The magnificent trio - Bian cheng san xia

Una delle prime prove alla regia di Zhang Che, è il film che lancia la star Jimmy Yu. In questo verboso dramma d'onore e violenza, amicizia e lealtà, si affrontano crudeli feudatari e lealisti Ming. Uno sguardo critico.

THE MAGNIFICENT TRIO - BIAN CHENG SAN XIA

 

Hong Kong/1966/108'
Prod: Run Run Shaw
Reg: Zhang Che
Int: Jimmy Wang Yu, Ching Ping, Margaret Tu Chan, Lo Lieh, Wu Ma, Cheng Lei, Tien Feng

Un anno prima di One Armed Swordsman/Dubi dao, il cui successo consacrerà tanto il regista Zhang Che quanto la star Jimmy Wang Yu, i due collaborano già a questo wuxiapian insolitamente loquace. La trama non è così semplice come nella media di film di genere (o come in altri film del regista) ma mette in gioco complicati incastri di emozioni e valori. La psicologia dei personaggi non è chiara, essi non rappresentano valori lineari e ben distinti, ma al contrario nessuno è come sembra (a parte l'eroe senza macchia) e tutti cambiano ripetutamente di bandiera, oppure esitano di fronte alle scelte da compiere.

Di ritorno dal fronte, dove si battono le armate Ming e Qing (il film comincia con una bandiera Ming in fiamme, ed al suo posto sorge il vessillo Qing), il giovane Lu Fan si imbatte in tre uomini che rapiscono una giovane donzella. Corre in suo aiuto, ma scopre che i tre non sono i criminali che credeva, ma al contrario dei contadini affamati che per rappresaglia hanno rapito la figlia del magistrato locale. Quest'ultimo depreda i contadini soverchiandoli di tasse e riducendoli alla miseria (il funzionario iniquo è una delle classiche figure di antagonista della tradizione cinese). Il giovane eroe si schiera naturalmente con gli indifesi, il tutto impedendo che la donna sia ferita. Altri personaggi arrivano a portare il loro appoggio all'eroe: un ex compagno d'armi, finito in prigione, ed un uomo al servizio del magistrato che si ribella, stanco di tante ingiustizie.

Il film è cruento. Zhang Che ha immesso nel cinema di Hong Kong litri di sangue e la rappresentazione più realistica (ancorché spesso grottesca) della sofferenza: tutti gli eroi si fanno colpire da frecce nemiche, uno muore crivellato da una pioggia di dardi, gli altri ricevono parimenti ferite mortali, ma continuano a battersi senza posa, indifferenti al sangue che non la smette di colare dalle ferite aperte. Il masochismo è accennato in numerosi punti, primo tra i quali la particolarissima storia d'amore tra una contadina ed uno degli eroi: quest'ultimo ha ucciso per sbaglio il marito di lei. Fra i due nasce l'accenno di una storia d'amore, e lui con cavalleria le rivela il tremendo segreto. Ma lei lo accetta, lo capisce, lo concupisce. Cerca di fermarlo, quando lui corre in aiuto ai suoi amici che combattono in una mischia mortale (la stessa scena di One Armed Swordsman: anche là la donna cerca di trattenere l'uomo dal conflitto); invano. L'uomo sarà ucciso in battaglia, ed alla fine lei potrà solo gridare sul suo cadavere. La presenza femminile è particolarmente forte in questo film: la figlia del magistrato cade sotto il fascino di Xiao Lu, e lo aiuta a fuggire una volta che questo si fa catturare sacrificando la propria vita in favore dei contadini. La ragazza arriva perfino a tradire il padre, sottraendogli il memoriale che lo accusa (redatto dal rappresentante dei contadini affamati) per consegnarlo nelle mani della paesana che lo farà infine avere all'inviato imperiale. Anche la terza donna del film è particolarmente forte: è la padrona della locanda, amante del guerriero al servizio del magistrato che poi tradirà. Essi hanno relazione fortemente passionale, aperta e sincera. Egli vuole partire, e la saluta per sempre. Ma lei non vuole lasciarlo, è pronta a seguirlo fino alla fine. Stanno facendo le valigie quando entrano decine di soldati al servizio del magistrato, e la colpiscono al petto. La vendetta dell'eroe sarà terribile, ma la coraggiosa donna è morta.

La fine è segnata dai lutto: Xiao Lu si allontana a cavallo al seguito delle armate imperiali (presumibilmente per riprendere la resistenza antimancese /il che ammanta tutti questi eroi d'un'aura tragica, perché nobilmente destinati alla sconfitta). Si ferma presso la tomba del terzo eroe combattente; ci sono anche il secondo, cupo, e la donna del morto. Lontano, la figlia del magistrato: si è fatta monaca, ha rinunciato alla vita perché ha tradito il padre per amore. Il film si chiude con la mancanza, con il lutto, la tragedia. Il vuoto, figura centrale nella composizione delle inquadrature di tutto il cinema cinese, è qui dato dalla disposizione simmetrica dei tre corpi eroici: essi sono insieme solo nei titoli di testa, dietro le loro spalle brucia il cielo del tramonto e della battaglia. Ma in seguito non li vedremo mai pugnare insieme, piuttosto ognuno per conto loro circondato da decine di nemici. È questa dunque la figura sublime e suprema del cinema hongkonghese di cappa e spada: l'eroe solitario (o: da solo) che affronta un esercito, e compie una carneficina. I tre si scoprono solo alla fine alleati, e combattono insieme per una manciata di secondi, prima che uno di loro si faccia massacrare (ed anche gli altri riportano ferite serissime, imbrattate di sangue).

I combattimenti sono descritti con travelling laterali, dove l'eroe affronta i nemici a due/tre per volta. Ma non mancano impressionanti coreografie d'insieme, con un piano generale copre tutta la scena, e l'eroe volteggia di qua e là respingendo i nemici con tutto ciò che gli capita sottomano (la sua spada ben inteso, ma anche sedie e ciotole, piatti e vasi, cadaveri di nemici e frecce e lance). I personaggi volano: effetti sonori (fruscii di tessuti) e corpi descrivo traiettorie opposte alla gravità (gli attori sono ripresi in caduta, e poi la pellicola è montata al contrario/riverse motion). Il montaggio fa la parte che ora spetta al computer.

Corrado Neri