Il film di Jackie Chan – che monopolizza la scena col suo personaggio – è ambientato, per l’ennesima volta, all’epoca degli Stati Combattenti.

LITTLE BIG SOLDIER

 

Il film di Jackie Chan – che monopolizza la scena col suo personaggio – è ambientato, per l’ennesima volta, all’epoca degli Stati Combattenti. Questa volta però la prospettiva non è quella dei re e dei generali, bensì quella di un soldato semplice – Chan – che è tutto meno che un fiero combattente, abile nell’arte della fuga e dell’evitare il combattimento; sa però anche usare le mani quando richiesto, con una precisione inaudita nel “lancio delle pietre”. Dopo una sanguinosa battaglia che lo vede unico superstite si ritrova tra le mani un generale nemico ferito, che decide di fare prigioniero per portarlo a casa e ricevere la ricompensa, così da poter finalmente smettere i panni del soldato. Al di là della – comunque ottima - confezione da film d'azione hongkongese, che annovera dei divertenti ed originali stunt di Chan, il nucleo tematico del film, che risalta anche oltre le scene d’azione, è il rapporto che si viene a creare tra questo soldato semplice e il principe prigioniero: le rispettive visioni della vita, dell'onore e della guerra, all’inizio distantissime, andranno pian piano avvicinandosi, facendo risaltare, al di là delle rispettive fazioni, l’umanità che accomuna tutti. Niente di nuovo, certo, ma il tono leggero – nonostante un finale amaro – rende la lezione piacevole da seguire.

Little Big Soldier
(Da bing xiao jiang)
tr.: Il grande soldato e il piccolo generale
Hong Kong/Cina, 2010, 95' Dir. Ding Sheng

Eugenio De Angelis