Primi piani

Vera Costantini
Armenistica, caucasologia, mongolistica e turcologia

Che cosa insegna a Ca’ Foscari? Quali sono i Suoi principali interessi di ricerca? Qual è stato il suo percorso accademico?
A Ca’ Foscari insegno Lingua Turca, Paleografia ottomana, Storia dell’Impero ottomano, Storia della Turchia repubblicana, Storia Economica del Mediterraneo. I miei principali interessi vertono sulla storia economica e sociale del Mediterraneo veneto-ottomano d’età moderna, ma mi sono anche occupata di fare incursione nella storia contemporanea italo-ottomana di fine Ottocento. Il mio percorso accademico risente dell’inadeguatezza delle categorie disciplinari dell’Orientalistica italiana. Inquadrata in un settore linguistico, insegno e studio soprattutto discipline storiche, che appartengono a settori diversi dal mio. Questa e altre, più strettamente ideologiche, le cause della mia tardiva progressione accademica: da più giovane ricercatrice d’Italia (2004) a più anziana docente associata (2020).

Che cosa L’ha portata a intraprendere la strada della ricerca? Che cosa L’appassiona di più del suo ambito di studi? 
Mio padre era docente ordinario di Storia Economica e si occupava prevalentemente di Storia marittima della Repubblica di Venezia. Ancora bambina, lo accompagnavo nell’Istituto di Storia Economica “Gino Luzzatto”, al quarto piano di quella che oggi è la sede amministrativa centrale del nostro ateneo, e in Archivio di Stato di Venezia. Avevo a mia disposizione carta e penna per disegnare, ma arrivò il giorno in cui mio padre mi fece leggere il primo manoscritto. Parlava di Giustina Renier Michiel, una patrizia cui era intitolata la scuola elementare che frequentavo. Da allora, non ho più lasciato archivi e biblioteche: in ragione, forse, di questo mio precoce incontro con la ricerca storica, è proprio quella peculiare empatia che il manoscritto crea con il suo lettore, il sentimento che mi fa sentire a casa. Ho ritrovato questo sentimento presso il Başbakanlık Osmanlı Arşivi di Istanbul, dove ho fatto ricerca per quattro anni, e lo ritrovo ogni semestre in cui insegno Paleografia ottomana agli studenti di Turcologia di Ca’ Foscari. Ho avuto la fortuna di incontrare nella mia vita dei grandi maestri: Ruggiero Romano, che mi suggerì di intraprendere lo studio del turco e dell’ottomano, ma anche Alberto Tenenti, Ugo Tucci, e naturalmente Mehmet Genç, Marcello Carmagnani, İlber Ortaylı, Sinan Kuneralp e molti altri intellettuali di spicco che hanno dato un contributo significativo alla mia formazione e, più in generale, alla cultura storiografica mondiale.

Che cosa significa, per Lei, insegnare all’università?
Insegnare all’università significa avere fiducia che il miglioramento della nostra società avvenga tramite l’alta formazione e il progresso della cultura e delle scienze.

Lei lavora in un dipartimento che si occupa di mondi extraeuropei: che cosa vuol dire, per Lei, occuparsi di diversità culturale in una realtà globale sempre più interconnessa?
L’Orientalistica veneziana non ha, a mio avviso, risolto – e neppure, se posso essere sincera, affrontato – la grande sfida che attende le scienze umane, tra le quali conto anche, naturalmente, l’economia. Tale sfida non consiste nell’occuparsi di mondi lontani per passione esotica o gusto antiquario… bensì nell’adottare la prospettiva altrui, in questo caso extra-europea, per verificare la nostra storia patria (veneziana, italiana, europea, atlantica…). Purtroppo, è una tendenza abbastanza generalizzabile. Durante le celebrazioni dei cento anni dalla fine della Grande Guerra, tra le profusioni d’affetto franco-tedesche, mi ha colpito che nessuno abbia ricordato che l’Impero ottomano, che combatteva su quattro diversi fronti, ha subito più perdite umane di tutti gli altri paesi europei messi assieme. La “realtà globale interconnessa” cui si fa allusione mi sembra assomigliare poco all’Internazionale della cultura. Piuttosto, mi appare spesso come una rete di grandi monopoli, cui si accompagna una pericolosa, inarrestabile erosione della vita democratica nei singoli paesi. La storiografia, le scienze umane, e con esse l’Orientalistica, non hanno saputo creare un argine a questa erosione, che solo, a mio avviso, sarebbe potuto emergere da una ri-contestualizzazione del concetto di alterità radicale, di cui la storia dei “Turchi” detiene ancora, sorprendentemente, il primato.

Last update: 17/04/2024