Negli ultimi anni si è diffuso un po' ovunque il termine hallyu a indicare il boom della cultura di massa coreana: un boom dallo spettro piuttosto ampio, che nei Paesi in cui ha attecchito va dalla musica pop alle soap opera, ai film d'arte e non.

IL FENOMENO HALLYU

 

 

Negli ultimi anni si è diffuso un po' ovunque il termine hallyu, ad indicare il boom della cultura di massa coreana: un boom dallo spettro piuttosto ampio, che nei Paesi in cui ha attecchito va dalla musica pop alle soap opera, ai film d'arte e non.

La nascita del fenomeno hallyu può forse essere concretamente ricondotta agli anni intorno al 2000, periodo in cui le soap opera coreane hanno fatto comparsa in gran parte dell'Asia, e hanno determinato un'improvvisa ondata di fama per diversi attori e attrici coreane, oltre che un conseguente e insospettato incremento dei loro fan al di fuori della Corea. A Taiwan (in cui le serie televisive coreane erano presenti già da diversi anni) tale fenomeno negli anni attorno al 2000 ha cominciato ad essere denominato hanliu (=ondata, moda, boom coreano); da Taiwan insieme al fenomeno anche il termine si è trasportato prima nella Cina continentale e nelle zone limitrofe in cui si parla il mandarino (Singapore e Hong Kong), e in seguito è stato importato in Corea nella sua pronuncia coreana (hallyu). In Giappone il termine (nella pronuncia locale kanryū) ha cominciato ad essere comunemente usato dalla Coppa Mondiale di Calcio del 2002, anno in cui si sono viste anche diverse manifestazioni culturali e di interazione fra i due Paesi ospitanti la manifestazione calcistica.


Ma in Giappone il vero boom kanryū si è verificato con il devastante successo della soap opera Winter Sonata mandato in onda dalla televisione di stato NHK. Il fenomeno ha raggiunto il culmine nell'estate del 2004 e data la sua enorme portata, ha lasciato persino sperare i più ottimisti in una riconciliazione storico-politica fra Corea e Giappone, due nazioni in perenne antagonismo e dissenso politico. Non è ancora chiaro se il fenomeno kanryū rimarrà per il Paese del Sol Levante un episodio limitato nel tempo e circoscritto all'ambito dell'attività dei massmedia, o se invece si dimostrerà capace di trasformarsi in nuove espressioni durevoli e prolifiche, ma è certo che una grossa parte del pubblico giapponese grazie al boom coreano ha finalmente preso maggiore coscienza della cultura del Paese vicino, da sempre 'il grande lontano'.

In altri Paesi asiatici (oltre alle già citate nazioni orbitanti nella sfera della cultura cinese, anche Thailandia e Malesia) la tendenza hallyu si è notevolmente sviluppata nel campo della musica pop e dei video, sia musicali che di film e di serie televisive, al punto che alcune fra le star più amate (come l'attore Bae Yong-jun o le cantanti del gruppo Baby Vox) si sono attivamente impegnate nella donazione di fondi a sostegno delle zone colpite dallo tsunami del 2004.

Negli stessi anni una nouvelle vague coreana (o Korean wave) si è manifestata anche in Europa e negli Stati Uniti, qui principalmente nel campo del cinema, presentandosi quindi sotto una luce del tutto diversa da quella dell'ondata coreana che ha travolto l'Asia. Infatti, se in Asia sono state soprattutto soap opera e musica pop a spopolare, in Occidente sono più che altro i film d'autore ad attrarre attenzione e successo, mentre la musica pop ma soprattutto le serie televisive made in Korea non approdano nemmeno per sbaglio (in effetti tali serie tv hanno sviluppato per anni soggetti assolutamente inguardabili per un pubblico euro-americano...), fatta eccezione per alcune zone degli Stati Uniti che presentano fra la popolazione una significativa percentuale di etnia coreana (come le Hawaii e la California).

Alla base del successo dei film coreani in Occidente, sono state del tutto determinanti la presentazione e e soprattutto la premiazione di diverse pellicole alle maggiori mostre del cinema internazionali, a cominciare da Ch'wihwasŏn di Im Kwon-taek, premiato a Cannes nel 2002 per la miglior regia, fino ad arrivare agli estremi del 2004, anno che ha visto la premiazione di Park Chan-wook al Festival di Cannes con il Gran Prix per Old Boy, e di Kim Ki-duk in ben due occasioni: a Berlino con l'Orso d'argento per Samaria e a Venezia con il Leone d'argento per Ferro-3 La casa vuota.

Se in Cina l'importazione di serie televisive era presente già dagli anni Novanta grazie ai bassi costi di acquisto delle stesse e al diffuso sentimento anti-nipponico che ha frenato l'importazione di prodotti legati alla cultura giapponese, si può dire che, anche grazie alla pubblicità e al riconoscimento ottenuti con la Coppa di Calcio Corea-Giappone del 2002, gran parte del mondo ha volto lo sguardo alla Corea come ad una stimolante novità. E per le nostre mostre del cinema internazionali, sempre assetate di esotismo ma anche parzialmente sature dei ‘soliti' grandi esotici (cioè di cinema giapponese e cinese, comprensivo di Taiwan e Hong Kong) la Corea è stata la scoperta di un nuovo tesoro. Il cinema coreano in generale (e anche alcuni degli esempi che hanno raggiunto i nostri schermi) è infatti più dinamico di quello giapponese, più intenso di quello cinese, e soprattutto 'nuovo' nei soggetti che affronta. Come per altre parti del mondo, rimane ancora tutto da vedere se l'ondata cinematografica coreana in Europa si rivelerà essere un fenomeno stabile e fertile, ma al fine di mantenere l'attimo fuggente, il governo coreano sta soffiando sul fuoco con l'applicazione di diverse metodologie.

Da una parte è effettiva una politica governativa coreana volta all'esportazione delle opere cinematografiche, politica che prevede fra l'altro sgravi fiscali e facilitazioni per le organizzazioni del settore, il cui sostegno e impegno mirano a galvanizzare l'economia coreana sia a livello interno che nei rapporti con l'estero, e anche servendosi dell'industria cinematografica. Dall'altra, si sta organizzando una vera e propria struttura d'appoggio a sostegno del fenomeno hallyu, con progetti che spaziano dalla rivalutazione dell'hallyu come disciplina accademica alla creazione di una piccola Hollywood del Paese della Calma Mattutina, ad uso e consumo di turisti prevalentemente internazionali. In questo clima l'Università Chung-Ang (conosciuta per gli studi sul teatro e sul cinema) ha ufficialmente annunciato il progetto di un corso di Master in Hallyu aperto a studenti coreani e stranieri, un corso basato su uno studio interdisciplinare della cultura coreana e di altre culture est-asiatiche, avente lo scopo di educare e formare sistematicamente gli studenti nella cultura coreana più genuina in senso lato (dalle arti audiovisive alla cucina e alla moda) e in un ambiente accademico. Il corso si ripropone inoltre di contribuire alla ulteriore globalizzazione della cultura coreana, e di creare solide basi per rafforzare le ancor giovani radici del fenomeno hallyu, che in Asia dipende fortemente dalle popstar coreane, esse stesse soggette alle mode ed in balìa dei tempi che cambiano.


Ma nell'ambito dei numerosi tentativi di organizzare metodicamente il turismo legato all'ondata hallyu il progetto più imponente è senz'ombra di dubbio la costituzione del complesso di Hallyuwood (un composto di hallyu e Hollywood) nella Provincia del Kyŏnggi (confinante con quella di Seoul), che si prevede costerà 2 trilioni di won e sarà completato nel 2008. Sviluppato su un'area di 990.000 m², Hallyuwood comprenderà diversi cineteatri, temaparchi, agenzie, scuole d'arte, set di film e serie televisive e istituti di ricerca e culturali, aspirando a soddisfare le aspettative dei fan dello hallyu e nel contempo a stimolare, espandere e promuovere la crescita dello stesso fenomeno.

Secondo le statistiche stilate da The Korea National Tourism Organization, negli ultimi anni quasi il 70% dei turisti provenienti dal Sud-Est Asiatico si sono avvicinati alla Corea grazie al fenomeno hallyu. E per mantenere e/o incrementare questi livelli, è sicuramente necessaria una strategia commerciale efficace e su grande scala.

 

Silvia Tartarini