Le biciclette di Pechino- Shi qi sui de dan che

Mutuando evidentemente la parabola del suo film dalla lezione del De Sica di Ladri di biciclette, il regista Wang Xiaoshuai si sofferma con partecipe sensibilità su uno scenario in radicale mutazione, lasciando che la disgregazione sociale si confronti con la fondamentale integrità morale dei suoi personaggi.

LE BICICLETTE DI PECHINOShi qi sui de dan che

 

Sempre più specchio di una frattura storica e culturale, saldata senza fasciature nel corpo sociale di un popolo sospeso fuori dal tempo, la città di Pechino continua a offrirsi ai cineasti cinesi dell'ultima generazione come luogo in cui collocare l'identità "in fieri" di un paese che ha visto cedere gli argini della Storia. Cantiere aperto nel corpo della Cina come una ferita indolore, con le sue gru, i quartieri nuovi, i neon, i MacDonald's, le giustapposizioni tra grattacieli e vecchi quartieri popolari, Pechino da qualche stagione a questa parte si lascia abitare dallo sguardo dei registi cinesi come l'emblema delle mutazioni in atto: da I bastardi di Pechino di Zhang Yuan a I Love Beijing di Ning Ying, sino a questo Le biciclette di Pechino di Wang Xiaoshuai, è tutto un confrontarsi con lo spazio di una città che incarna in senso critico la metamorfosi del paese.

In questo senso, il film di Wang Xiaoshuai rappresenta forse uno degli esiti di maggiore consapevolezza di questa tendenza: nato produttivamente come parte della serie Tales of Three Cities (una collezione di sei film realizzati tra Cina, Taiwan e Hong Kong), Le biciclette di Pechino ha infatti la capacità di fondare proficuamente il cortocircuito del doppio presente cinese, sospeso tra l'originaria identità preindustriale e la simultanea marcia forzata verso la riconversione consumistica della società, sul confronto tra i bisogni, parimenti primari, di due adolescenti in cerca del loro posto, nella realtà spietatamente "in fieri" della città. Da una parte c'è Guei, un ragazzo di provincia giunto a Pechino per lavorare come fattorino per un'impresa di "pony express", con tanto di logo, divisa e mountain bike, affidata in leasing ai giovani dipendenti, che dunque quanto più lavorano tanto prima diventano proprietari della preziosa bicicletta e iniziano a guadagnare dal loro lavoro. Dall'altra parte c'è invece Jian, uno studente, figlio di una famiglia di città, che si sforza di mantenersi su un piano dignitoso della scala sociale, mandando il figlio a scuola nella sua brava divisa, ma senza potersi permettere altra bicicletta se non quella vecchia, appartenuta al padre. Il destino dei due ragazzi finisce per incrociarsi, quando qualcuno ruba la mountain bike, appena riscattata da Guei, e la rivende a Jian, che la acquista con dei soldi che sottrae alla famiglia. Non siamo che all'inizio di un confronto che porterà i due ragazzi, decisamente diversi fra di loro, a fare i conti con il reciproco e complementare bisogno di un oggetto, che per uno è mero mezzo di sopravvivenza e per l'altro rappresenta la necessità di stare al passo con i tempi.

In una simile prospettiva, affidato com'è alla bicicletta, che, per dirla col regista, "è sempre stata un'icona di Pechino e della Cina", il film si propone dunque come un'opera nella quale i motivi di una lucida e precisa analisi storica e sociale della realtà cinese contemporanea finiscono col convergere nel profondo ritratto dell'amicizia che unisce i due adolescenti protagonisti, nonostante la loro estrazione culturale e sociale ben differente, a fronte di un mondo che li vorrebbe disuniti e anzi contrapposti in una reciproca rivalità. Partendo infatti dal tema del "possesso", fondamentale in una società come quella cinese contemporanea, che fatalmente si apre a nuovi modelli sociali e culturali mutuati dal sempre più pressante scenario occidentale, il film di Wang Xiaoshuai assume il simbolo della bicicletta per confrontarsi col motivo non meno basilare del "bisogno", incarnandolo con eguale adesione tanto nelle ragioni primarie del ragazzo di provincia, quanto in quelle più effimere, ma in realtà non meno urgenti, dello studente di città, che abbisogna della bicicletta per motivi d'immagine, sempre più impellenti in una realtà ormai lontana dagli insegnamenti maoisti e vicina ai modelli consumistici.

Mutuando evidentemente la parabola del suo film dalla lezione del De Sica di Ladri di biciclette (...) il regista Wang Xiaoshuai si sofferma con partecipe sensibilità su uno scenario in radicale mutazione, lasciando che la disgregazione sociale si confronti con la fondamentale integrità morale dei suoi personaggi. I quali, messi alla prova da circostanze che li inducono a ragionare sul valore dei propri bisogni e su quello dei bisogni altrui, si definiscono positivamente a partire dalla loro capacità di cogliere nelle proprie azioni una ragione in grado di descrivere quella tensione spirituale che, al termine della loro iniziale rivalità, determina la loro solidarietà e infine sancisce la loro amicizia. Restituendoli così al loro statuto di individui e strappandoli a quel ruolo di semplici "possessori", cui la Storia sembra volerli condannare.

Massimo Causo