ad altri il racconto, la razionalizzazione di una strategia esoterica che deve proprio agli ampi margini di non detto (non dicibile) la propria ineffabile efficacia. Ed è quindi attraverso le parole di Maggie Cheung e Tony Leung Chiu-wai - che rievocano in forme affatto edulcorate le tensioni e le pressioni derivanti dal seguire giorno per giorno le indicazioni contradditorie di Wong - che emerge il ritratto di un processo di spoliazione psicologica ed emotiva teso a restituire sullo schermo solo l'oscillare nervoso della carne degli attori quale strumento privilegiato per dire ciò che scuote, agita i cuori. Si tratta di una pratica del conflitto che mira a privare gli interpreti di qualsiasi parvenza di autodifesa pur di giungere alla loro verità fisica e permetterne quindi la possessione da parte del personaggio.

Come è nata la collaborazione tra lei e Mark Li Ping-ping, l'operatore di Hou Hsiao-hsien, dopo che Chris Doyle ha abbandonato il set? Sappiamo che lei è un estimatore di Hou Hsiao-hsien. Il suo lavoro ha in qualche modo influenzato In the Mood for Love?
W.K.W. - Prima di tutto devo dire che Mark Li ha lavorato con noi ben prima di In the Mood for Love. Nella mia carriera ho lavorato con tre operatori: il primo è stato Andrew Lau, che in seguito è diventato un regista di successo. Il secondo è stato Chris Doyle, con il quale ho avuto un rapporto discontinuo, perché era sempre molto impegnato, per vari motivi... magari aveva un appuntamento con una ragazza a Tokyo e spariva per un po' di giorni: quindi, spesso, abbiamo dovuto cavarcela con la seconda unità. Mark, il terzo operatore, è con noi da diverso tempo: ci ha aiutato in Hong Kong Express e Angeli perduti. Dato che la lavorazione di In the Mood for Love ci ha portato via più tempo del previsto, Chris è dovuto andar via per collaborare a un'altra produzione: così Mark è subentrato e ha finito il film. Per quanto riguarda Hou Hsiao-hsien, di cui sono molto amico, penso che sia uno dei grandi maestri del cinema cinese. Una delle ragioni che mi ha spinto a realizzare In the Mood For Love è stato proprio il suo The Flowers of Shanghai. Il film mi è piaciuto molto, ma la descrizione della gente di Shanghai, secondo me, non era del tutto corretta. È per questo che con In the Mood For Love ho voluto fare un vero film sugli abitanti di quella città. Volevo lavorare sugli anni Sessanta, su quello spirito, sul "vicinato", che allora aveva un significato completamente diverso rispetto ad adesso. Oggi, in effetti, non sappiamo nemmeno più chi vive dietro la porta accanto alla nostra... In the Mood For Love non è tanto una storia d'amore, quanto una storia che tratta delle condizioni in cui una vicenda sentimentale può svilupparsi. I protagonisti passano gradualmente dalla posizione iniziale di vittime, entrambi traditi dai rispettivi coniugi, a quella opposta, a loro volta amanti. Non è quindi solo un film su una relazione extraconiugale, o sul matrimonio, bensì sulle condizioni che un amore si trova a vivere di momento in momento, con il passare del tempo. Non ho mostrato il volto dei coniugi per evitare un giudizio morale: altrimenti sarebbe diventata un'altra storia. A me invece interessava esplorare le possibilità che ha l'amore di esistere, mostrare come per ogni individuo possano coesistere queste due posizioni rispetto ad esso, quella del tradito e quella di chi tradisce...

Tony Leung ha dichiarato a un giornalista che In the Mood For Love è iniziato come una commedia o comunque qualcosa di completamente diverso da ciò che è adesso. Quanto conta per lei l'improvvisazione sul set?
W.K.W. - Non ho mai avuto l'intenzione di farne una commedia, anche se in qualche scena capita che il pubblico si metta a ridere. Per quanto riguarda l'improvvisazione, mi capita molto spesso, come in questo caso, d'iniziare a girare senza avere un copione completamente finito, di avere solo una specie di scaletta e alcune idee. All'inizio, in realtà, ho in mente solo gli attori. Per In the Mood For Love sapevo solo che volevo lavorare con Maggie e Tony. I personaggi sono nati in seguito, attraverso il lavoro con i due interpreti.

M. C. - Devo dire che questa volta i primi mesi di lavorazione sono stati estremamente difficili. Era parecchio che non lavoravo con Wong Kar-wai. Il progetto mi è stato proposto più di tre anni fa, prima ancora che Kar-wai realizzasse Happy Together, e avevo in mente molte aspettative al riguardo. Quindi, all'inizio, credo di essere stata molto nervosa, aggressiva, anche perché non ero abituata all'idea di girare senza avere uno script. Conoscevo già il suo metodo di lavoro, ovviamente, ma stavolta mi aspettavo qualcosa di più, dato che erano passati diversi anni ed eravamo cresciuti sia io come attrice che lui come regista. Lo aggredivo costantemente con un mucchio di domande: "Che succede?", "Che dobbiamo fare?", "Qual è il mio personaggio?", "Qual è la storia?" ecc. Kar-wai mi dava delle risposte, ma era evidente che anche lui non sapeva ancora bene in quale direzione si sarebbe evoluto il film. Mi ci sono voluti sei mesi per riuscire ad uscirne fuori, per familiarizzare con la storia, con i personaggi. Ci sono voluti quindici mesi per girare il film e... sembra un'eternità, ma ora sono grata a quei quindici mesi, perché senza tutto questo tempo non credo che sarei riuscita veramente a calarmi con la dovuta efficacia nel mio ruolo.

T. L. - Non era la prima volta che lavoravo con Wong Kar-wai. Quindi, come Maggie, conoscevo bene il suo metodo di girare ed ero preparato a tutto. Non ho avuto molti problemi con questo film, a differenza di quanto era successo con Happy Together. In quel caso Kar-wai mi aveva dato una soggetto, ma, una volta arrivato in Argentina, ho scoperto che ero stato ingannato, che il soggetto trattava di tutt'altro (ride, ndr.). Quindi, stavolta, non volevo conoscere nulla in anticipo, né sulla storia né sul mio personaggio, perché sapevo che il tutto si sarebbe sviluppato sul set e che sarebbe stato inutile chiedergli qualcosa all'inizio della lavorazione.

Si può considerare In the Mood For Love come una sorta di conclusione ideale di Days of Being Wild?
WKW - Veramente, quando abbiamo iniziato a girare eravamo convinti che questo film non aveva niente a che fare con Days of Being Wild, sebbene anch'esso sia ambientato negli anni Sessanta. Ma durante le riprese abbiamo cominciato a percepire la sensazione di un fantasma, che sorgeva dal passato e che stava lentamente ritornando tra noi. Durante una discussione con Maggie a proposito del background del suo personaggio, sostenevo che effettivamente lei era lo stesso personaggio di Days of Being Wild, solo con dieci anni in più. Maggie non era d'accordo: secondo lei non era lo stesso personaggio. "Perché no?" - ho chiesto - "A causa del nome? Posso darti lo stesso nome, se vuoi". Quindi, per rispondere alla domanda, sì, per me In the Mood For Love è Days of Being Wild invecchiato di dieci anni. Se avessi realizzato In the Mood For Love dieci anni fa sarebbe stato come Days of Being Wild, e viceversa...

Uno spettatore occidentale potrebbe averel'impressione che nel suo film ci sia qualcosa di François Truffaut, del suo stile struggente nel descrivere l'evolversi dei sentimenti...
WKW - No, nel realizzare In the Mood For Love non ho mai avuto in mente Truffaut. Ma ricordo un suo celebre libro, Il cinema secondo Hitchcock. Lo dico perché, in realtà, ho voluto fare un film come lo avrebbe fatto Hitchcock. In effetti, questo è molto differente dai miei film precedenti, perché ho tentato di considerarlo come un thriller. Nei thriller di Hitchcock la maggior parte delle azioni non accade di fronte alla macchina da presa, ma fuori campo: le puoi immaginare, ma non le vedi realmente sullo schermo. Proprio come nel mio film.

I suoi film sono tutti prodotti dalla Jet Tone, la compagnia che ha fondato con Jeff Lau. Come funziona la collaborazione tra voi due? In particolar modo, vorremmo che ci parlasse di Ashes of Time e di The Eagle Shooting Heroes, due film del ‘93 tratti dallo stesso romanzo di Jin Yong, ma realizzati con stili completamente differenti: quello diretto da lei è un film d'arti marziali molto serio, mentre il secondo, diretto da Jeff, è in pratica la parodia del suo...
WKW - Ho fondato la Jet Tone perché, dopo il flop di Days of Being Wild, era diventato impossibile trovare un produttore che volesse finanziare i miei film. Quindi ho deciso di produrli da solo. Con me ho voluto Jeff Lau, che era un regista di successo a Hong Kong. Io e lui siamo amici da molto tempo, dato che abbiamo iniziato a lavorare insieme come sceneggiatori molto tempo prima di esordire alla regia. Per quanto riguarda i due film... ogni volta che terminavo un nuovo lavoro, subito dopo veniva fuori la parodia. È successo anche con Days of Being Wild, immediatamente preso in giro da Days of Being Dumb. Così, ho pensato che sarebbe stato interessante realizzare contemporaneamente Ashes of Time e la sua parodia. Ma il fatto è che io lavoro lentamente, mentre Jeff è velocissimo. Quindi è successo che la parodia, ovvero The Eagle Shooting Heroes, è uscita nelle sale prima del film che doveva essere parodiato, cioè Ashes of Time (ride, ndr.)

Sia Tony che Maggie facevano parte del cast di entrambi i film. Come vi siete trovati a passare dal set di The Eagle Shooting Heroes a quello di Ashes of Time?
M.C. - Sono due film talmente diversi, che è difficile paragonarli. Jeff è un regista molto divertente con il quale è piacevole lavorare: sui suoi set si ride molto, anche durante le riprese. Con Kar-wai invece si ride e l'atmosfera è distesa solo quando non si sta girando. Comunque non è stato difficile passare da un film all'altro, visto il genere completamente diverso e, di conseguenza, il «mood» differente che si respirava sui due set.

T.C. - Quando ho saputo che avrei dovuto fare un film con Wong Kar-wai in una zona remota e isolata della Cina, senza sapere assolutamente quanto tempo sarei dovuto rimanere in quei luoghi, mi sono detto: "Perché non divertirsi un po' prima di cominciare?" È così che ho accettato di girare il film con Jeff (ride).

Quale sarà, invece, il tuo prossimo progetto?
WKW - Sto preparando un film, intitolato 2046. Lo inizierò a girare molto presto. L'idea del film nasce dal fatto che nel 1997, al momento dell'handover, il governo cinese promise che per cinquant'anni a Hong Kong non sarebbe cambiato nulla. Il film, appunto, è ambientato nel corso dell'ultimo di quei cinquanta anni. È un film sulle promesse.

a cura di Giona A. Nazzaro e Andrea Tagliacozzo