Takht-e siyâh (lavagne)

Samirâ Makhmalbâf, in Takht-e siyâh, fa scontrare la suggestione visiva delle altere montagne dell'Iran con l'esperienza drammatica dei profughi curdi. Ne deriva un film-metafora.

TAKHTÉ SIAHLa lavagna di Samira Makhmalbaf

 

Senza uno svolgimento narrativo preciso, la storia segue il destino di due maestri di un gruppo che, lavagna in spalla, si sparpagliano tra le montagne iraniane in cerca di alunni cui insegnare a leggere e scrivere. Siamo nel kurdistan iraniano, al confine con l'Irak, dove la macchina da presa della Makhmalbaf segue le interminabili colonne di profughi Kurdi, attraverso il loro altrettanto interminabile girovagare alla ricerca di un villaggio, di una patria, che stia dalla parte giusta del confine. I Kurdi irakeni, infatti, durante la guerra, si sono rifugiati nel Kurdistan iraniano per sfuggire ai bombardamenti chimici. Il film è stato girato nella zona del villaggio di Halabtchen, teatro di quella diaspora. L'altra vicenda, che si interseca con la prima, vede invece uno dei maestri alle prese con una colonna di bambini-contrabbandieri che, gravati di carichi enormi, cercano di trasportare merci da un confine all'altro. Non si creda però che La lavagna sia un esercizio in difesa del popolo Kurdo: Samira Makhmalbaf ha dichiarato che semplicemente, dopo aver girato il primo film a Teheran, questo lo voleva girare in un altra regione, il prossimo sarà ambientato in un'altra. La regione però, aspra e selvaggia, ha il pregio, non indifferente, di essere ultrafotogenica e di grande impatto visuale. Paesaggio che la giovane regista utilizza al meglio cercandone le zone più inquietanti, gli angoli più drammaticamente suggestivi, esaltandone le tortuosità, le asperità, l'aspra bellezza, la disperata e selvaggia alterità. Forse troppo carico di metafore, il film di Samira Makhmalbaf apre però squarci inquietanti su un mondo dove lingue, popoli, etnie, culture differenti (si veda la magnifica, e straniante, sequenza in cui un contadino analfabeta chiede ad uno dei maestri di leggergli una lettera che, però, è scritta in kurdo, lingua che il maestro non conosce), cercano tenacemente di convivere e di trovare un loro posto nel mondo.