Il rapporto tra la Russia e l’“Oriente” nelle arti: l’orientalismo in Russia

L’Orientalismo è un fenomeno che trova grande presenza nelle arti dell’Europa e, come vedremo, in parte anche dell’Asia stessa, laddove può essere definito “Auto-orientalismo”.

In Europa le origini sono da riscontrarsi da una parte nelle raffigurazioni delle storie bibliche, della Palestina e in particolare dei Re Magi. Un secondo tassello può essere la conquista araba della Penisola Iberica che lasciò tracce evidenti nell’arte e nell’architettura sul Portogallo e la Spagna, e da ultimo i frequenti contatti, commerciali e militari che si svilupparono successivamente tra l’Impero Ottomano e la Repubblica di Venezia. È proprio a Venezia, in particolare a partire dal rinascimento, che si sviluppa l’interesse per l’arte del vicino “Oriente”. Sotto la spinta di artisti che qui compirono viaggi come Gentile Bellini, prese forma la corrente detta Turquerie. Influenze di stili e modelli estetici turco-ottomani e arabo-persiani si diffusero nell’artigianato, nella pittura, nell’architettura e nella musica. Questa moda durò diversi secoli e investì tutti i paesi europei in diversi livelli, portando tra le altre cose alla diffusione del caffè, delle porcellane e degli abiti turchi, delle pipe da tabacco. Nel campo musicale si può notare la diffusione di stili espressivi, come nel famoso Rondò alla Turca di Mozart, ma in particolare l’utilizzo di ambientazioni “turche” e “orientali” nelle opere e nel teatro, come nel Tamerlano di Haendel, il Maometto II di Rossini o la Turandot di Puccini. 

L’oggetto della fascinazione di questo “orientalismo” non aveva confini ben definiti: se inizialmente riguardava soprattutto l’Impero Ottomano, con il tempo, l’attenzione si rivolse anche verso altri “mondi”, parallelamente all’epoca delle esplorazioni e del colonialismo europeo. 

Talvolta erano grandi eventi internazionali a stimolare la curiosità dei visitatori illustri, contribuendo a plasmare le arti del momento; un importante esempio è quello di Claude Debussy che visitando L'Exposition de Paris 1889 (conosciuta al grande pubblico per l’inaugurazione della Tour Eiffel, costruita proprio in occasione di questo evento), fu enormemente colpito dal suono del Gamelan dell’isola di Giava, componendo poi il brano Pagodes nella suite Estampes con un’evidente influenza di questo tipo di musica. 

In questo periodo, che coincide più o meno con la fine del bakumatsu e l’apertura del Giappone al mercato e il suo progressivo avvicinamento con le nazioni euro-occidentali, si sviluppò un movimento simile alla Turquerie, che però vedeva proprio nel Sol Levante un modello estetico di riferimento. Questo fenomeno, il Japonisme¸ colpì in particolar modo l’area francofona e fu maggiormente circoscritto al settore delle arti figurative. La fascinazione per l’estetica nipponica colpì in particolar modo i pittori della scuola impressionista oltre a Paul Gauguin e Vincent Van Gogh, che dipinsero diverse tele ispirandosi agli stili o a paesaggi e soggetti giapponesi. 

Fenomeni come la Turquerie e il Japonisme possono venire classificati come parte di un Orientalismo più ampio, che spingeva gli artisti a ricercare in altre culture una spinta creativa. Entrambi questi fenomeni interessano anche la Russia, sia per le influenze evidenti esercitate sugli artisti russi dai Salon parigini, sia per un'altra motivazione; a partire dal XVI secolo e fino alla Prima Guerra Mondiale, i territori dell’Impero Russo hanno conosciuto un'enorme espansione verso due principali direzioni, a sud, andando a confinare con l’Impero Ottomano e la Persia e ad est con l’Impero Qing. 

Se nei secoli precedenti la conquista dell’immenso territorio da parte dei popoli turco-mongolici avevano portato “l’Asia” sul territorio della Russia, a seguito della disgregazione dell’Impero di Gengis Khan e dei diversi khanati e la successiva conquista di questi territori portò la Russia ad inglobare centinaia di popoli indigeni del Caucaso, degli Urali, della steppa siberiana e di territori storicamente influenza della Persia e della Cina. 

Fu così che, soprattutto a partire dal regno di Pietro il Grande in avanti, il neo proclamato “Impero Russo” visse questa strana contraddizione. Se da una parte lo zar introdusse lo stato nel sistema delle nazioni europee, dall’altra parte ebbe frequenti contatti con l’”Oriente”, rivolgendo i primi sforzi militari contro gli Ottomani, i Persiani sul Caspio e nel Caucaso e creò così un Impero che seppure ha il suo centro politico e culturale in Europa e un’élite fortemente influenzata da valori greco-bizantini e intrisa di filosofia e cultura francese e tedesca ha ancora oggi milioni di cittadini di etnie turaniche, tunguse o ancora di religione e cultura islamica, buddhista o che praticano diverse forme di sciamanesimo. Mentre il confine tra Europa e Asia, tracciato all’interno dello stato russo dal geografo Philip Johan von Strahlenberg lungo la catena degli urali è certamente “artificioso” si può dire tuttavia che è evidente che ci siano diverse anime, alcune maggiormente europee e altre maggiormente asiatiche, che contribuiscono a creare la “Russia” propriamente detta. Gli emirati dell’Asia centrale con città antichissime lungo l’antica Via della seta vennero progressivamente integrati nello stato russo. 

Nello studio dell’estetica, insomma, si può dire che mentre in Europa occidentale si sviluppava un movimento di interesse socio-culturale verso il mondo Turco prima e il Giappone poi, la Russia diventava un Paese confinante sia con il cosiddetto “occidente” sia con questi due mondi. Pur essendo il Paese direttamente esposto alle correnti culturali che provenivano da occidente, l’Orientalismo si sviluppò qui in gran parte come conseguenza della russificazione di territori e popoli storicamente non abitati da russi, slavi e cristiani ma da popoli che possiamo considerare come afferenti alla sfera “asiatica”. Non fu quindi un fenomeno “importato” ma si sviluppò invece “dall’interno”, come conseguenza diretta degli interessi della politica si svilupparono anche le arti, la letteratura e la ricerca. Mentre si consolidava, prima in Russia e in Unione Sovietica poi, la scienza etnografica con il fine di studiare e comprendere le usanze, le lingue e i costumi dei popoli assoggettati al potere centrale, cresceva anche negli artisti l’interesse verso canoni estetici e stilistici di questi popoli, talvolta accompagnati dall’idea di Rousseau del “buon selvaggio”, volta a ricercare quindi la “purezza” in modelli estetici di popoli “non occidentalizzati”.

L’Orientalismo in Russia ha avuto diverse fasi e si è rivolto verso diversi soggetti attraversando stili, ideologie, affiliazioni etniche e politiche nel corso dei secoli. Gli artisti e gli intellettuali spesso avevano interessi in diverse forme espressive, dalla musica all’architettura, dalla letteratura al teatro e più recentemente anche alla fotografia e al cinema. Nel caso della pittura, una corrente si sviluppò in diversi centri d’arte fuori dall’Accademia Imperiale; si trattava di artisti uniti da comuni intenti ma che agirono indipendentemente gli uni dagli altri lavorando spesso in aree geografiche anche lontane e che mai costituirono una “scuola” o un movimento unitario. 

Nel XIX secolo diversi artisti presero parte direttamente alle spedizioni imperiali verso e oltre le frontiere orientali e meridionali, tra questi Nikolai Karazin, Vasilij Polenov, Vasilij Vereshchagin, Ivan Kazakov e Michail Belaevskij furono artisti e viaggiatori, illustratori e autori di cronache di luoghi esotici e scontri militari. 

Pavel Kuznecov, nato in una famiglia di illustratori di icone religiose, influenzato dalla pittura di Gauguin e studente presso l’Académie Colarossi di Parigi dopo un viaggio in Asia centrale fu notevolmente influenzato dagli stili dell’illustrazione persiana e mongolico-cinese, raccogliendo anche l’esperienza del Japonisme. 

Alexej Issupov dopo un viaggio negli Urali e il servizio militare in Turkestan si stabilì per un decennio a Samarcanda, dove perfezionò un suo stile che univa ambienti “magici” e colori variopinti della tradizione centro-asiatica ai canoni delle icone religiose e all’estetica contemporanea russa e francese. 

Aleksander Volkov sviluppò un enorme senso di osservazione della realtà; il primo, nato da una famiglia russa nella valle di Fergana e cresciuto nell’Uzbekistan sovietico, compì i suoi studi artistici a Pietrogrado e Kiev. Dopo essersi stabilito definitivamente a Taškent dipinse i ritmi quotidiani delle case da tè, strade, montagne, vallate e carovane, unendo un gusto prettamente “Orientale” a influenze di Van Gogh, Matisse, Kandinskij e Vrubel. 

Nel favorire gli spostamenti di artisti, letterati e intellettuali verso aree lontane giocò un ruolo fondamentale la costruzione delle ferrovie; non solo la ben nota Transiberiana, la Transmanciuriana, la Transmongolica ma soprattutto la linea Transcaspica, che resero più accessibili dei territori fino ad allora periferici nell’Impero. Con il nuovo stato sovietico inoltre acquisirono grande importanza alcune città centro-asiatiche e siberiane, dove sorsero nuove accademie, università e centri artistici. Ad artisti “occidentali” che viaggiarono verso il conquistato “Oriente” russo si aggiunge una serie di altri che nacquero proprio in questi territori, sia quelli nati da famiglie di russi-“europei” qui trasferitisi sia quelli nati in famiglie locali quindi asiatici-“orientali”, spesso bi-culturali. 

Tra questi Leon Bure, artista nativo di Samarcanda che divenne noto per le raffigurazioni poetiche, serene e semi-oniriche dei mausolei, delle moschee e delle vite della gente comune della sua città. Oppure ancora gli armeni Hovannes Hovnatanyan, Vardges Surenjanc, Martiros Saryan e Gigo Šarbabčyan ed il georgiano Niko Pirosmanišvili, quest’ultimo anche di grande influenza per gli espressionisti astratti e i fauvisti, ripropongono in maniera pittoresca con stili che spaziano dal realismo alla pittura storica, dal post-impressionismo al primitivismo i paesaggi, i luoghi, le persone, i racconti del “loro” Caucaso. Nikolaj Karakhan, invece di origine azera, si trasferì nell’infanzia in Turkestan e poi studiò arte a Taškent, venendo fortemente influenzato dal sopra citato Volkov.

In epoca imperiale, l’espansionismo russo veniva spesso giustificato come una missione “messianica” di civilizzare i popoli “arretrati” dell’oriente. Nell’arte, le opere di questi artisti sono servite a immortalare l'Oriente e hanno ispirato la successiva generazione di artisti russi a esplorare e registrare la bellezza, il pericolo, il mistero e l'avventura dei “nuovi” territori russi. Progressivamente la russificazione prima, la sovietizzazione poi portarono, sebbene non sempre in maniera pacifica, alla creazione di un enorme spazio in cui i confini tra “oriente” e “occidente” cessavano finalmente di avere un significato. Si potrebbe dire, a ragione o a torto, che la storia dell'orientalismo russo, sia politico che artistico, possa aver rappresentato un allontanamento dal romanticismo esotico dell’“occidente”, da cui comunque ha attinto, verso una visione “inequivocabilmente” russa. È perciò evidente che anche questo fenomeno sia ascrivibile alla corrente dell’orientalismo, ma che nel caso della Russia assuma delle caratteristiche nazionali diverse rispetto agli altri stati europei proprio in virtù di questa dualità nella natura euro-asiatica del Paese.

Fonte:

https://www.tretyakovgallerymagazine.com/articles/4-2010-29/russia-artistic-orientalist-history

Enrico Pittalis