Primavera, estate, autunno, inverno… E ancora primavera

Un film atipico fra quelli di Kim Ki-deok, Primavera, Estate, Autunno, Inverno …e ancora Primavera ci risparmia la sua ormai famosa e raccapricciante violenza, e il pesante martirio che spesso infligge ai suoi personaggi femminili. Qui questi elementi sono mitigati (anche se non del tutto assenti) in una storia sul ciclo della vita analizzato da un punto di vista 'buddhista'.

 

PRIMAVERA, ESTATE, AUTUNNO, INVERNO …E ANCORA PRIMAVERAPom yŏrŭm kaŭl kyŏul kŭrigo pom (Spring, Summer, Fall, Winter …and Spring)

 

 

 

Regia: Kim Ki-deok; Sceneggiatura: Kim Ki-deok; Fotografia: Baek Dong-hyun; Montaggio: Kim Ki-deok; Costum:i Han Ki-ub; Interpreti: Oh Young-soo, Kim Jong-ho, Seo Jae-kyoung, Kim Ki-deok; Produttore: Lee Seung-jae, Karl Baumgartner; Produzione: LJ Film, Pandora Film Production; Distribuzione: Cineclick Asia, Bavaria Film International; Corea del Sud, 2003, 35mm, colore, 101'

 

Primavera: In un piccolo tempio buddhista galleggiante su un lago in mezzo alle montagne vivono un monaco ed un bambino. Il bambino cresce seguendo le istruzioni del monaco, anche se a volte si abbandona ad infliggere crudeltà sui piccoli animali che popolano le montagne circostanti. Scoperto dal monaco, viene punito nello stesso modo in cui lui ha maltrattato gli animaletti.

Estate: Il bambino ormai adolescente si invaghisce di una ragazza portata al tempio dalla madre che spera così di vederla migliorare in salute. I due intrecciano una relazione che restituisce la salute alla ragazza, e quando il monaco scopre la relazione e la ritrovata salute della ragazza la rimanda a casa. Il ragazzo, non potendo sopportare la separazione scappa dal tempio.

 

Autunno: L'adolescente che ha lasciato il tempio è ora trentenne. Tradito dalla moglie, la uccide a coltellate e si nasconde alla polizia; non potendo trovare altro rifugio che il tempio in cui è cresciuto, vi ritorna. Incapace di trovare pace cerca di porre fine alla sua esistenza, ma viene ripreso dal vecchio monaco, che gli ordina invece di usare l'arma del delitto per incidere sul portico del tempio il sutra che lui stesso ha scritto prendendo a prestito la coda del suo gatto. Arrivano al tempio due poliziotti alla ricerca dell'assassino, ma su richiesta del monaco attendono che venga completata l'incisione del sutra. Quando tutti se ne sono andati e il vecchio monaco rimane solo, avendo ormai svolto le sue mansioni di padre dell'uomo arrestato, si prepara a morire.

Inverno: L'uomo arrestato ha scontato la sua pena e ritorna al tempio, ormai maturo. Riprende a vivere nel tempio abbandonato da anni, e si educa nella meditazione e nelle arti marziali. Una donna con il viso nascosto da un velo porta al tempio un bambino ancora in fasce, affidandolo al monaco.

... e ancora Primavera: Di nuovo un vecchio monaco cresce un bambino nel tempio sul lago. Di nuovo un bambino infligge piccole crudeltà agli animaletti che vivono sulle montagne circostanti...

 

 

Con questo film che è stato ben accolto anche in Italia, Kim Ki-deok ha spiazzato i fan che si aspettavano qualcosa di raccapricciante ed estremo quanto The Isle, ma ha sicuramente contribuito ad allargare la fascia del pubblico che lo apprezza, dimostrando anche la sua duttilità come regista. Il film, per quanto abbia alla base una serie di parabole buddhiste e di vita, non è né troppo lento né noioso, anzi, lascia il tempo di apprezzare appieno i bellissimi paesaggi sul lago e fra le montagne, oltre che la magica fotografia che celebra il tempio in mezzo al lago. Bellissimo e particolare l'uso delle porte, sia reali che metaforiche, come quelle che si aprono sul lago e lasciano intravedere il tempio all'inizio di ogni episodio, o quelle delle stanze da letto all'interno del tempio stesso, stanze che pur non avendo pareti hanno una porta d'entrata, usata scrupolosamente per 'entrare' ed 'uscire'. Il film, un omaggio alle stagioni dell'anno e della vita umana, fa riflettere sui valori fondamentali della vita e sul karma (o semplicemente destino) che condiziona il mondo e gli esseri umani.

In questo film Kim Ki-deok non gioca apertamente con la morte, la violenza e il sesso come ha fatto altrove, anche se non può fare a meno di mostrarceli, tramite i crudeli giochi del bambino sugli animaletti delle montagne, o con la morte della madre arrivata al tempio per affidare il figlioletto alle cure del monaco. Le scene di sesso sono abbastanza discrete, limitate ai due giovani dell'episodio Estate, e per una volta tanto non sono di violenza.

 

Ma anche qui come in altri film di Kim, i personaggi femminili sono solo un ruolo di spalla a sostegno del ruolo principale maschile, e pagano i propri errori con la morte. Così la moglie adultera (che non appare nemmeno) viene uccisa dal trentenne, al solo fine di aiutarlo a crescere e quindi passare un'altra stagione della sua vita, mentre la madre snaturata viene inghiottita dal lago ghiacciato dopo aver abbandonato il figlioletto. In compenso, al trentenne assassino non viene decretata la morte, ma gli viene imposto di incidere un sutra prima di essere affidato alle forze dell'ordine, e dopo un imprecisato numero di anni passati in prigione gli viene data una seconda occasione, che lui utilizza tornando al tempio e dedicandosi alla propria crescita spirituale e fisica. L'unica morte maschile, quella del vecchio monaco, non è decretata dall'esterno, ma autoimposta nel momento in cui il monaco stesso decide che la sua missione è compiuta; si tratta di una morte meditativa e poeticamente 'bella', per giunta solo apparente e temporanea (il vecchio infatti si reincarna immediatamente in un serpente che continuerà a vegliare sul tempio e sul figliol prodigo ritornato dopo gli anni passati in prigione). Nonostante questi punti opinabili, il film mantiene una grande bellezza formale, una narrazione semplice ma non scontata, e soprattuto non è inquietante come tutti gli altri film di Kim. Sicuramente da vedere, un'opera inusuale per un regista estemo come Kim Ki-deok, ma senz'ombra di dubbio degno rappresentante del cinema coreano contemporaneo.

 

Kim stesso recita in questo film nel ruolo del monaco ritornato al tempio dopo la detenzione, a rieducarsi con la meditazione e le arti marziali. Alcuni hanno visto in ciò (cioè nella rappresentazione di Kim che si atteggia a stoico 'monaco-guerriero') una forma di autocelebrazione e narcisismo del regista, anche se in realtà la sua apparizione è stata decisa all'ultimo momento, quando l'attore a cui era stata assegnata la parte non ha potuto effettuarla. Personalmente non ritengo ci sia niente di riprovevole nell'operato di Kim, anche perché il risultato finale è notevole, a riprova del fatto che la sua scelta degli attori (incluso se stesso) è stata ottima.

È da augurarsi che Kim Ki-deok continui a sorprenderci con film della bellezza di Primavera, Estate, Autunno, Inverno …e ancora Primavera, mostrandoci altri aspetti della sua poliedricità, non necessariamente volta ad inquietare (terrorizzare?) il pubblico e la critica.

Silvia Tartarini