Il neoregista Nasser Refâ'i ci racconta in tempo reale gli 80 minuti che precedono l'esame di ammissione all'università di un gruppo di giovani donne, di diverse età e di ogni condizione sociale: all'interno di un cortile la mdp registra ansie e aspettative delle candidate, in un film dove la parola e il dialogo sono gli elementi fondamentali della significazione filmica.

 

EMTEHANL'esame di Nasser Refa'i

 

Il cinema iraniano da un po' di tempo si ripete più o meno sempre uguale, ma nonostante questo la sua capacità di colpirci e di comunicare un sentimento di autenticità permane. In questo caso, il neo regista, sceneggiatore, drammaturgo Nasser Refa'i ci racconta, in tempo reale, gli 80 minuti precedenti l'esame di ammissione all'Università da parte di un gruppo di giovani donne, di diverse età e di ogni condizione sociale. L'unità di luogo descritta non è ristretta come nell'ultimo Kiarostami (tutto girato dentro un'automobile, come si ricorderà), ma è pur sempre delimitata. Il tutto si svolge in un cortile, all'interno del quale il regista segue l'arrivo delle candidate, scegliendo di seguirne alcune. La mdp registra le ansie e le aspettative di queste ragazze, dai loro dialoghi emergono le storie e le caratteristiche di una società ancora assai restia a rendere effettive le "pari opportunità": c'è la ragazza che se non passa l'esame dovrà sposarsi, quella che ha litigato con il fidanzato, il gruppo di "emancipate" che con occhiali alla moda si nascondono per fumare, per poi arrivare ai genitori apprensivi che accompagnano i figli, ai mariti/fidanzati più o meno concordi che controllano le mogli/fidanzate durante l'attesa ecc.

La centralità della donna nel cinema iraniano non è una novità, infatti da molti anni queste pellicole puntano con decisione sui personaggi femminili, fino al punto di arrivare in alcuni film – come Il cerchio di Panahi, vincitore due anni fa del Leone d'oro – ad escludere completamente la presenza dei personaggi maschili. In questo film però non si tratta solo di "mostrare"la donna, ma soprattutto di darle la parola, di farne sentire la voce. Emtehan è un film dove la parola e la componente dialogica che ne consegue hanno una centralità fondamentale. La parola diventa elemento determinante, nel senso che è solo attraverso questa che può funzionare quello sguardo aderente ai personaggi che rende così sinceri alcuni momenti di questo film. La volontà descrittiva, realistica va di pari passo con l'espressione di un punto di vista politico, espresso con discrezione e mai urlato. Insomma: niente di nuovo sul fronte iraniano, ma questo film rimane comunque un altro capitolo degno di essere ricordato nel grande affresco su un paese che solo il cinema, in questi anni, ci ha fatto conoscere al di là dei pregiudizi e degli stereotipi.

Roberta Parizzi