Malamocco, Torcello e Rialto. Archeologia, Identità e Interpretazione Storiografica

Author(s): Diego CALAON
Congress Name
: Torcello 3000 anni di Storia, Centro Studi Torcellani, Tavola rotonda conclusiva della Rassegna Lezioni Marciane 2017
Session name
: "Adriatico Settentrionale"
Date and Venue
: Venezia, Isola di SanServolo, IT - 27 May 2017

Abstract [IT]

La comparsa di Venezia nell’VIII/XI secolo ha cambiato le regole dello scambio di merci e iddie nel Mediterraneo, ponendo in connessione l’oriente con l’occidente, e il Mediterraneo Settentrionale con quello Meridionale.

Le poche fonti storiche in nostro possesso ci raccontano di come Venezia tra la seconda metà dell’VIII secolo e i primi anni del IX, abbia gettato le basi della sua futura forza politica e commerciale. Prima di Rialto, Venezia non solo era già piuttosto attiva nei commerci, trasferendo merci costose nei mercati dell’occidente e nel Mediterraneo orientale, ma dimostrava già possedere alcuni elementi che costituiranno la garanzia del suo successo. Possiede una flotta commerciale e militare. È in grado di offrire soccorso militare a Ravenna.  Sembra essere più che attiva nel commercio di schiavi, garantendone la fornitura al mondo Islamico attraverso il trasferimento di forze lavoro provenienti dall’occidente.  Venezia, inoltre, sembra avere un’ottima base commerciale ad Alessandria, testimoniata da numerosissimi viaggi e dalla capacità di assicurarsi addirittura le reliquie del Santo della città. E Torcello? Della presenza dell’emporio siamo informati dalle fonti. L’archeologia recente e passata ce ne racconta gli aspetti materiali, anche se non sempre il parallelo tra le emergenze archeologiche e le “aspettative” archeologiche permette di validare le narrative ufficiali legate alla nascita del sistema Venezia.

Tra 742 e 812 il fulcro del centro emporiale che assumerà il nome e le sembianze della Venezia che conosciamo oggi, però, non era ancora situato presso l’area di Rialto. La residenza del Doge, i luoghi da cui amministrava il potere e le strutture della Venezia prima di Venezia (con le case dei mercanti, il porto, il cantiere navale, i magazzini, etc.) erano collocati presso Malamocco.   Ma il sito archeologico di Malamocco (Metamaucus) altomedievale può essere considerata tutt’oggi “Un’isola che non c’è”: la sua precisa collocazione topografica, infatti, non è ancora stata unanimemente stabilita e, soprattutto, possiamo dire ce gli strumenti tradizionali di storia e archeologia hanno fallito nel tentare di descrivere le caratteristiche materiali del sito. Archeologi e storici hanno tentato di riscostruire le caratteristiche del luogo basandosi su fonti cronachistiche tarde. Oppure si è ricorsi a Torcello. L’idea di “città” che si aveva in mente è stata spesso modulata sulle forme dei centri bizantini di età pieno medievale. Malamocco, dunque, è stata descritta pensando a ciò che Venezia sarà nel futuro. Malamocco (e Torcello) è stata studiata senza porre in discussione l’ideologia nazionalistica prodotta dalle cancellerie veneziane tra XIV e XVI secolo. Per questo motivo i temi portati alla luce dalle ricerche archeologiche sono stati quasi ignorati: terre paludose, dossi sabbiosi, deviazione dei percorsi fluviali, gestione delle foreste, salubrità, gestione della forza lavoro, etc.

Come può una moderna archeologia sviluppare un progetto per questi siti chiave della formazione dell’Europa medievale? Analisi GIS possono aiutarci a definire con esattezza i singoli elementi dell’insediamento. Analisi comparative con altri siti possono aiutarci a costruire ipotesi circa la sua natura materiale. Un approccio globale di tipo ambientale risulta necessario per comprendere la sostenibilità di tali siti e indagare sulle ragioni del loro abbandono. Un riesame degli approcci storico narrativi impiegati del passato può aiutarci nel considerare le ragioni di importanti attribuzioni e interpretazioni archeologiche per comprendere quanto abbiano influenzato la percezione contemporanea della Venezia delle Origini, Una Venezia che forse, anche come ricercatori, desideriamo conservare come “Un’Isola che non c’è”.