2022: i migliori dischi e i migliori film, secondo noi

Come ogni anno, prima di Natale, si fanno le classifiche dei migliori dischi e dei migliori film dei dodici mesi passati. Lo fa chiunque, perché non dovremmo farlo anche noi di Radio Ca' Foscari? Ecco allora la lista degli album e delle pellicole che ci hanno fatto battere il cuore.

I migliori dischi del 2022

Manuel Gardner Fernandes - Volume III
Manuel Gardner Fernandez è un chitarrista virtuoso tedesco, nonché leader del gruppo Unprocessed. Le sue sonorità sono contaminazioni tra chitarre prog ed elettronica, che lo rendono uno degli esponenti principali delle nuove frontiere del metal. Nella band Manuel scrive i testi e canta, ma nella sua trilogia solista del 2022 anziché farlo con la voce lo fa con le dita. Dà il meglio di sé in Volume III, disco in cui accompagna chi ascolta lungo un viaggio malinconico, armonioso e brutalmente onesto.

Il disco si apre dolcemente con First, ma già Second trascina in profondità e fa venire i brividi. Third e Fourth servono a sfoggiare melodie e tecnicismi, ma soprattutto a gettare le basi per Fifth e Sixth, due pezzi al contempo delicati e passionali. L’opera si chiude con Seventh, il più grave dei brani, che è un vero e proprio mutaforma. Disco breve ma intenso, consigliato agli amatori ma anche ai curiosi (soprattutto quelli sensibili)!
- Ludovica

Harry Styles - Harry's House
Harry’s house, il terzo album di Harry Styles, è stato il disco che ha accompagnato il mio 2022. Anticipato dallo stupendo singolo As It Was - upbeat e insieme fortemente nostalgico - è la sintesi perfetta dei due dischi precedenti, però con un tocco in più: Harry si diverte, sperimenta e si apre al pubblico in quello che lui stesso ha definito l’album più personale da lui realizzato finora. Passando da brani apertamente più divertenti, come Music for a Sushi Restaurant e Late Night Talking ad atmosfere più sognanti con Daydreaming e Cinema, l’album si muove fra suoni dal sapore estivo e onirico che spesso culminano in stupendi bridge come quelli di Satellite o Keep Driving. Viene dato spazio anche a brani più acustici che riprendono elementi del primo disco, per poi concludere con Love of my Life, che con le ultime note di pianoforte lascia in sospeso il finale dell’album, come a voler anticipare ciò che arriverà in futuro.
- Virginia

Romeo Santos - Formula, vol. 3
Formula, vol. 3 è l’album che segna il ritorno del “King of bachata” Romeo Santos. La bachata, prima di essere riconosciuta come genere musicale viene associata al ballo, spesso di coppia. In realtà stiamo parlando di un tipo di musica con ballo annesso diventata patrimonio culturale immateriale in quanto identificativa della cultura dominicana.

Romeo Santos in questo album raccoglie 19 brani frutto di una continua ricerca di nuove sonorità e contaminazioni di generi, stili e voci. Con Solo conmigo e R.i.p ritroviamo classiche bachate che bene si prestano a balli di coppia. Accompagnato da Justin Timberlake in Sin fin, "il re della bachata" introduce il pop o l'R'n'B o con Rosalia nel El pañuelo canta sulle note di un misto tra bachata e flamenco come aveva già fatto in Mi santa nell'album Formula, Vol. 1, che segna l'inizio della sua ricerca musicale. Tante le tematiche affrontate nei diversi testi, dall'amore non corrisposto alla suocera impicciona - ma comunque tutti brani da ballare nelle nostre serate di festa.
- Laura

Post Nebbia - Entropia Padrepio
Entropia Padrepio è il terzo album del gruppo padovano Post Nebbia, uscito a maggio 2022. Dopo Canale Passaggi uscito nel 2020, l’ultimo disco definisce ancora di più lo stile sonoro del gruppo, pregno di decadenza post moderna, ma i cui sintetizzatori chiamano alla temporanea risoluzione della stessa attraverso la danza.

I brani ci accompagnano nella provincia padovana, non nei suoi paesaggi, ma nel profondo della sua cultura e del suo legame con la chiesa cattolica, la cui influenza ispira le narrazioni del disco, che sono più che altro delle dicotomie, delle tensioni con le quali anche chi si è emancipato dalle credenze religiose torna sempre a dover fare i conti: la morte, il sacrificio, l’abitudine, l’abbandono.
- Ilaria

King Gizzard & the Lizard Wizard - Omnium Gatherium
Nell’anno in cui sono usciti gli ultimi album di Cari Cari, Arctic Monkeys, Mica p. Hinson e tanti altri, scegliere un preferito non è facile. La mia scelta va su Omium Gatherium dei King Lizard & the Lizard Wizard - ventesimo album della band australiana, che nel 2022 ne ha fatti uscire pure altri due.

È forse il disco più completo del gruppo, quello in cui si raccolgono e si sintetizzano tutte le facce di un progetto poliedrico. In Omnium Gatherium sentiamo melodie pop, ballate psichedeliche, brani metal cantati in growl e groove hip-hop che ricordano i Beastie Boys; senza dimenticare gli intermezzi strumentali degni dei migliori gruppi prog rock. Varietà di composizione ma compattezza di produzione: anche se i brani hanno tutti stili diversi, si riconosce la firma dei King Gizzard e il sound del disco è incredibilmente compatto. Imperdibile.
- Nicolò

Mace - Oltre
Oltre di Mace non è un album, è L’ALBUM che ha fatto da colonna sonora alla mia tesi. È un disco completamente strumentale, che prosegue lungo la strada dello svalvolamento musicale e della sperimentazione, iniziata l’anno prima con Obe, catapultando chiunque lo ascolti in una dimensione parallela dall’atmosfera onirica, eterea e psichedelica.

Il disco si apre con Breakthrough Suite, un’ouverture di quasi venti minuti, e prosegue con brani più ritmati come Espansione e Sangoma, passando anche per tracce chill e spirituali come Volo Celeste. Si tratta, almeno per me, di un viaggio mentale con vibes immacolate dalla prima all’ultima traccia, in cui elementi propri della musica elettronica si sposano perfettamente con le linee melodiche degli strumenti suonati. In conclusione, lo trovo un ottimo disco sia per riprendersi da crolli emotivi notturni, sia da mettere in sottofondo per la meditazione, anche se non ho compreso i simboli che accompagnano i titoli delle tracce.
- Sofia

I migliori film del 2022

Martin McDonagh - Gli spiriti dell'isola (The Banshees of Inisherin)
Si è aggiudicato il Leone d’oro alla sceneggiatura a Venezia 79, ma ben prima sapevo già che sarebbe stato il mio film preferito del 2022. The Banshees of Inisherin di Martin McDonagh deve il suo titolo al brano composto da uno dei suoi protagonisti. È proprio il desiderio di avere più tempo da dedicare alla composizione a spingere il violinista Colm Doherty (Brendan Gleeson) verso una vita di solitudine. Questa scelta improvvisa spiazza tutti gli abitanti della piccola isola irlandese e soprattutto il suo migliore amico Pádraic (Colin Farrell) che non sembra farsene una ragione.

In una cornice fatta di atmosfere nordiche e grandi caratteristi, si susseguono scena dopo scena battute cariche di umorismo e situazioni che prendono molto in prestito al teatro dell’assurdo. D’altronde, Martin McDonagh è prima di tutto un drammaturgo e lo stesso The Banshees of Inisherin era stato scritto a chiusura della sua trilogia teatrale sulle Isole Aran. Il regista ripropone a distanza di 15 anni da In Bruges la coppia Farrell-Gleeson, dando anche ai personaggi secondari una caratterizzazione e uno spessore spesso sottovalutati. La scrittura di Martin McDonagh garantisce tante risate, sempre cercate con intelligenza, nonostante la trama viri sul macabro soprattutto nell’ultimo atto. Un film su persone tristi e sole capace di far scoppiare il pubblico in rumorose risate più di molte commedie. In uscita nelle sale italiane a febbraio 2023.
- Serena

Romain Gavras - Athena
Athena di Romain Gavras è stato in assoluto uno dei film più impattanti di Venezia 79, nonché uno dei miei preferiti del 2022. Ambientato in una banlieue fittizia di Parigi, segue le vicende di tre fratelli coinvolti in una guerriglia urbana scatenata nel quartiere dopo l’uccisione, si crede per mano della polizia, del loro fratellino minore. I tre agiscono ognuno in modo differente, divisi fra il loro indissolubile legame di sangue da una parte e interessi personali dall’altra.

Fin dai primi fotogrammi lo spettatore viene catapultato nel pieno dell’azione, con una sceneggiatura impeccabile orchestrata da una regia ambiziosa ma concreta: lunghi piani sequenza creano una danza che appare caotica e che si rivela invece studiata nei minimi dettagli, alternando momenti di pura azione ad attimi in cui tramite gli sguardi dei protagonisti vengono svelate emozioni crude e profonde. Athena racconta con maestria una storia universale, dove vendetta e rabbia si intrecciano al dolore spezzando internamente l’animo di una famiglia.
- Virginia

Antonio Rezza - Il Cristo in gola
Il Cristo in gola di Antonio Rezza è un opera blasfema, scanzonata e allucinata. Il film è stato presentato al 40° Torino Film Festival dopo ben 17 anni di riprese. Le immagini in bianco e nero ci presentano un Gesù Cristo alle prese con la propria vita e morte: inchiodato su una croce che lui stesso si costruisce e sulla quale è la madre a piantarne i chiodi. Il diavolo tentatore nella versione di Rezza è un’anziana logorroica di Matera che lo invita ad andare all'estero perché le sue doti sono sprecate nel nostro paese.

La scena più bella? Quella della strage degli innocenti voluta da Erode, fatta con alcuni Cicciobello appesi ai rami degli alberi, che vengono lanciati in aria con sfondo mare. Il Cristo di Rezza non parla, non insegna, ma urla e le sue urla compiono miracoli. Sembra tutto poco sensato e va bene così. Dire "Cristo in gola" dopo aver visto il film diventerà un'imprecazione più che soddisfacente.
- Marta

Davy Chou - Retour à Séoul
Relegato in seconda posizione (per la prima rinnovo anche io il consiglio di vedere Athena di Gavras) come mio film preferito dell’anno c’è Retour à Séoul di Davy Chou, sua opera seconda ma che si dimostra già molto matura nella rappresentazione. Un film che racconta la storia di Freddie, ragazza adottata da una famiglia francese ma di origini coreane che si reca in Corea per riallacciare i rapporti con i suoi genitori biologici e ritrovare se stessa.

Nella pellicola seguiamo la protagonista nell’arco di diversi anni (che è la cosa forse gestita meno bene del film, ma che è comunque fatta bene), la vediamo evolversi e cambiare continuamente, fino ad arrivare a un finale catartico e liberatorio, che lascia allo spettatore tante domande ma anche molte risposte. Lei è un personaggio assolutamente terribile: egoista, testarda, volgare (ha anche dei difetti), ma proprio in questa sua negatività si percepisce quanto la sua parte sia stata scritta molto bene. La regia, la fotografia, la colonna sonora, i luoghi, l’attrice protagonista: tutti gli elementi sono orchestrati insieme in maniera eccellente da Chou. Nota interessante: Ji-Min Park, che interpreta Freddie, recita qui per la prima volta in assoluto, ed è fantastica. Il film ha vinto nella sezione Un certain regard al Festival del Cinema di Cannes, ma probabilmente qui in Italia lo potremo vedere solo su MUBI.
- Sara

Jafar Panahi - Gli orsi non esistono (Khers Nist)
La partecipazione di Panahi a Venezia 79 è stata prima di tutto politica: il regista è stato arrestato a luglio 2022 con l’accusa di fare propaganda politica contro il governo iraniano, e avere un suo film in concorso è stata una forte e doverosa presa di posizione.

Che vincesse un premio era scontato, ma il rischio era che lo vincesse solo per questo motivo. Invece Gli orsi non esistono è un ottimo film, intenso e spiritoso, che mette in luce pregi e contraddizioni di un paesino della provincia iraniana, con il suo carico di orgoglio locale, di tradizioni e di superstizione. Al tempo stesso una dichiarazione d’amore e una critica disillusa alla sua patria.
- Nicolò