Langhe, dove vino, tartufo e cultura della cucina trainano il turismo

Patrimonio dell’Umanità dal 2014, le Langhe costituiscono un caso di buona gestione della spesso complessa convivenza tra turismo, agricoltura e residenti comunità locale. Con oltre 1,5 milioni di presenze e 650mila arrivi (dati pre-Covid a cui ci si sta velocemente avvicinando nuovamente) che insistono su un territorio di 400mila abitanti, le Langhe hanno subito una serie di assestamenti durante gli anni che hanno portato alla situazione attuale. 

«Se c’è il turismo nella nostra zona è perché ci sono vini importanti che hanno creato il posizionamento internazionale» spiega Mauro Carbone, che per oltre vent'anni anni ha guidato l’Ente Turismo Langhe Roero Monferrato in qualità di direttore. 

Carbone è stato tra gli ospiti del convegno ‘Modelli e sfide a confronto per lo sviluppo socio-economico e turistico di tre aree vitivinicole europee Unesco’ che si è tenuto il 19 luglio a Valdobbiadene. Si tratta del secondo incontro organizzato nell’ambito del  progetto INNOSOSS - Innovazione Sociale per lo Sviluppo Sostenibile della viticoltura nell’Alta Marca, per comparare le esperienze di territori che hanno caratteristiche simili a quelle dell’Alta Marca, come le Langhe in Piemonte e la Champagne in Francia.

«Dal 2000 in poi si è progressivamente sviluppato il mondo del turismo con investimenti privati e una rete vitivinicola di piccoli produttori d’alta gamma – prosegue Carbone - che ogni anno girano il mondo per vendere i loro prodotti e implicitamente vendono anche il territorio. Intessono dei rapporti che si consolidano nel tempo e portano nelle Langhe l’acquirente straniero», aggiungendo che «ora molti turisti di destinazione fanno le vacanze da noi». 

Non è un caso che la spesa media sia molto elevata e si vada dai 200 euro in su a persona al giorno, il doppio della media registrata a livello italiano: sono viaggiatori che vengono da lontano per bere vini straordinari da accompagnare a una cucina altrettanto di qualità, «non per niente abbiamo più di 20 stelle Michelin concentrate in pochi borghi».

Il 75-80% del fatturato arriva dall’estero, il turismo di prossimità ha salvato nei due anni del Covid, ma la regola è che i turisti arrivino da dove vengono esportati i vini più importanti, ossia Svizzera, Germania, Benelux, Scandinavia e Usa. «Fino a vent’anni fa arrivavano solo in autunno, adesso invece sono presenti soprattutto d’estate» chiosa Carbone che ricorda come all’ultima fiera del tartufo si fossero registrati 68 Paesi diversi.

Nessun dubbio sulla ricaduta del riconoscimento Unesco: «È stato utilissimo perché ha fatto comprendere a tutti che avevano i piedi appoggiati su un luogo importante, ci si è resi conto che i terreni salivano di prezzo e quindi l’ambiente doveva essere trattato con i guanti prima dai padroni di casa che dai visitatori» aggiunge Carbone.

L’equilibrio attuale tra le diverse esigenze di turisti, abitanti e produttori è il frutto di assestamenti che si sono succeduti nel tempo: «Pian piano si è praticata un’agricoltura sempre più intelligente che ha quasi rinunciato al diserbante in nome del rispetto dell’ambiente. È sempre una monocoltura dove non c’è biodiversità, ma sicuramente si fa minor uso possibile di fitofarmaci» racconta l’ex direttore. Si tratta di una coltivazione più costosa, ma che dà comunque buoni ritorni (e non solo d’immagine) perché il turista apprezza maggiormente il paesaggio e diventa a sua volta ambasciatore del territorio. Di conseguenza, una maggiore sostenibilità è apprezzata anche dai residenti. 

Il Covid ha accelerato dei processi di trasformazione già in atto, per esempio ha abbassato l’età dei turisti che ora si aggira intorno ai 30-40 anni (e non più solo sessantenni), sono turisti attenti all’ambiente che vogliono capire il luogo per vivere anche l’esperienza culturale. «In futuro si dovrà andare verso lo sviluppo di prodotti nuovi e verticali – conclude Carbone- e il tema della sostenibilità è sempre più importate. In qualche borgo si dovrà fare attenzione alla quantità di presenze e va superata la mancanza di trasporti pubblici per favore una migliore mobilità».