Itō Daisuke, il grande appassionato dei movimenti di macchina

Itō Daisuke nasce il 13 ottobre 1898 a Uwajima, nella prefettura di Ehime. Dopo un iniziale interesse per il teatro, nel 1920 entra nella scuola per attori della Shōchiku dove studia sceneggiatura e diventa allievo di Osanai Kaoru. Quindi si unisce al dipartimento di sceneggiatura della compagnia e poi alla sua sezione di dramma contemporaneo.

ITŌ DAISUKE, IL GRANDE APPASSIONATO DEI MOVIMENTI DI MACCHINA

 

 

Itō Daisuke nasce il 13 ottobre 1898 a Uwajima, nella prefettura di Ehime. Dopo un iniziale interesse per il teatro, nel 1920 entra nella scuola per attori della Shōchiku dove studia sceneggiatura e diventa allievo di Osanai Kaoru. Quindi si unisce al dipartimento di sceneggiatura della compagnia e poi alla sua sezione di dramma contemporaneo. La sua attività nel cinema, estremamente prolifera, comincia in qualità di sceneggiatore con Shinsei (La nuova vita, 1920) di Henry Kotani. Il suo debutto come regista avviene invece subito dopo il grande terremoto del Kantō, nel 1924, con Shuchō nikki (Diario di un ubriaco), basato su una storia originale di Kunikida Doppo. La recente catastrofe ha stimolato la produzione di numerosi melodrammi, genere in cui Itō deve inizialmente specializzarsi, lavorando spesso come sceneggiatore su commissione.

Nel 1926 fonda finalmente l’indipendente Itō Eiga Kenkyūjo (Centro di ricerche cinematografiche Itō) e, nello stesso anno, all’interno della Nikkatsu, avvia il suo sodalizio con l’attore Ōkōchi Denjirō e con l’operatore Karasawa Hiromitsu. Il suo film Chōkon (Un astio di lunga data, 1926) si rivela un grande successo: si apre in questi anni il periodo più fortunato della sua carriera, segnato da opere memorabili che rivoluzionano il chanbara in stile e tecnica e che mostrano un crescente interesse per la realtà sociale del periodo, seppure trasposta in epoca passata. I protagonisti non sono più i super-uomini dalle caratteristiche divine e soprannaturali che hanno caratterizzato le più recenti produzioni cinematografiche, ma eroi vulnerabili nei quali si abbozza sempre più una caratterizzazione psicologica. Più che il samurai devoto al bushidō, Itō preferisce la potenzialità anarchica dei rōnin e la nota sovversiva del sottobosco malavitoso popolato dai kyōkaku (antenati dei moderni yakuza), uomini impegnati più spesso a proteggere i deboli e i derelitti piuttosto che a difendere il proprio signore.

 

Stilisticamente, l’effetto raggiunto è sorprendente per l’epoca: l’operatore Karasawa Hiromitsu asseconda le direttive impartite da Itō utilizzando per lo più la camera a mano, poi caratteristica dei chanbara,  a volte legando addirittura al proprio corpo la macchina da presa per muoversi con agilità tra i personaggi. L’effetto ottenuto dalla combinazione di questa tecnica con le riprese effettuate dalla gru è quello di una continuità nel movimento di particolare dinamismo, caratteristica da cui presto sarebbe derivato il nomignolo Idō Daisuki (“il grande appassionato dei movimenti di macchina”) conferito al regista. Lo stretto lavoro di montaggio e l’accurata sceneggiatura contribuiscono a raggiungere effetti di tensione che inducono gli spettatori a una partecipazione emotiva totale, in particolare tra il pubblico più giovane.

I capolavori realizzati a partire dal 1926, periodo in cui le tematiche acquistano uno sfondo prevalentemente sociale, sono Chūji tabi nikki (Diario dei viaggi di Chūji, in tre parti, 1927, a lungo ritenuto perduto e ritrovato solo nel 1992) e Oatsurae Jirōkichi kōshi (Sbarre per Oatsurae Jirōkichi, 1931), le sue uniche due opere complete del periodo oggi rimaste. Chūji tabi nikki è anche uno dei primi e più importanti matatabi eiga (su yakuza giocatori erranti), genere destinato a un’ampia fortuna nell’ambito del cinema in costume. Il protagonista Chūji è un fuorilegge ricercato dalla polizia, metafora del desiderio di ribellione contro le autorità provata dalla generazione di Itō. Nelle immagini dinamiche del regista e grazie all’intensa interpretazione di Ōkōchi, in inquadrature spesso cariche di corpi, Chūji si fa strada con la sua spada disseminando morte e svelando allo stesso tempo la vulnerabilità umana.

Con il film Shinpan Ōoka seidan (I casi legali del giudice Ōoka 1928), narra le gesta di un altro personaggio preso a prestito dalla letteratura popolare, il fuorilegge Tange Sazen. Dopo aver perso un occhio e un braccio nel corso di una battaglia in cui aveva difeso il suo signore, dal quale era stato invece tradito, le sue lotte avvengono nel segno della vendetta, inteso come sogno di liberazione dalle angherie subite nel presente a causa del crescente militarismo.  A quest’opera segue l’anno successivo l’esempio più estremo di denuncia, il film Zanjin zanba ken (La spada assassina di uomini e di cavalli), storia di un rōnin che, dopo essere stato sorpreso a rubare da un gruppo di contadini, si schiera dalla loro parte nella lotta contro un signore dispotico e oppressore. Il tema ovviamente viene ritenuto troppo apertamente provocatorio e scatta quindi una severa censura che si preannuncia inflessibile anche per le opere a venire. Itō, nel corso del conflitto, deve smorzare i toni anarchici, seppure non trascura mai di dedicare uno sguardo attento alla società a lui contemporanea.

Nell’immediato dopoguerra, la sua popolarità si lega soprattutto ai due film Surōnin makari tōru (Il rōnin senza rivali) and Oshō (Il maestro di scacchi), entrambi successi di pubblico. Il tentativo di mettere a segno un’opera colossale indicata anche per il mercato estero, il film Re mizeraburu (I miserabili, 1950, girato in collaborazione con Makino Masahiro) si rivela invece un inaspettato insuccesso. Nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta, Itō realizza molti melodrammi e vari remake dei suoi stessi titoli, ottenendo quasi sempre un sincero affetto dal suo pubblico. La sua carriera termina nel 1970 con il film  Bakumatsu (La fine dello shogunato). Itō Daisuke muore nel 1981.

Maria Roberta Novielli