Primi piani

Lucio Cortella
Storia della Filosofia

Ci parli di lei: da dove proviene, qual è stato il suo iniziale percorso accademico?
Mi sono iscritto al corso di laurea in Filosofia a Ca’ Foscari nel 1972. La Facoltà di Lettere e Filosofia era appena stata fondata e il docente più importante di allora era Emanuele Severino, trasferitosi qui dalla Cattolica di Milano. Il clima filosofico a Venezia era quasi totalmente dominato da lui e dai suoi allievi (Ruggiu, Vigna, Ruggenini, Petterlini, Galimberti, Natoli, Valent, Tarca), fra i quali non si era ancora maturata la distanza dal maestro, cosa che avvenne solo nei decenni successivi. Noi giovani studenti, con una formazione filosofica liceale, venimmo subito catturati da quella teoria filosofica così radicale e compatta e dal fascino che Severino emanava nelle sue lezioni. Dopo pochi mesi eravamo tutti “severiniani”, ma negli anni successivi la maggior parte di noi capiva anche i limiti e i problemi irrisolti di quella impostazione, cercando inevitabilmente altre strade.

Quali furono i motivi dell’abbandono di quell’iniziale entusiasmo per Severino?
Eravamo nei primi anni Settanta, dunque in pieno clima post-sessantotto. Il marxismo era allora il riferimento centrale di chi come me era attivamente impegnato nel movimento studentesco. La scelta di fare un percorso universitario in filosofia era stata dettata proprio dall’esigenza di trovare un fondamento filosofico all’azione politica ma anche dalla necessità di pensare la filosofia in stretta connessione con la prassi e non come astratta speculazione. È evidente come la filosofia di Severino non potesse costituire una risposta a quelle domande. E tuttavia da quella lezione avevo appreso forse l’elemento più importante: la necessità di una fondazione rigorosa del discorso filosofico ed è con quell’approccio che mi rivolsi allora al pensiero contemporaneo.

Quale fu allora il suo percorso accademico successivo e i suoi ulteriori riferimenti filosofici?
Le critiche che Severino rivolgeva al marxismo mi fecero capire che era necessario aggiornare quel pensiero alle istanze più radicali del pensiero contemporaneo (da Nietzsche a Weber, da Heidegger e Wittgenstein) e l’esperienza filosofica della Scuola di Francoforte mi apparve l’approdo inevitabile, perché coniugava quelle istanze con un post-marxismo critico e sofisticato. Perciò accolsi con favore il suggerimento che mi fece Ruggiu di affrontare, sotto la sua direzione, la filosofia di Habermas come argomento per la mia tesi di laurea. Dopo di che, a inizio 1978, presi il treno e lo andai a trovare a Starnberg (dove allora dirigeva il Max Planck), ma già alla fine di quell’anno mi ero trasferito a Francoforte, per poter assistere alle sue lezioni, oltre a quelle – altrettanto fondamentali – di Apel. In quel periodo francofortese avvenne la mia vera formazione filosofica. Solo più tardi, una decina d’anni dopo, cominciai a studiare seriamente Hegel, ma sempre a partire da quella prospettiva post-metafisica che avevo guadagnato a Francoforte.

Le soddisfazioni professionali più grandi?
Aver potuto lavorare fianco a fianco con dei grandi filosofi: Severino, nella mia prima esperienza veneziana, Habermas e Apel nella mia successiva esperienza francofortese, e poi Gadamer (più volte invitato a Venezia e poi ritrovato nel periodo trascorso a Heidelberg), Bubner (che mi fece da tutor a Francoforte e poi mi invitò a Heidelberg), Theunissen e Wellmer a Berlino negli anni Novanta, Honneth (negli ultimi due decenni il filosofo con cui mi sono più confrontato). Invece non ho mai amato né i congressi filosofici (delle “parate” da cui non ho mai imparato niente, a parte qualche informazione bibliografica) né i tour di conferenze internazionali (ai quali mi sono quasi sempre negato).

Qual è l’aspetto che più l’appassiona del suo lavoro e che cosa significa, per lei, insegnare e fare ricerca?
Oltre al lavoro individuale di lettura, interpretazione e dialogo con i testi, inevitabile e fondamentale per un filosofo, credo che la vera ricerca si possa fare solo con piccoli gruppi seminariali, possibilmente affiatati e coesi, ed è quello che ho cercato di realizzare per tanti anni nel mio Seminario di teoria critica a Venezia, assieme ad Alessandro Bellan e Italo Testa, un vero luogo di formazione per tanti giovani e studiosi, un’esperienza ormai finita e non più replicabile. Ma oltre a ciò la vera soddisfazione è l’attività didattica per e con gli studenti, saper trasmettere ai giovani ciò che si è potuto apprendere e vederli crescere, pensare e diventare autonomi.

Last update: 27/02/2024