Primi piani

Giulia Delogu
Storia moderna

Ci parli di lei: da dove proviene, cosa insegna a Ca’ Foscari, quali sono i suoi interessi e i suoi ambiti di Ricerca
Mi chiamo Giulia Delogu, sono originaria di Piacenza e mi sono formata al Collegio Ghislieri di Pavia. A Ca’ Foscari sono docente di storia moderna e insegno Population History e History of Global Relations al PISE, e Global History al RIC. Al momento sto lavorando sui porti franchi mediterranei e atlantici in età moderna. Finora sono stati studiati soprattutto come istituzioni economiche, eppure erano molto di più: risposte alla crisi climatica della piccola era glaciale e veri e propri laboratori di modernità. Credo in generale che l’età moderna continui ad essere un campo di studio importante perché è allora che si pongono le basi per le società attuali. Senza comprendere le radici diventa difficile anche immaginare sviluppi futuri.

Qual è stato il suo percorso accademico?
Ho studiato all’Università di Pavia, come alunna del Collegio Ghislieri, un collegio di merito fondato nel 1567, dove ogni pietra e gradino (ci sono molte scale!) trasuda storia e dove per restare bisogna bruciare le tappe, completando sempre gli esami entro l’autunno e con la media del 27. Studiare e vivere in un ambiente del genere mi ha dato stimoli e opportunità enormi di crescita umana e intellettuale: dal Ghislieri sono approdata all’Ecole Normale Superieure di Parigi, poi a Trieste per un dottorato di ricerca e alla Stanford University.

Quali sono i suoi modelli / punti di riferimento professionali?
Nelle diverse tappe della mia formazione e carriera ho avuto la fortuna di incontrare tanti modelli da seguire e contro-modelli da evitare (si impara moltissimo anche per contrasto!). Ciascuno mi ha lasciato qualcosa che nel tempo mi è servito. Ma il primo modello l’ho avuto in casa: mio padre, studioso di scienze agrarie scomparso troppo presto, che mi ha insegnato che nel mestiere della ricerca, come in ogni cosa, è necessario un mix di talento, passione e molto senso del dovere e di servizio verso gli altri.

Ha sempre pensato che questa fosse la sua strada?
No, ho iniziato l’università con l’idea di diventare insegnante al liceo. A Pavia ho scoperto il mondo della ricerca umanistica e ne sono rimasta affascinata. In seguito, le molte difficoltà legate alla precarietà dei percorsi accademici, mi hanno spinta a dubitare delle mie scelte. In un momento di crisi, in cui ho pensato seriamente di cambiare strada, un professore di Pavia, a cui chiedevo se perseverare con l’accademia o meno, mi disse che era una risposta che io sola potevo darmi. E per farlo dovevo pensare se quando mi mettevo a fare ricerca e a scrivere ero felice. Mi sono data quella risposta e ho continuato. Risposta confermata anche quando mi sono trovata in classe ad insegnare. Ora non vorrei mai fare un altro mestiere.

Cosa significa, per lei, insegnare e fare ricerca?
Insegnare e fare ricerca sono le due facce inscindibile del nostro mestiere di docenti universitari: senza l’una, non c’è l’altra. Ricerca è affrontare la complessità del reale, analizzando le tracce del passato per costruire conoscenza e modelli utili ancora oggi. Insegnare è non solo trasmettere queste conoscenze, ma metterle alla prova e ricostruirle più salde ancora, grazie al confronto con gli studenti.

Le soddisfazioni professionali più grandi?
Quelle che devono ancora arrivare. Il nostro è un mestiere basato sul dialogo (con studenti e colleghi) e sulla messa in discussione delle certezze, per cui è necessario tenere una mente aperta e non considerarsi mai arrivati.

L’ambito di cui si è sempre voluto/a occupare ma che non ha ancora avuto occasione di esplorare?
Da anni sogno di occuparmi della figura di Napoleone. Finora l’ho sempre fatto solo nei ritagli di tempo e vorrei invece dedicarmici a fondo. Per capire come e perché già in vita, e ancora oggi, era e resta una celebrità globale. Capire la celebrità di figure come Napoleone non è per me solo un divertissement erudito, ma una chiave di lettura utile anche per comprendere la politica e l’informazione di oggi.

Cosa dice ai giovani che cominciano il loro percorso universitario?
Di prendersi il tempo per trovare la loro strada (ma non troppo!) e una volta trovata, impegnarsi al massimo. L'università è come una palestra per ciò che viene dopo. Va vissuta appieno, non limitandosi a lezioni ed esami: offre tantissime opportunità di crescita umana e intellettuale che non bisogna farsi scappare.

E a quelli che si avvicinano alla ricerca oggi?
Che la ricerca non è un passatempo, ma un lavoro e come tale va subito intesa fin dal dottorato. E di buttarsi senza paura da subito, coltivando idee e progetti: leggere, scrivere, pubblicare, andare ai convegni. Più esperienza si fa, meglio è, soprattutto se internazionale.

Perché Ca’ Foscari e Venezia?
Per puro caso, nel 2015, rientrata dagli Stati Uniti, ho partecipato ad un bando di concorso per un assegno di ricerca, senza crederci particolarmente e senza aver mai messo piede prima di allora a Ca’ Foscari. Mi ricordo di essere arrivata a Venezia il giorno prima del colloquio con l’dea “almeno visiterò Burano”, che non avevo mai visto e mi affascinava molto. Invece contro ogni mia aspettativa è andata bene e ho scoperto un’università dinamica e aperta, in cui desiderare di restare. 

Last update: 27/02/2024