Primi piani

Pia Masiero
Lingue e letterature anglo-americane

Ci parli di lei: da dove proviene, cosa insegna a Ca’ Foscari, quali sono i suoi interessi e i suoi ambiti di Ricerca.
Mi chiamo Pia Masiero; sono padovana di nascita; adesso vivo in provincia di Treviso. Insegno lingue e letterature anglo-americane. Mi occupo di letteratura nord-americana (statunitense e canadese) del Novecento e contemporanea. Ho lavorato in maniera approfondita su William Faulkner, Philip Roth ed ora mi sto dedicando all'opera di David Foster Wallace con un taglio narratologico. 

Qual è stato il suo percorso accademico?
Molto ordinario: laurea e dottorato a Venezia con un semestre in California, ricercatrice e adesso associata nello stesso luogo in cui mi sono laureata - con una borsa Fulbright che mi ha portato in Kentucky per togliere il sapore essenzialmente locale al mio percorso. 

Quali sono i suoi modelli / punti di riferimento professionali?
Ho sempre apprezzato quegli insegnanti che mi hanno fatto vedere dove si poteva arrivare lavorando duro, che hanno suscitato in me curiosità, facendomi cogliere quanto non si vede in superficie. Uomini e donne capaci di attivare il pensiero e di essere disponibili a cambiare il proprio.

Ha sempre pensato che questa fosse la sua strada?
Tutti, quando ero al liceo, mi dicevano che dovevo fare giurisprudenza. Per me era chiaro che dovevo studiare lingue per poter leggere in lingua originale. Ho scelto Anglo-americano e non inglese perché ai miei tempi (fine degli anni ottanta) fare letteratura inglese significava studiare, negli ultimi due dei quattro anni del percorso universitario, Milton e Chaucer dopo aver assaggiato brevemente solo un microscopico spicchio di Novecento. Invece, scegliendo americano sapevo che dopo il biennio comune al colleghi anglisti (anche io ho fatto la mia buona dose di Shakespeare), avrei potuto occuparmi prima di Ottocento e poi di Novecento. La mia strada - nel senso della docenza universitaria - si è precisata cammin facendo. 

Qual è l'aspetto che più l’appassiona del suo ambito di ricerca?
Occuparmi di Novecento e contemporaneità e occuparmi di questioni formali che hanno a che fare con l'esperienza della lettura - dei meccanismi cognitivi che permettono l'immedesimazione e l'immersione - mi permette di lavorare su chi siamo e come funzionano i nostri meccanismi percettivi. Mi appassiona occuparmi di storie e ragionare sulle storie, dato che sono convinta che la nostra identità dipenda dalle nostre narrazioni su noi stessi e sul mondo. La letteratura, nel suo essere fatta di storie, è un luogo che permette di riflettere su questa dinamica fondamentale di costruzione del proprio senso di sé, della propria cultura, del proprio mondo, della propria lingua. 

Cosa significa, per lei, insegnare e fare ricerca?
Io sto bene in aula, più che in biblioteca; sono forse più una insegnante (l'ho già detto!) che una ricercatrice. Ma la ricerca mi permette di mettere a disposizione dei miei ragazzi quanti più strumenti possibili di lettura non solo dei libri, ma del mondo (e di se stessi). Penso a me stessa come a una donna che desidera trasmettere ai suoi studenti e alle sue studentesse  la passione per la letteratura come luogo privilegiato di espressione di quello che siamo come esseri umani. Questa passione per me dovrebbe nascere dalla disciplina del leggere consapevole. Ci provo in aula ogni anno e ogni anno mi emoziono nell'assistere a quello che può succede quando i libri e i loro mondi diventano compagni di strada.

Le soddisfazioni professionali più grandi?
Potrei citare la soddisfazione di essere riconosciuta dalla comunità internazionale come una studiosa che ha un suo modo distintivo di lavorare sui testi. Ma poi le mie soddisfazioni più grandi, cioè quelle che durano e lasciano un segno, sono in fondo le più piccole. Quando uno studente mi dice: questo libro lo avevo già letto, ma solo adesso mi sembra di averlo davvero capito e apprezzato; oppure quando una studentessa mi dice:  “Prof, ho fatto bene l'esame di francese per come mi ha insegnato a leggere”... Ecco, queste sono le mie soddisfazioni più grandi.

L’ambito di cui si è sempre voluta occupare ma che non ha ancora avuto occasione di esplorare?
he domanda difficile! Essendo una contemporaneista vivo nel perpetuo senso della rincorsa, del non essere mai preparata, di non aver mai letto questo o quel romanzo. Questo è forse più evidente per me, ma è intrinseco a qualsiasi lavoro di ricerca. Il sogno nel cassetto è occuparmi seriamente di Moby Dick - forse il romanzo più novecentesco dell'Ottocento.

Cosa dice ai giovani che cominciano il loro percorso universitario?
È un momento speciale e unico della propria esistenza: vivetelo fino in fondo. Ca' Foscari è un ateneo che offre moltissime occasioni di approfondimento. Non accontentatevi di portarvi a casa una laurea: cercate di portarvi a casa occasioni di vita piena! 

E a quelli che si avvicinano alla ricerca oggi?
È un privilegio potersi dedicare alla ricerca e ne sono consapevole ogni giorno. Ci vuole molta caparbietà e disciplina e fortuna. Ma si può essere ricercatori, cioè appassionati ad approfondire e a capire meglio, a non accontentarsi di quello che colpisce l'occhio ad un primo sguardo, in qualsiasi ambito, in qualsiasi professione. 

Perché Ca’ Foscari e Venezia?
Non ho mai pensato di studiare lingue a Padova o altrove - Venezia mi è sempre sembrata LA facoltà di lingue e letterature straniere. E poi a Ca' Foscari c'era anglo-americano...

Last update: 27/02/2024