Gli stili della musica indiana hindustānī

Si chiama hindustānī uno dei due grandi stili in cui si divide la musica indiana. È anche il più complesso e più conosciuto. L'area di diffusione è quella del nord fino al Maharashtra, ad ovest, e all'Orissa ad est. La musica indiana è fondamentalmente basata sul canto, perciò i generi sono derivati dai vari tipi di musica vocale, anche se la musica strumentale si è poi evoluta in modo autonomo, tanto da aver acquisito un linguaggio suo proprio.

Gli stili della musica indiana: LO STILE HINDUSTĀNĪ

 

 

La musica indiana si divide in due grandi stili: hindustānī e karnātakī. Il primo comprende l'area del nord fino al Maharashtra ad ovest e l'Orissa ad est; il secondo, l'area degli Stati del sud. Tra i due stili ci sono parecchie differenze che dipendono dalla diversa evoluzione storica delle due aree. Lo stile hindustānī è quello più complesso e anche il più conosciuto e diffuso, con un'area di mercato che, oltre all'India, comprende oggi Nepal, Pakistan, Afghanistan, i Paesi Arabi e gli stati del Nord dell'Africa.

Nel definire i vari generi della musica hindustānī occorre tener presente un fattore fondamentale: la musica indiana è considerata tutta basata sul canto, che viene considerato lo 'strumento' per eccellenza, perciò i generi sono derivati dai vari tipi di musica vocale. In realtà, negli ultimi secoli la musica strumentale si è evoluta in modo autonomo dal canto, tanto da aver acquisito un linguaggio suo proprio. Nonostante ciò, la derivazione dalla musica vocale è indubbia e risulta palese, esaminando il percorso storico della musica e la sua evoluzione, specialmente al confronto con la musica occidentale, nella quale c'è invece una netta supremazia della musica strumentale.

Elenchiamo ora i vari generi di canto, la maggior parte dei quali appartiene anche alla musica strumentale.

Dhrupad
(1982, re. Mani Kaul)
1 Il repertorio classico
Dhrupad: è il genere più antico che sia arrivato sino ai giorni nostri. Il Dhrupad deriva da una forma usata nel teatro classico sanscrito chiamata prabhānd, di cui il dhruvapad era la sezione principale. La nascita del Dhrupad si ritiene generalmente situata nel XV sec. alla corte di Gwalior. Questo genere è presente sia nella musica vocale che in quella strumentale. Le caratteristiche principali del Dhrupad sono la sua struttura rigida e sistematica e la stretta aderenza alle regole del rāg (modello melodico) così come l'esplorazione minuziosa del ritmo. La sua esecuzione si svolge in due momenti fondamentali: il preludio o ālāp, lungo e importante, e la composizione vera e propria classicamente divisa in quattro sezioni: sthāī, antrā, sanchārī e ābhog, anche se oggi in genere le ultime due sezioni non vengono più eseguite. Il Dhrupad si esegue con accompagnamento del pakhāvaj (tipo di tamburo) e lo strumento melodico proprio del genere è la vīnā (salterio a bastone molto perfezionato). Nel Dhrupad vengono impiegati diversi tāl (modelli ritmici), quali chautāl, sūltāl, sūrfāk, rūpak, tīvr.

Dhamār: questo genere è simile al Dhrupad nello stile, se ne discosta solo nel ritmo che è in tāl dhamār, un ritmo composto da 14 unità (mātrā). Il Dhamār è correlato alla festa di Holī e i testi delle composizioni riguardano invariabilmente i giochi di Krishna (considerato l'ottava epifania del dio Vishnu) con le gopī, le pastore, e le sue vicende amorose con la preferita, Rādhā; la lingua usata è perciò quasi sempre il braj, la parlata della zona di Agra-Mathura.

Khyāl: la parola è di origine persiana e significa "immaginazione". Costituisce oggi il genere principale della musica classica, il più rappresentato nei concerti. Per quanto riguarda la nascita di questo genere, le opinioni dei musicologi sono discordanti: se è certo che la predominanza del Khyāl (o Khayāl) era già stabilita nel XVIII sec., non è altrettanto storicamente accertata la sua attribuzione al poeta-musicista Amīr Khusro, che sposterebbe la sua origine indietro fino al XIII sec. Questo stile si discosta dalla rigida grammaticità del Dhrupad, favorendo l'improvvisazione : la sua forma è più flessibile e la tecnica del canto impiega abbellimenti e ornamenti che gli donano una sorprendente vivacità. La più grande novità rispetto al Dhrupad è la sezione chiamata tān, una sezione improvvisata in tempo veloce in cui si raggiunge l'apice della valenza emotiva del rāg. Il Khyāl si divide in due tipi: il Khyāl 'lungo' (Barā Khyāl), a ritmo lento che usa il modello vilambit ektāl, e il Khyāl 'corto'(Chhotā Khyāl), a ritmo medio o veloce, in tīntāl o jhaptāl, che vengono generalmente rappresentati in sucessione. Gli strumenti usati per accompagnare il canto in questo genere sono: tablā (tipo di tamburo) per il ritmo, e due cordofoni, il tānpūrā (o tambūrā) che tiene la nota fondamentale, e la sārangī; negli ultimi tempi anche l'harmonium, che sottolinea e ripete le frasi melodiche.

Tarānā: un genere appartenente al repertorio classico la cui particolarità consiste nell'usare invece di un testo parole senza significato come: nom, tan, tanana, ecc. Il tempo è sempre veloce; in genere il modello ritmico usato è il tīntāl.

Sargam: composizione musicale il cui testo consiste solo nel nome delle note. È usata soprattutto ai fini di studio.

Chaturang: lett. "quattro colori", è una composizione che si divide in quattro parti: la prima è un Sargam, la seconda una lirica, la terza un Tarānā e la quarta è composta solo da bol (lett. "parola", riproduzione onomatopeica del suono emesso da uno strumento) presi a prestito dalle percussioni.

Ashtapadī: è un genere poetico della poesia sanscrita che consiste, come dice il nome, in strofe di otto versi, in cui è stato composto il Gītagovinda, il poema del poeta Jayadeva, vissuto in Orissa a cavallo tra il XII e il XIII sec., e considerato una delle opere principali della bhakti (lett. "devozione", movimento religioso che considera l'amore per il dio superiore alla pratica sacrificale). I versi del poema sono stati resi in musica dalla scuola (gharānā) di Gwalior a partire dal XIX sec., tanto da diventare un vero e proprio genere musicale.

Sādrā: si chiama così un Dhrupad in cui viene impiegato il modello ritmico jhaptāl. Il nome deriva dai precursori di questo genere, i fratelli Shivmohan e Shivnāth, di Shahadrā.

2. Il repertorio semiclassico
I generi seguenti fanno parte del repertorio definito "musica semiclassica" (classical light music). Sono composizioni appartenenti al genere folkloristico o devozionale che per la loro complessità e l'alta qualità estetica sono entrate a far parte del repertorio classico.

Thumrī: questo genere musicale si situa a metà tra la musica classica e la musica folkloristica. La ragione è che nella Thumrī non c'è l'aderenza totale alle regole del rāg (modello melodico) e il suo andamento è perciò molto libero: la Thumrī privilegia l'espressione del sentimento, la quale assume un'importanza maggiore delle regole che determinano il rāg. I testi sono quasi invariabilmente in braj, la lingua parlata nella zona di Agra-Mathura, e trattano dell'amore di Rādhā e Krishna e,soprattutto, della loro separazione. Il tema dell'amore costituisce spesso la base allegorica per l'espressione della bhakti, la devozione verso il dio. I modelli ritmici (tāl) usati sono: tīntāl, dīpchandī, kaharvā.

Dādrā: è un genere molto simile alla Thumrī, al punto che costituisce tema di dibattito se si debba considerare un genere a sè stante. I musicologi più tradizionali considerano Thumrī solo le composizioni che si basano su di un ritmo lento considerando così quelle a ritmo più veloce come appartenenti al Dādrā. Si è ipotizzata anche una distinzione dal punto di vista linguistico e tematico, che vedrebbe appartenenti al Dādrā le composizioni in lingua urdu e quelle in cui l'amore è trattato in toni più sensuali, ma anche questa distinzione non è accettata da tutti gli studiosi. I modelli ritmici sono:dādrā, kaharvā.

Tappā: anche questo genere si situa nella musica semiclassica perché, pur appartenendo alla musica folkloristica, è entrato a far parte del repertorio del concerto classico. Questo tipo di canto deriva dalle canzoni dei cammellieri della zona del nord-est ed è in lingua panjabi. Simile alla Thumrī nei temi, il Tappā si svolge su un fraseggio melodico veloce con brevi tān (improvvisazione). Come la Thumrī, anche il Tappā si ascolta spesso come finale di un concerto. I tāl usati sono gli stessi che nel Khyāl.

Gazal: il termine indica in persiano una canzone d'amore.Tradizionalmente è la forma d'espressione sūfī, la corrente mistica musulmana già presente in India nel IX sec Ultimamente, la distanza che si è creata tra studiosi hindu e musulmani ha portato i primi ad escludere questa forma musicale dal patrimonio della musica indiana bollandola come 'forma sraniera'. Ovviamente non è così, perchè se escludiamo il contributo apportato alla musica dalla cultura musulmana non potrebbe esistere la musica indiana nella sua forma odierna basata soprattutto sul Khyāl, così come diventerebbe incomprensibile la stessa storia e in genere tutta l'evoluzione artistica dell'India. Nata come poesia, la gazal si è evoluta come forma musicale abbastanza tardi, nel XX sec. Forma poetica estremamente raffinata e con una struttura precisa, la gazal si è male adattata al ritmo impostole dal canto, preferendo i ritmi semplici che alterino il meno possibile l'andamento del verso poetico. Dagli anni venti in poi si è evoluta come forma di musica popolare, non rimanendo estranea al pericolo della commercializzazione a scapito dell'originario carattere poetico, anche se negli ultimi anni ha recuperato la sua componente religiosa, grazie al lavoro di giovani cantanti quali Abhīdā Parvīn. Dal punto di vista strutturale, nella gazal notiamo la grande importanza l'uso della coppia di versi con il ritmo finale musicalmente enfatizzato e l'andamento tipico dolce e estremamente melodico.

3. Il repertorio religioso
Tra i generi appartenenti a questo tipo di musica, alcuni compaiono spesso nei repertori concertistici. I più importanti sono:

Bhajan: deriva dal sanscrito bhaj, "servire": è una forma di canto devozionale individuale o corale la cui origine risale al movimento devozionale (bhakti) che si estese in India dall'ottavo secolo in poi, il quale predicava l'amore per il dio come fattore fondamentale della religione, superiore anche alla pratica rituale. I testi sono spesso composti dai santi-poeti seguaci di questo movimento e hanno subito un adattamento secondo la lingua e la tradizione letteraria dei vari paesi. In genere sono composti nei rāg (modelli melodici) più popolari e in ritmo di quattro, otto o sedici unità (mātrā). Tradizionalmente sono accompagnati da strumenti ad una corda (come l'ektārā) e da strumenti a percussione tradizionali come manjīraa, dimdi, chīpli.

Qavvālī: nasce come canto di preghiera musulmano che usa come testo vari detti e aforismi del Corano: Successivamente i testi sono stati tradotti in persiano e si sono diversificati nel significato. Questo genere è presente in India dal XIII sec. in poi grazie alla diffusione della dottrina sūfī di cui la Qavvālī era spesso il mezzo di propagazione. Anche se oggi la musicologia indiana di matrice hindu tende, per motivi ideoligici, a minimizzare l'apporto dato dalla cultura musulmana alla musica del paese, ci sono ipotesi molto valide che rintracciano nella Qavvālī addirittura l'origine del Khyāl. L'esecuzione della Qavvālī si svolge in genere con un'alternanza tra il solista (o i solisti) e il coro che ripete il ritornello e sottolinea il ritmo con il battito delle mani.Centrata tutta sull'amore di Dio, la Qavvālī dà straordinaria importanza all'ispirazione mistica che si esprime artisticamente con dei veri e propri guizzi creativi: questi possono sicuramente aver costituito lo stimolo per lo sviluppo dell'improvvisazione nel Khyāl. La strumentazione usata nella Qavvālī unisce spesso strumenti moderni come l'armonium a strumenti tradizionali come dholak, kanjīri, bubūltarang.

4. Il repertorio folclorico
La musica folclorica indiana costituisce un patrimonio musicale di inestimabile ricchezza Ogni regione possiede i propri canti che si eseguono nelle innumerevoli ricorrenze: feste di stagione, matrimonio, nascita ecc. La musica folclorica ha sempre costituito il ricco substrato per la formazione di quelli che sono divenuti poi i generi 'colti'. Di questa categoria, estesissima, prendiamo in esame solo i generi che vengono rappresentati nei concerti o che sono presenti nella musica da film:

Kajrī (o Kajlī): sono canti folclorici eseguiti dalle donne durante la stagione dei monsoni nell'Uttar Pradesh e che di solito accompagnano le danze. Questo genere si è molto sviluppato nel numero e nel tipo di composizioni, tanto che viene ora eseguito da cantanti professioniste note come gaunharī. Questi canti si possono oggi udire nelle 'competizioni di canto', chiamate akhārā ("arena"), a cui partecipano le varie scuole di questo genere

Chaitī: canti follorici dell'Uttar Pradesh cantanti nel mese di chait (primo mese del calendario lunare hindu, che va da metà marzo a metà aprile) in cui la prima frase inizia sempre con 'Rām' e l'ultima chiude con 'Ho Rām'

Sāvan: canzoni cantante durante la stagione delle piogge, nel mese di sāvan (quinto mese, da metà giugno a metà luglio) sul tema della separazione tra i due amanti. Il cantare la separazione durante i monsoni deriva dal fatto che tradizionalmente in questa stagione, quando è difficile viaggiare, tornava a casa il coniuge o in genere l'amato che era lontano; da qui lo sviluppo del tema dell'attesa, collegato a questa stagione.

5. La musica da film
Questa classificazione non sarebbe completa se non prendessimo in esame anche questo genere: nel cinema indiano la musica e la danza sono una parte fondamentale. La grande richiesta di musiche abbastanza orecchiabili da poter essere imparate dal pubblico ha dato origine a un vero e proprio genere, creato da compositori professionisti, i quali compongono usando i canoni della musica tradizionale insieme con gli elementi della musica occidentale: orchestrazione, scrittura musicale. Da una parte questo ha portato alla diffusione in tutti i ceti sociali delle forme tradizionali. Dall'altra, tuttavia, tali forme giungono al pubblico modificate e - soprattutto negli ultimi decenni - svuotate nei loro elementi costitutivi: l'aggiunta della colorazione tonale altera irrimediabilmente la natura modale della musica e l'uso di strumenti temperati stravolge le scale tradizionali. Il prodotto musicale che ne risulta non è più simile all'originale. Non si può tuttavia negare il valore artistico della musica da film ad opera di valenti compositori, ma solo riproporre il tema della compatibilità tra qualità e prodotto di massa. Nella musica da film vengono usati spesso generi appartenenti alla musica semiclassica o appartenenti alla musica folklorica. Nei primi anni del sonoro, gli attori dovevano anche saper cantare e talora, come nel caso del leggendario Kundan Lāl Sahgal, era proprio questa competenza a determinare il successo. Nel 1935 il musicista Rāychand Borāl (1903-81) introduce l'uso del playback e da quel momento le canzoni vengono eseguite da cantanti professionisti, tra i quali Latā Mangeshkar (n. 1929, entrata nel Guinnes dei primati per il numero di canzoni cantate) e l'altrettanto famosa sorella Āshā Bhonsle (n. 1933), mentre tra gli uomini Mukhesh (1923-76) e Muhammad Rafī (1924-80) sono stati i grandi favoriti.

Note
Per una definizione più ampia e precisa dei termini musicali, si veda Dizionario indomusicale.

Bibliografia essenziale
Jairazbhoy, N.A., 1971, The Ragas of North Indian Music, Their Structure and Evolution Faber and Faber, London.
Parviin, A.N., 1981, Hindustani Music: a Study of Its Development, Manohar, New Delhi.
Ranade, A. D., 1997, Hindustani Music, National Book Trust, New Delhi.
Thākur, P.O.,1997, Sangītanjali (L'offerta della musica), B.H.U. Publications, Vārānasī.

Giovanna Milanesi