Il prigioniero coreano

Un dramma umano e sincero del compianto regista sudcoreano Kim Ki-duk, recentemente venuto a mancare. Protagonista è Nam Chul-woo, pescatore trentasettenne che vive con la moglie e una figlia in un villaggio a ridosso della zona demilitarizzata della Penisola Coreana

La sua vita scorre in una maniera tutto sommato felice finché una mattina dopo un guasto della barca, la corrente lo spinge verso la Corea del Sud. Immediatamente catturato, l’uomo viene sottoposto a ogni tipo di interrogatori e maltrattamenti dagli agenti del Sud che, al tempo stesso, rifiutando di credere nella sua buona fede, cercano di convincerlo a disertare o a diventare una spia. Pur cercando in ogni modo di mantenere fede a se stesso e di non cedere né alle lusinghe né alle umiliazioni, l’uomo si ritrova inconsapevolmente a compromettere la sua posizione. Mentre il suo unico desiderio è quello di tornare dalla sua famiglia e alla sua vita di sempre, si ritrova sempre più stretto, soffrendo sulla sua pelle le conseguenze di un conflitto fratricida che va avanti da decenni. Così la sua rete da pesca, che ha causato il guasto al motore, è anche metaforicamente la rete in cui lui stesso è caduto e che compromette la sua piccola oasi di tranquillità in maniera irrimediabile.

그물 (Geumul)

traduzione letterale: Rete

Corea del Sud, 2016, 114’, Kim Ki-duk

Enrico Pittalis