Aruku hito (L'uomo che corre nella neve), si distanzia nettamente dalla vaga cifra noir dei film precedenti, tentando di reinventare un certo tenore da racconto autunnale che da Ozu a Naruse vanta una serie di notevoli esempi.

ARUKU HITOL'uomo che corre nella neve

 

Regista curioso, Kobayashi. L'anno scorso con Koroshi (il suo terzo lungometraggio) sembrava fosse riuscito a trovare la propria cifra espressiva tra silenzi, sospensioni e subitanee accensioni di violenza,senza peraltro risultare derivativo.Inevitabile quindi che intorno al suo nuovo film aleggiasse una certa curiosità. Ma come al solito con Kobayashi non è lecito fare programmi o nutrire aspettative eccessive. Aruku-Hito, infatti, si distanzia nettamente dalla vaga cifra noir dei film precedenti, tentando di reinventare un certo tenore da racconto autunnale che da Ozu a Naruse vanta una serie di notevoli esempi. Kobayashi, però, nonostante possa fare affidamento su un misuratissimo Ken Ogata (uno dei volti storici del cinema di Imamura), sembra ricercare con qualche compiacimento di troppo l'effetto oleografico. Non è che il film dispiaccia o irriti, anzi, ma l'apologia che Kobayashi tesse della vecchiaia e della famiglia sembra a tratti eccessivamente sbrigativo e mai sofferto o partecipato (a parte qualche momento di tensione familiare). Infatti la rinuncia alla ricercatezza stilistica da parte di Kobayashi va purtroppo a detrimento di una tensione di interiorizzazione dei conflitti, finendo così per esibire quasi esclusivamente la parola (volenterosa) della sceneggiatura (nonostante il pudore col quale Kobayashi riesce a filmare l'evanescenza del desiderio sessuale del protagonista). Resta il fatto comunque che Kobayashi è uno dei pochi cineasti contemporanei in grado di filmare paesaggi innevati. A contatto con la neve il suo sguardo si carica di una mestizia indolente che se sfruttata al meglio avrebbe potuto produrre un film probabilmente ben più rigoroso. Così com'è, Aruku-Hito si consegna alla memoria per sprazzi,per squarci,per attimi.Resta da sperare che Kobayashi riesca in futuro a ritornare a esprimersi ai livelli di Koroshi.


Giona A. Nazzaroi