Parabole crepuscolari di vite sdoppiate - YI YI e uno… e due di Edward Yang

In Edward Yang il privato si staglia sulla storia, sui suoi continui rivolgimenti, pretendendo una centralità assoluta.

 

 

 

 

PARABOLE CREPUSCOLARI DI VITE SDOPPIATE - YI YI E UNO... E DUEdi Edward Yang

Titolo originale: id. Regia e sceneggiatura: Edward Yang. Fotografia: Weihan Yang. Montaggio: Bowen Chen. Musica e scenografia: Kailli Peng. Costumi: Jingyun Fan. Interpreti: Wu Nianzhen (Nj), Elaine Jin (Min-Min), Kelly Lee (Ting Ting), Jonathan Chang (Yang-Yang), Adrian Lin (Lili), Issey Ogata (Ota), Xisheng Cheng (Ah-Di), Ke Suyun (Sherry), Chang Yupang (Fatty), Michael Tao (Da-Da), Xiao Shushen (Xiao Yan), T'ang Jü-Yün (la signora Jiang), Zeng Xinyi (Yun-Yun), Li Yongfeng (Migo), Jin Shihui (Nancy), Wu Jie (Wu Jie), Shu Guozhi (Shu Ge), Dai Liren (Liren), You Meiyun (il vicino di casa di Nj), You Qidong (lo zio di Xiao Yan), Ke Yulun (il soldato), Liu Liangzuo (il preside), Chen Lihua (l'insegnante di inglese di Lili). Produzione: Shinya Kawai, Naoko Tsukeda per Atom Films. Distribuzione: Istituto Luce. Durata: 173'. Origine: Taiwan/Giappone, 2000.

A Taipei si sposa Ah-Di, fratello di Min-Min. Suo marito Nj lavora in una ditta di computer che l'anno precedente ha avuto un alto fatturato, ma che ora ha diversi problemi, anche a causa della recessione economica che colpisce Taiwan. Al matrimonio di Ah-Di è riunita tutta la famiglia con gli amici di Nj, tra cui una vecchia conoscenza d'infanzia, Sherry, con la quale aveva avuto una lunga relazione sentimentale. Improvvisamente, al matrimonio si sente male l'anziana madre di Nj, attorno alla quale si uniscono tutti i parenti. La figlia di Nj, Ting Ting, è timida e introversa, ma riesce presto a fare amicizia con una vicina di casa, la musicista Li-Li, a cui invidia la relazione amorosa con Fatty. Min-Min, intanto, cade in una profonda depressione, dovuta in parte alla preoccupazione per la salute della suocera, in parte per il progressivo sfaldamento del suo matrimonio, caduto in una routinaria quotidianità. L'altro figlio di Nj, il piccolo Yang-Yang, cresce pieno di curiosità verso il mondo che lo circonda, ma la sua vivacità gli crea non pochi problemi a scuola. Per riuscire a cogliere meglio l'esistente si munisce di una macchina fotografica, con la quale fissa i volti (e le nuche!) degli altri. Nel frattempo Nj tenta di risolvere la crisi della sua ditta, aprendo una trattativa con Ota, un ideatore innovativo di giochi elettronici in Giappone. Non tutti i componenti della sua azienda sono, però, d'accordo. Ah-Di, ad esempio tenta rischiose operazioni economiche che lo porteranno in breve tempo ad indebitarsi. Durante il viaggio in Giappone, Nj incontra ancora Sherry con la quale rievoca i momenti passati della giovinezza. Il rapporto sembra riprendere, ma l'indecisione di Nj è troppo forte. Al suo ritorno, Ting Ting si è innamorata di Fatty che ha appena lasciato Li-Li. Anche in questo caso la timidezza di Ting Ting sarà un ostacolo decisivo per la riuscita della relazione. Un giorno Fatty, tornato nel frattempo da Li-Li, uccide improvvisamente un amico della madre di Li-Li, convinto che abusasse di lei. Altrettanto improvvisamente la madre di Nj si risveglia dal coma, ma pochi giorni dopo muore. Tutta la famiglia e gli amici si ritrovano di nuovo uniti, questa volta per un funerale.

Se il cinema di Peter Greenaway è enciclopedico nel tentativo sincretico di unire tutti i settori dello scibile, quello di Edward Yang è sincretismo dell'esistente, teso a coglierne anche i più piccoli anfratti, le più sottili sfumature. Attraverso un processo metonimico Yang descrive i grandi cambiamenti politici e storici che hanno attraversato questa piccola isola abitata da ventitré milioni di abitanti con una breve conversazione, con un contrasto cromatico, con un campo lungo. La rottura del nuovo cinema taiwanese rispetto alla tradizione (prima degli anni '80) risiede proprio in un lungo percorso all'indietro, alla ricerca delle radici di una terra che ha ospitato molte culture e che è stato teatro di utopie politiche palingenetiche, di stordimenti occidentali e sogni indipendentisti.

I film dei cineasti della nuova generazione, hanno fatto di questi contrasti, di queste forti dicotomie social-culturali-politiche la linfa vitale delle loro opere, il substratum su cui costruire vicende private. La Storia irrompe nel privato dei film di Hou Hsiao-hsien, ne rompe gli equilibri già precari, ne scardina le certezze, ne altera lo sviluppo ed i rapporti all'interno del nucleo famigliare. È un procedimento comune a molto cinema taiwanese da Chen Kuo Fu a Hou Hsiao Ming. In Edward Yang il privato si staglia sulla storia, sui suoi continui rivolgimenti, pretendendo una centralità assoluta. Pensiamo a A Brighter Summer Day dove l'influenza della cultura americana negli anni '60 irrompe nell'immaginario collettivo attraverso piccoli oggetti, modi di vestire, canzoni, stili di vita giovanili, ma mai attraverso una precisa contestualizzazione storica. Taiwan, nell'ultimo secolo è stato il crocevia di tre grandi culture: quella cinese, naturalmente, quella giapponese, frutto del dominio nipponico dell'isola dal 1895 al 1945 e quella americana che ha fatto di questo lembo di terra agli antipodi del mondo una sorta di avamposto della sua way of life e un punto strategico per frenare eventuali tentativi espansionistici della Cina.

Yang prima visualizza la presenza di queste tre culture con tre precise opzioni scenografiche e cromatiche: l'effluvio ridondante di colori e i rimandi alla tradizione cinese nel matrimonio e nel funerale finale, l'algida opacità della ditta di computer dove lavora Nj e gli interni della sua casa, tanto simili a quelle di milioni di famiglie borghesi americane, le sobrie strutture architettoniche nipponiche di inizio novecento che vediamo ai margini dei grattacieli situati nel centro di Taipei e la distaccata serenità di Ota, un ideatore innovativo di giochi elettronici. Lo stesso avviene per la dimensione sentimentale che coinvolge i personaggi di Yi yi, i cui cambiamenti si colgono dall'inquadratura di un oggetto, di un dettaglio, correlativo oggettivo di uno stato psicologico. Mantenere un tale controllo sulla materia narrativa non deve essere stato particolarmente agevole per Yang, dal momento che Yi yi è un film largamente autobiografico, probabilmente il più sentito dal regista taiwanese, anche più di A Brighter Summer Day. Non è un caso che ad interpretare il suo alter ego Nj abbia chiamato l'amico sceneggiatore-regista Wu Nianzhen, con il quale aveva già collaborato per That Day on the Beach e Mahjong. Perché questo programmatore di computer dalla quotidianità routinaria, equilibrato ed apparentemente felice, in realtà lacerato da un pulsione amorosa mai sopita nei confronti di un ex compagna di classe e tormentato per l'improvvisa crisi della sua ditta, ricorda proprio la vicenda umana di Edward Yang, ingegnere elettronico cresciuto a Seattle, tornato poi in patria a dirigere il film ad episodi In Our Time, considerato il manifesto del nuovo cinema taiwanese.

Il reale e la sua rappresentazione
Yi yi è un film circolare, ma non nella comune accezione del termine, ove per circolarità si indica l'inizio e la fine di nucleo narrativo. Yi yi è circolare rispetto alla vita, scegliendo come incipit un matrimonio, e come explicit un funerale. Attorno a questi due eventi si muovono una ventina di personaggi, dalla famiglia di Nj riunita attorno alla nonna morente (autentico zenith narrativo del film), ai suoi vicini di casa, ai soci della sua ditta. Il movimento che informa l'opera di Yang è sinusoidale, con alti e bassi, con degli improvvisi crescendo e altrettanto improvvise decelerazioni. Nei suoi intenti c'è sicuramente il desiderio di rappresentare questo scorcio di Taipei come se si trattasse dell'umanità intera, in modo esemplare, dunque universale. Ma se la metafora e il processo metonimico sono adottati da Yang per dare forma alla sua opera, altrettanto non si può dire per la rappresentazione. La messa in scena di Yi yi è svuotata di qualsiasi orpello esornativo, di eccessi drammaturgici, anche quando la materia narrativa lo suggerirebbe, di inutili vischiosità di senso, di significati altri. Ogni inquadratura si compone nella massima semplicità e naturalezza. Lo sguardo, ancora una volta è una questione di morale. In osservanza agli stilemi che hanno reso celebre il nuovo cinema taiwanese in tutto il mondo, Edward Yang filma spesso in campo lungo, proprio nei momenti in cui si raggiunge l'acme drammaturgico. Il suo è uno sguardo discreto, pudico, mai partecipe dei conflitti. È lirico, elegiaco, malinconico, questo sì, ma mai compromesso. Si veda la splendida scena in cui Ting Ting non riesce a consumare nell'albergo il suo primo rapporto sessuale con Fatty, ex fidanzato di Li-Li o quando la stessa Ting Ting accarezza la mano della nonna appena colpita da un ictus senza che lo spettatore possa vederne il viso segnato dalla malattia. Con Yi yi Edward Yang raggiunge la perfezione nella resa, da sempre perseguita, della profondità di campo, dell'importanza del fuoricampo. Ma questo è anche il film in cui si sperimentano fino in fondo le potenzialità del campo, prima che subentri il controcampo. Lo si nota, ripetutamente nei dialoghi tra Ota e Nj in Giappone, nelle conversazioni tra Li-Li e Ting Ting, tra Sherry e Nj. Lo sguardo di Yang è anche tragico, con l'omicidio da parte di Fatty del presunto amante della madre di Li-Li, ma se si pensa che tutti i film del regista taiwanese sono segnati dalla morte (da That Day on the Beach a The Terroriser, da A Brighter Summer Day a Mahjong), per omicidio o suicidio, non si può definire Yi yi un film tragico. Le parabole esistenziali dei suoi protagonisti rimandano di più all'elegia, alla malinconia, ad un senso crepuscolare della vita, ad un senso di vaghezza e di vuoto dell'animo, di straniamento delle sensazioni, drogate da sentimenti mai sopiti, da unioni a perdere. Ting Ting è l'esemplificazione di questi personaggi incapaci di incidere sulla propria esistenza, collettori di qualsiasi dato esperienziale (un po' come Yang-Yang che fa conoscenza degli elementi naturali guardando gli altri), attraversati dagli eventi. In Yi yi la famiglia di Nj vive su di sé una perenne ed ineludibile coazione a perdere, fatta di occasioni mancate, sentimentali e professionali, di rimpianti, di iati e di fratture, di microdrammi. Il reale, si diceva, e la coralità. Yi yi è innanzitutto un grande film corale, una grande partitura sinfonica. Ultimamente, però, si parla un po' troppo di coralità e di strutture narrative a mosaico. Edward Yang tenta di abbracciare tutte le manifestazioni del reale, tutti i suoi aspetti, come se si trattasse di un lungo corso fluviale. È vero che, come avviene in ogni film corale, anche qui Nj, Li-Li, Ting Ting, Min-Min, A-Di, Yang-Yang incrociano le loro esistenze, ma siamo molto distanti dalla struttura narrativa di un Altman o di Paul Thomas Anderson. Per Edward Yang la narrazione cinematografica è la visualizzazione di un lungo, ininterrotto flusso di coscienza che potrebbe continuare all'infinito, con le sue costanti e le sue variabili. Unicamente rispetto alla quasi totalità dei film, Yi yi è uno dei rarissimi casi in cui non esiste solo una riflessione e una rappresentazione del reale, ma anche una riflessione sulla sua messa in scena. Yang deve la sua formazione alle arti visive, dalla pittura ai fumetti, tant'è vero che fino a A Brighter Summer Day componeva sempre lo storyboard dei suoi film. Ming-Ming, sguardo puro, diretto, ingenuo, ma proprio per questo sincero si pone fin da subito la questione della veridicità e della omnicomprensibilità del visibile.

Ming-Ming chiede al padre Nj come l'uomo possa afferrare il reale se la sua visione è sostanzialmente limitata alla frontalità. Yang, come in quasi tutta la sua filmografia, pone seri interrogativi sul cinema come dispositivo di riproduzione del reale. Dissemina, infatti, ogni inquadratura di monitor, macchine fotografiche (come quella utilizzata da Ming-Ming per catturare anche il "retro" delle persone). Yang vive un'ansia della rappresentazione che non verrà mai sopita, nel continuo tentativo di raccogliere tutto il visibile e il vivibile nello spazio di inquadratura.

Antonio Termenini