Primi piani

Alessandro Scarso
Chimica organica

Ci parli di lei: cosa insegna a Ca’ Foscari, quali sono i suoi interessi e i suoi ambiti di Ricerca.
I miei interessi sono rivolti agli aspetti sociali delle molecole. Nella chimica le molecole hanno “comportamenti” che sono assimilabili a quelli umani, nel senso che tendono ad interagire formando gruppi la cui funzione spesso è molto diversa e complessa rispetto alle caratteristiche del singolo. Anche nella chimica, l’unione fa la forza. Questi aspetti sono presenti in Natura e caratterizzano i sistemi biologici. Capire queste interazioni e saperle sfruttare permette di avanzare in settori della chimica come la catalisi che rappresenta il cuore delle trasformazioni chimiche più complesse, nel contesto attuale della sostenibilità. I miei interessi di ricerca spaziano dalla chimica verde alla catalisi, puntando alla sintesi organica selettiva, alla sintesi di composti bioattivi.

Qual è stato il suo percorso accademico?
Mi sono laureato in chimica indirizzo organico biologico all’università di Padova e ho ottenuto il dottorato presso lo stesso ateneo appassionandomi alla catalisi, alla mimesi enzimatica e alla chimica supramolecolare, capendo come un approccio interdisciplinare possa essere estremamente produttivo per proporre nuove idee da esplorare. Ho quindi trascorso quasi due anni all’estero, presso lo Scripps Research Institute (California) nel gruppo di ricerca del prof. Rebek, dove ho capito che la formazione ricevuta in Italia mi permetteva di confrontarmi tra pari a livello internazionale in gruppi di ricerca competitivi. Sono quindi rientrato in Italia, dove sono diventato ricercatore dopo un paio di anni, mettendo a frutto tutto il mio percorso formativo precedente. Da alcuni anni sono professore associato in chimica organica e sono stato coordinatore locale del dottorato interateneo in Chimica tra UniVe e UniTs per un triennio. Attualmente ricopro il ruolo di delegato del DSMN per la didattica.

Qual è l'aspetto che più l'appassiona del suo ambito di ricerca?
Tutti. Non ho difficoltà a dire che, come quando ero un semplice dottorando, spesso sono estremamente impaziente di conoscere i risultati dei test e delle analisi che gli studenti portano avanti nel mio gruppo di ricerca. Questo mi porta a collegarmi da casa anche in orari improbabili per sbirciare i risultati in tempo reale attraverso strumenti collegati in rete, giusto per capire se le mie previsioni sono confermate o meno, per poi immediatamente pensare: “What’s next?”

Ha sempre pensato che questa fosse la sua strada?
Sì, fin dagli studi superiori sono stato affascinato dal poter modificare la materia e comprenderne il più possibile i segreti. Sapere che la materia e la vita sono legate da relazioni chimiche che negli anni la ricerca ha permesso di capire, almeno in parte, nei suoi aspetti fondamentali è qualcosa di assolutamente affascinante... e al contempo così semplice da non sembrare vero (ma lo è).

Cosa significa, per lei, insegnare e fare ricerca?
Fare ricerca oggi è molto più complesso di vent’anni fa, soprattutto perché un ricercatore ora impiega moltissimo del suo tempo non a porsi domande spinte dalla sua curiosità e a testare sperimentalmente le sue intuizioni (curiosity-driven research), ma ad andare a caccia di finanziamenti per poter almeno in parte fare ciò che più lo appassiona nella ricerca. Tengo a sottolineare che la ricerca libera mossa dalla curiosità degli individui ha portato a salti nella conoscenza molto più marcati rispetto alla ricerca orientata a risolvere specifici problemi. Entrambi gli approcci sono importanti, solo che il secondo riesce a intercettare fondi di ricerca molto più facilmente del primo, ed è più facile da far comprendere. Insegnare permette di lasciare un seme della propria passione in terreni altrui, sperando che trovino il giusto habitat.

Last update: 27/02/2024